La forza dell’amore

La famiglia è come l’arca di Noè

Il numero dei fidanzati che scelgono la convivenza cresce progressivamente. È il segnale di quella sfiducia nella famiglia e quell’individualismo che preferisce non creare legami duraturi e sfugge alla fatica delle relazioni. Eppure solo la famiglia, fondata su un patto stabile e duraturo può rappresentare quell’arca di Noè capace di traghettare sulle sponde della vita chi viene accolto e amato al suo interno.  

Separazioni e divorzi aumentano costantemente nell’indifferenza generale, ormai non fanno più notizia. Si lasciano coppie giovani e forse ancora inesperte ma anche sposi che hanno alle spalle quindici e anche venti anni di vita comune. Forse per questo – anche per questo – un numero crescente di coppie preferisce la convivenza al matrimonio, almeno nella fase iniziale della vita a due. Il messaggio è chiaro: sta cambiando radicalmente il modo di pensare il matrimonio e la famiglia. Tutto questo avviene con una rapidità che sorprende e spiazza anche gli osservatori più attenti. È l’esito inevitabile di una cultura che da decenni esalta il benessere individuale. Se al centro si pone l’io individuale non c’è spazio per il tu, vengono così a mancare le motivazioni per accettare la fatica della relazione. La famiglia, invece, è per sua natura la casa del noi, quella in cui l’io e il tu s’intrecciano e costruiscono una storia nuova. L’individualismo non sopporta il legame, non ha paura della relazione ma dei legami stabili, li vede come una prigione della libertà. Per questo preferisce la vita da single.

La convivenza si muove nella stessa logica. Invece dell’amore, che genera legami tendenzialmente duraturi, preferisce i sentimenti che danno vita a legami precari, negoziabili e sempre revocabili. Nella Lettera alle famiglie (1994) Giovanni Paolo II afferma che nell’odierna società è in atto uno scontro tra la civiltà dell’amore e quella che egli chiama “l’anti-civiltà”: la prima mette al centro la persona come un dono da accogliere; la seconda pone al centro le cose. La famiglia sta al centro di questa lotta perché è la culla di quell’umanesimo che garantisce un autentico e duraturo rinnovamento sociale. Nel diluvio che oggi rischia di sommergere il mondo, la famiglia è come l’arca di Noè.

Lucia è una bambina bellissima, è venuta in casa famiglia quando aveva poco più di un mese. Affetta da spina bifida, dice il referto rilasciato dall’ospedale. Impossibile precisare la gravità, aggiungono i medici, dobbiamo attendere almeno due anni. E così il Tribunale blocca ogni procedimento adottivo. In casa famiglia la bambina è amata e coccolata, ma è triste vederla crescere senza sapere da subito chi sono i suoi genitori. Abbiamo perciò interpellato una coppia e chiesto se volevano accoglierla come una figlia per costruire un legame stabile con la bambina. In questi casi, il decreto di adozione è pressoché immediato. La bambina oggi è una signorina, ha attraversato molte prove ma è serena. Potenza dell’amore? Non lo sapremo mai. Quel che sappiamo è che quella bambina ha trovato la sua arca per attraversare il mare della vita e approdare alla maturità con la certezza di essere amata. Ed è la necessaria premessa per fare della vita un dono.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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