Quota 8 miliardi di persone: siamo troppi sulla terra?

terra

di Gabriele Soliani

A molti manca il reddito per comprare cibo ed è un problema drammatico di povertà e diseguaglianza, scrive il giornalista Rampini sul Corriere. Ma c’entra con il presunto esaurimento della produzione agricola? Siamo troppi e il pianeta non ha risorse sufficienti? Proviamo a rifletterci…

Il giornale francese Le Monde, il quotidiano fondato da Hubert Beuve-Méry nel 1944 a Parigi che ha la particolarità di essere pubblicato nel primo pomeriggio con la data del giorno successivo, ha pubblicato lo scorso 9 novembre un articolo dal significativo titolo “La riduzione della popolazione contribuirebbe alla mitigazione del riscaldamento globale”. E pochi giorni dopo, il 15 novembre, su tutti i media del mondo è apparsa la notizia della nascita della bambina (chiamata Word) numero 8 miliardi. Siamo in 8 miliardi sulla faccia della terra. “Siamo 8 miliardi, ma non è un guaio: l’esperienza indiana ci spiega perché” scrive Federico Rampini il giornalista del Corriere in un bell’articolo.

Il ritornello dei “catastrofisti” è sempre lo stesso e cioè l’uomo sarebbe il “cancro del pianeta”. Una assurda e disumana teoria.

“Negli anni Settanta, scrive Rampini, eravamo la metà di oggi, “solo” quattro miliardi, ma un autorevole rapporto di scienziati interpellati dal Club di Roma lanciò un allarme sui “limiti dello sviluppo”. Le risorse della terra stavano per esaurirsi, la fine della crescita era imminente, inevitabile, inesorabile. Cibo, energia, imponevano implacabili limiti fisici dello sviluppo. Accadde il contrario: da lì a poco sarebbe iniziato il formidabile decollo asiatico, in virtù del quale metà dell’umanità si è salvata dalla miseria. Ma la sconfessione clamorosa dei catastrofisti sembra non avere alcun effetto. La cultura dell’Apocalisse, conclude Rampini, rinasce continuamente, è una malapianta che non si riesce a estirpare”.

Un film americano di 50 anni fa “2022: i sopravvissuti” (titolo originale: Soylent Green), film di fantascienza del 1973, regia di Richard Fleischer, protagonista Charlton Heston, parlava proprio del futuro nel mondo. Tutte previsioni (catastrofiste, allarmiste, millenariste) sbagliate. Il film era ambientato in una New York con quaranta milioni di abitanti. Oggi invece ce ne sono meno di nove milioni ufficiali, e gli abitanti reali nel post-pandemia sono pure diminuiti. Le previsioni immaginavano che nel 2022 la popolazione mondiale sarebbe arrivata a quaranta miliardi!

Inoltre, il tema fondamentale era la mancanza di cibo e la miseria di massa. Il titolo del film in inglese è il nome di un alimento immaginario, il Soylent Green, estratto dal plankton marino per nutrire una popolazione stremata dalla fame. Oggi invece siamo più ricchi che nel 1973 e il cibo non manca. È distribuito male e con disuguaglianze ingiustificate, questo sì. Il cibo non è mai mancato. A molti manca il reddito per comprarlo, che è un problema drammatico di povertà e diseguaglianza, scrive il giornalista Rampini, ma non c’entra nulla con il presunto esaurimento della produzione agricola. 

Dunque, siamo troppi, il pianeta non ha risorse sufficienti per tutti noi? 

Si diceva la stessa cosa quando eravamo un decimo di quanto siamo oggi.

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L’idea che ritorna è quella dell’inizio ottocento quando Thomas Robert Malthus vedeva l’umanità prigioniera di un circuito economico: la popolazione si riproduceva fino a esaurire i limiti delle terre coltivabili per il cibo. Poi le carestie decimavano le popolazioni. Il “malthusianesimo” di oggi viene riciclato sempre con un’idea ossessiva: la terra ha un limite naturale di persone che può sostenere. Infatti, una popolazione mondiale che continua ad aumentare viene considerato dai “malthusiani” come una sciagura, perché stiamo consumando troppe risorse naturali. Oggi poi incalza l’aumento dell’anidride carbonica prodotta dagli esseri umani che sarebbero dunque la causa di tutte le catastrofi naturali. A proposito di agricoltura allo stremo una risposta viene dall’India. All’inizio degli anni Sessanta del XX secolo l’India era un Paese povero, la sua agricoltura non riusciva a sfamare tutti gli abitanti ed era rischio di carestia. Questo non è accaduto. Anzi a partire dagli anni Sessanta l’India fu protagonista della “rivoluzione verde” che consiste nell’applicare all’agricoltura indiana i metodi delle agricolture più avanzate. L’India ha fatto tali progressi che ora non soffre di carestie, ma è diventata uno dei maggiori esportatori mondiali.

Il “malthusianesimo” oggi spinge anche per l’aborto e la sterilizzazione nei Paesi poveri perché come al solito sarebbero loro la causa delle troppe nascite. Nel “vecchio” mondo intanto nascono pochi bambini e il calo demografico è una realtà che interroga le politiche famigliari e svuota le aule scolastiche.

Come recita il ritornello dell’indimenticabile musical “Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più” (insuperabile Johnny Dorelli nel ruolo principale) …non siamo in troppi.

C’è posto.




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Gabriele Soliani

Gabriele Soliani, nato a Boretto (Reggio Emilia) il 24-03-1955. Medico, psicoterapeuta, sessuologo, adolescentologo, giornalista pubblicista iscritto all’Ordine. Libero professionista. Ha collaborato per 9 anni al Consultorio Familiare diocesano di Reggio Emilia. Sposato con Patrizia, docente di scuola superiore. Vive a Napoli dal 2015. Ministro della Santa Comunione e Lettore istituito.

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