FICTION
“Che Dio ci aiuti”: quando le suore non sono solo albergatrici
In onda tutti i giovedì su Rai 1 in prima serata, “Che Dio ci aiuti 7”, ricorda la grande missione che spetta a dei religiosi: vivere una castità feconda. Protagoniste sono delle suore e nella serie si mostra il conflitto tra mondanità e povertà, tra essere discepole ed albergatrici, tra la formalità di un sorriso da hostess e un abbraccio che accoglie e scalda… Una serie per ricordare che le suore sono delle madri.
Papa Francesco, nei suoi anni di pontificato, ha spesso rivolto alle suore parole di stima, di affetto (“Come sarebbe la Chiesa senza di voi? Le mancherebbe la tenerezza”) ma anche dei bonari rimproveri, come quando le ha invitate a vivere da madri e non da “zitellone”, perché “la castità deve essere feconda”.
Spesso il papa mette in guardia i religiosi, sia uomini che donne, dalla mondanità, dal voler ricercare guadagni e confort. Francesco ricorda che la Chiesa è credibile quando è povera e che la missione non è occuparsi di cose materiali, come degli albergatori, ma generare figli spirituali.
Molte volte i fedeli lamentano, infatti, atteggiamenti poco caritatevoli da parte dei consacrati. Il che è buon segno: vuol dire che ci si aspetta tanto da loro.
Di certo, non sono esenti da fatiche e tentazioni. Perciò, potremmo evitare il più possibile di puntare il dito e aiutarli con la nostra preghiera. Però, ricordare loro a quale immenso compito sono chiamati è un atto di misericordia, se fatto con amore.
C’è una serie tv, in onda tutti i giovedì su Rai 1 in prima serata, che lo sta facendo: “Che Dio ci aiuti 7”. Protagoniste sono delle suore e si mostra proprio il conflitto tra mondanità e povertà, tra essere madri ed albergatrici, tra la formalità di un sorriso da hostess e un abbraccio che accoglie e scalda.
Nella prima puntata abbiamo visto suor Angela, cui il pubblico ha avuto modo di affezionarsi nelle stagioni precedenti, non riuscire più ad occuparsi delle ragazze giunte (come al solito per vie traverse) in convento, perché troppo in ansia per l’aumento delle bollette.
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“Mi dispiace, non puoi stare qui, abbiamo bisogno di ragazze che paghino regolarmente”; “No, torna dai tuoi genitori, se non puoi pagare l’affitto”: sono queste le frasi che pronuncia, mossa dall’ansia per il denaro, dimenticando che la sua missione è accogliere senza preoccuparsi del resto, perché ai discepoli di Cristo, il resto, è promesso in aggiunta.
Il suo sguardo è duro, le sue parole ferme. E le ragazze, ferite, iniziano a preparare le valige.
Poi, però, vediamo suor Angela raccogliersi in preghiera davanti al crocifisso e dire a Gesù: “Non mi riconosco più”.
È in quel momento che ritorna in sé e si affida alla Provvidenza, come ha sempre fatto in passato. Ritorna sui suoi passi e va da una delle giovani: “Puoi restare…”. La ragazza la guarda stupita: “Pure se sono una ladra?”. Suor Angela non esita: “Soprattutto se sei una ladra”.
È tornata madre. Il suo sguardo, ora, è colmo d’amore.
Nella seconda puntata, invece, è la formalità delle relazioni ad essere presa di mira.
Suor Teresa vive immersa nei suoi libri di teologia, ma fatica a guardare in faccia le persone che siedono con lei a tavola. Sempre pronta a dare ordini, a rimproverare, a bacchettare, a fare moralismi, non sa godere della presenza degli altri, non sa farsi prossima.
Ora che è diventata la nuova madre superiora, che fine farà il convento? Si trasformerà in una prigione a forza di rimbrotti e comandi severi o riusciranno la novizia e i ragazzi a farla sciogliere, a riportarla al cuore dell’annuncio di Gesù?
Lo scopriremo nelle prossime puntate…
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