10 Novembre 2022
Daniele e Roberto, quando l’amore si nasconde dietro una chat
“L’amore è una cosa seria” ma non per tutti, c’è chi si diverte a giocare con i sentimenti altrui. Chi è pronto a manipolare l’altro per le sue personali mire o anche solo per noia, per divertimento. Dovremmo usare un po’ la testa e invece spesso i sentimenti prendono il sopravvento anche sui pensieri, trascinano in una dimensione dove apparentemente l’altro colma le voragini che ci portiamo dentro e ci lasciamo spogliare, nel senso che ci rendiamo fragili, indifesi. È per questo che poi l’inganno è ancora più doloroso.
Daniele ha 24 anni, è giovane, bello, sano, quando si “innamora” perdutamente di Irene, una ragazza conosciuta in rete. Una relazione – termine improprio perché presuppone un coinvolgimento sincero di entrambi – dura un anno. È fatta di messaggi pieni di amore, dichiarazioni appassionate, chat convulsive ogni giorno e ad ogni ora del giorno, complice il lockdown. Ma anche quel tempo finisce e Daniele scopre che la sua fidanzata non è una ragazza e che a chattare con lui era sempre stato un uomo. Un adulto di 64 anni.
Tutto il suo mondo crolla. La delusione è profonda, la sofferenza inimmaginabile. Aveva confidato alla “sua Irene” tutto di lui e ora si ritrovava davanti un fantasma, uno sconosciuto, un impostore che si era divertito un po’. Quel tradimento lo fa sprofondare in un’angoscia che a Daniele sembra senza via d’uscita così decide di mettere fine alla sua vita. Si impicca nella sua casa il 23 settembre 2021. Una tragedia immane, specie per i genitori che non si danno pace.
La notizia della morte di Daniele rimbalza sui quotidiani. La trasmissione Le Iene individua il colpevole, l’uomo di 64 anni Roberto. Messo sotto i riflettori, giudicato colpevole del gesto estremo di Daniele, anche lui cede alla pressione o al senso di colpa, non lo sapremo mai, e decide nelle settimane scorse di togliersi la vita. Doppia tragedia. Il male trascina con sé altro male.
Ma resterebbe solo una drammatica vicenda se non avessimo il coraggio di porci le domande giuste, quelle essenziali, quelle che sfuggiamo. Restano i pericoli della rete, questo mondo sconosciuto e pericoloso che i nostri giovani non sanno abitare in modo sano. Resta la fragilità dei sentimenti, la mancanza di educazione all’amore, quello vero, quello autentico. Ma non basta ancora. Mancano all’appello gli adulti, quelli deputati ad accompagnare i giovani, ad ascoltarli, a dialogare con loro, a far emergere le loro paure, a decifrare insieme a loro quel fiume di emozioni che li costringe a non riflettere più.
Sento spesso frasi del tipo: “Mio figlio è sempre con il cellulare in mano”. Ma noi adulti ci siamo visti? Perché io non vedo tutta questa differenza tra loro e noi. E permettetemi né tra noi genitori, né tra gli educatori intesi come insegnanti, preti e catechisti. Serpeggia poi ancora un altro pensiero, ancora più insidioso e pericoloso: lo smartphone è uno scrigno segreto, privato, inaccessibile. Si tiene con sé quasi come se avessi con me un tesoro da milioni di euro. Perderlo o smarrirlo per qualche minuto ci fa sprofondare nell’angoscia più cupa. Tutto il nostro mondo è racchiuso in quella scatoletta.
Come è triste tutto questo…Daniele e Roberto non sono le uniche vittime. Purtroppo sono tanti gli impostori che adescano in rete le loro prede sia anonimamente che palesemente. È facile nascondersi dietro lo schermo, scrivere frasi d’amore, di quelle che la gente vuole sentirsi dire…Una vera relazione si concretizza in una reciprocità reale, quotidiana, sana. Non lasciamo che simili tragedie ci lascino indifferenti. Non lasciamo soli i nostri giovani né le persone più fragili. Bisogna imparare la prossimità, questa sconosciuta e fondamentale compagna di viaggio.
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