26 Gennaio 2023
“Mio figlio sceglierà da grande se essere maschio o femmina”
Viviamo un’epoca senza precedenti dove tutto è sottoposto a un processo decostruzionista che intende scardinare punti di riferimento fino a questo momento considerati validi. È l’era del pensiero debole e della mutevolezza come stile preferenziale. L’identità sessuale partecipa anch’essa della stessa fluttuazione: il sesso biologico di partenza è un dato solo occasionale, l’importante è come la persona si costruisce, chi vuole essere, quale ruolo vuole scegliere nella vita.
Tra i banchi di scuola e in famiglia si chiede di minimizzare la differenza tra i sessi e in un certo senso di eclissarsi per permettere all’individuo di autodeterminarsi. Questo vuoto, questa timidezza educativa è salutare per la crescita dei nostri figli o piuttosto genera una dannosa confusione che di fatto priva il bambino di coordinate di riferimento?
Camilla è una mamma ed è autrice di un blog “Mio figlio in Rosa” dove racconta: «Siamo una famiglia normale a cui piace leggere, viaggiare, giocare e passeggiare in montagna. Nulla di più normale se non fosse per il mio secondogenito che vorrebbe essere (anche) una bambina pur essendo biologicamente maschio. Accettato fin da subito per quello che è, perché nessuno di noi ci ha mai visto nulla di male». Per il suo bambino Camilla auspica “un percorso di crescita seguito e sicuro”.
Che cosa vuol dire con esattezza? È lei a rispondere: «Per le creature genderfluid e transgender è salvifico un protocollo di somministrazione dei bloccanti, gli stessi già regolarmente usati per la pubertà precoce. Si tratta di inibitori ipotalamici che bloccano la produzione degli ormoni e ritardano quindi l’arrivo della pubertà ormai sempre più precoce lasciando il tempo di maturare la decisione riguardo la propria transizione verso il sesso a cui si sente di appartenere senza la pressione psicologica di un corpo che cambia che può inevitabilmente portare a comportamenti disforici». In poche parole deve poter decidere da grande se essere maschio o femmina.
Lasciamo perdere tutta la questione ideologica sul gender e company. La mia domanda è: costringere un bambino ad assumere farmaci per bloccare la sua pubertà in attesa di poter decidere chi essere, è un atto di rispetto della libertà altrui? Un bambino a 9-10 anni può scegliere di mettersi in pausa dal proprio corpo perché ha una confusione interiore sulla propria identità? E un genitore, un adulto, una persona chiamata a orientare e accompagnare il proprio figlio a diventare maturo può decidere una cosa così importante solo perché al figlio in questione piace vestirsi con gli abiti delle sorelle o giocare con le bambole? Anche ai miei fratelli piaceva giocare con le mie bambole, non mi pare abbiano avuto problemi successivi di natura psicologica o di identità sessuale. E non ricordo che i miei genitori si siano chiesti se era il caso di applicare loro modelli “neutrali” di crescita in modo da non inculcare loro vecchi stereotipi sulle differenze tra sessi. Stiamo davvero conducendo le battaglie dei grandi sulla pelle dei figli e dei bambini? È inaccettabile.
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