Don Alberto Ravagnani e i giovani
Giovani lontani dalla fede, Chiesa destinata a morire? Parla don Alberto Ravagnani
“I giovani hanno il potere di aprire le porte del futuro, ma sono gli adulti ad avere in mano la chiave. Se gli adulti non girano la chiave, i giovani potranno fare ben poco”.
Don Alberto Ravagnani, giovane sacerdote della diocesi di Milano (attivo sui social con contenuti legati alla fede, l’educazione, l’amicizia e seguito da moltissimi ragazzi) riprende nel suo ultimo video proposto sul suo canale YouTube queste parole del cardinal Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi.
Poi spiega: “Le chiese sono sempre più vuote, le ricchezze della tradizione cristiana scivolano sempre più nell’oblio, e la fede è sempre più marginale nella vita della gente. Il problema è sotto ai nostri occhi ormai da tempo, ma a volte è come se ce ne stessimo a guardare senza fare niente. Forse invece si sta già provando a fare molto, ma non basta!”
Un primo passo è accettare che “l’attività pastorale della Chiesa, oggi, parla ad un uomo che non esiste più”.
Per annunciare Cristo alle nuove generazioni bisogna riconoscere che il mondo non è più quello di un tempo. “Se la Chiesa vuole continuare a vivere nel mondo, pure lei deve cambiare”.
Il punto non è cambiare nei contenuti della fede, ma accorgersi del contesto nuovo in cui ci si trova. “Tutto cambia ad una velocità folle. – afferma il sacerdote – Non si può fare il catechismo ai bambini di oggi come lo si faceva 30 anni fa. Non ti ascoltano, non perché non vogliono, ma perché proprio non ce la fanno”. Poi lancia una provocazione, sapendo di risultare “un filo antipatico” per qualcuno: come far sentire i giovani a casa, in chiesa, se “i canti sono gli stessi dei loro nonni e se tutto – a partire da noi preti! – è piatto e monotono”?
La distanza tra i ragazzi e la Chiesa va colmata, secondo don Alberto, ma non si può pretendere che a adeguarsi siano solo i ragazzi.
“Bisogna imparare a comunicare intercettando il linguaggio dei giovani e parlare in maniera meno autoreferenziale. E poi c’è la questione della discriminazione. I ragazzi si allontanano dalla Chiesa quando hanno l’impressione che la Chiesa stia discriminando. Quasi che il valore più alto, oggi, sia lo non-discriminazione. La chiesa spesso purtroppo è identificata a priori come giudicante. Anche quando magari non lo è!”
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Il problema è che a volte i cristiani danno l’impressione di avere un “ossessione nel giudicare”, perché sembra che se non lo facciamo veniamo meno al nostro ruolo: capita che “il vangelo si usi come una clava”, quando la cosa più importante è viverlo noi per primi con serenità.
Questo significa dare una testimonianza autentica e credibile.
Questo inviterà altri a farsi domande.
“Il Vangelo, certo, è la verità. Ma la verità è l’amore”, insiste don Alberto. E il Regno di Dio non è un club esclusivo. “Tutti sono chiamati. Nessuno escluso”. “Il messaggio di Cristo è per tutti… è inclusivo, come si usa dire oggi…”. Il che – come si capisce vedendo i vari video del don – non significa che tutto vada bene, ma che tutti sono amati fino al dono della vita in croce da Gesù.
E poi “Basta deprimerci e lamentarci che le cose vanno bene, che non è più come una volta, che i giovani di oggi sono senza valori. Che qualcosa non va bisogna dirlo, certo: viviamo una vera e propria desertificazione spirituale. C’è il deserto. Arido. Ma non possiamo passare tutto il tempo a lamentarci del deserto. Dobbiamo piuttosto cercare l’acqua. E prendere sul serio la sete delle persone”.
Come soddisfare questa sete?
Mostrando come si vive da cristiani. “Questo è il punto: mostrare com’è vivere da cristiani. Il cristiano è un uomo felice. Chi segue Cristo trova in Lui il senso della vita e se la gode! Il compito della Chiesa è testimoniare questo… ma non solo a parole, con la vita stessa dei cristiani”.
“Perché un non credente o uno che ha lasciato la Chiesa dovrebbe decidere di seguire Gesù? Se potrebbe renderlo felice. E come fa a capire che potrebbe essere felice? Se vede dei cristiani felici!”
La felicità, sottolinea il don, è la grande assente della nostra epoca. C’è benessere, ma che può essere quasi narcotizzante. Le persone sono spesso depresse e angosciate. “Manca la libertà, libertà dalle sostanze, dal sesso, dal giudizio degli altri”. Siamo presi dalla paura: paura del futuro, della morte… c’è una marea di solitudine.
“Chi contesta la Chiesa, di solito, non è poi tanto felice. Mentre la Chiesa, per definizione, dovrebbe essere una famiglia di persone felici grazie a Dio”.
Bisogna testimoniare che la felicità esiste ed è per tutti. “Certo, – ammette don Alberto – la porta di ingresso è stretta. La porta larga conduce a una felicità effimera che non dà soddisfazioni definitive… La porta stretta è quella del noi. È la consapevolezza che nessuno si salva da solo. Stretta perché devi passarci in mezzo con altri. E devi ridimensionarti un po’”.
“Cosa ne sarà della Chiesa nei prossimi anni?”, si domanda don Alberto, alla fine del suo video.“Vegliate in ogni momento pregando, diceva Gesù. Che in altre parole significa: diamoci una svegliata!”.
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