“Non posso sposarmi: non ho i soldi per fare la festa”

Spesso la festa di nozze è talmente idolatrata al punto che, se non è come la voglio io in tutto, allora nemmeno mi sposo. E così ti sei perso un’occasione: quella di promettere ad un altro, un figlio di Dio come te, che lo amerai fino al tuo ultimo respiro. Perché è questo che merita qualcuno per cui Gesù ha versato fino alla sua ultima goccia di sangue.

Ho rivisto, qualche giorno fa, una ragazza che non frequentavo da tempo. Ci siamo scambiate degli aggiornamenti. Mi ha raccontato un po’ di lei e anche di altri nostri coetanei che non vedo da parecchio e di cui ho perso le tracce. Quasi tutti convivono, mentre il matrimonio e i figli appaiono ancora come un miraggio. Parliamo di persone che hanno tra i 30 e 35 anni. 

Le motivazioni esplicitate sono che devono ancora “sistemarsi” lavorativamente. E poi che il matrimonio “costa troppo” (“Devi avere almeno 50 o 60 mila da parte, per pagare festa, viaggio di nozze ecc.”). La conversazione con G. (preferisco non chiamarla per nome per rispetto della sua privacy), durata circa mezz’ora, mi ha generato una profonda tristezza. Mi ha fatto entrare a contatto con le ferite profonde della mia generazione: quella stasi, quella fatica di fare passi in avanti e di farli insieme a qualcun altro.  Credo che la perdita del valore della castità e la mentalità contraccettiva facciano spesso dimenticare ai fidanzati che stanno insieme per camminare, per discernere ciò che Dio vuole da loro ed impegnarsi in qualcosa che dia frutto, non per restare in un “apparente equilibrio piacevole”, senza implicazioni serie e durevoli. Fuori dall’ottica del discernimento e del cammino non è più chiaro che non occorre “sistemarsi in ogni virgola” per promettere alla persona vicina che non la molleremo mai, qualunque cosa accada. E questo significa sposarsi, non organizzare una festa da re e regine. 

Dicono che la Chiesa sia contraria alla convivenza. No, la Chiesa non è contraria alla convivenza (marito e moglie di fatto convivono!). Ciò che preoccupa è la convivenza svincolata dal progetto di vita che è insito nel matrimonio. La convivenza vista come “Oggi è così, domani chissà. Non ti ho ancora promesso nulla”. Ciò che preoccupa è questo matrimonio rimandato nelle responsabilità, ma di fatto goduto negli aspetti più piacevoli (e quando poi così piacevole non sarà?).  E la festa di nozze: idolatrata al punto che, se non è come la voglio io in tutto, allora nemmeno mi sposo. E così ti sei perso un’occasione: quella di promettere ad un altro, un figlio di Dio come te, che lo amerai fino al tuo ultimo respiro. Perché è questo che merita qualcuno per cui Gesù ha versato fino alla sua ultima goccia di sangue.

Leggi anche: “Non volevo figli… poi Dio mi ha aperto il cuore”

Ti perdi ciò che davvero è importante: guardarsi negli occhi e dirsi che nulla sarà più come prima, adesso che siamo legati per sempre. Ti perdi il vino buono del sacramento, quello che solo Cristo ti dà quando lo inviti alle tue nozze. E il vino buono è la sua presenza. Che si sente, eccome. Credetemi. Ti perdi la gioia delle persone care, che devono gioire dell’amore che c’è tra voi, non ricevere la bomboniera in argento per tornarsene a casa felici.

Quindi non bisogna fare una bella festa? Basta scambiarsi delle promesse? Parlando con quella vecchia compagna di scuola, ho ripensato alla preparazione del mio matrimonio. Da parte mia, c’era poco da spendere (avevo 24 anni, ero appena laureata…). Lavorava solo mio marito. Nessuno dei due era figlio unico (quindi non c’era un patrimonio solo per noi, da spendere per una festa). Ci siamo inventati soluzioni alternative per risparmiare, abbiamo trovato il giusto compromesso tra una festa decorosa e la sobrietà di chi mette al primo posto “il noi” e la grazia del Signore.  Abbiamo visto il resto come qualcosa che doveva venire “in aggiunta”, non come l’essenziale. E allora quei 50 o 60 mila si sono ridotti drasticamente. È inevitabile quando non li hai ma vuoi comunque festeggiare il coronamento di un amore e la fine di un importante percorso (il fidanzamento: questo grande sconosciuto).

E così spunta fuori l’amica laureata in design che ti aiuta col tabloid e i segnaposto, l’altra che ti disegna le partecipazioni; quella appassionata di make-up che si offre di truccarti, l’abito da sposa che costa la metà perché vai in un negozio di stock che vende abiti delle collezioni precedenti (mi dite voi chi ci fa caso all’anno in cui un abito da sposa esce nelle riviste di moda? A parte il tuo portafogli, nessuno), i parenti anziani che non vengono ma ti fanno regali fin troppo generosi (loro nel matrimonio ci credono ancora…); la mamma del tuo testimone che fa la fioraia e che ti “ti vuole bene come a un figlio” (potrà mai chiederti uno sproposito per addobbarti la chiesa?); il fotografo migliore della zona (perché sì, ad un professionista che rendesse eterno il ricordo di quel giorno ci tenevo) che ti spara una cifra improponibile ma che al tuo “mi dispiace, è fuori budget”, ti richiama per dirti: “Siete una coppia troppo bella, in voi ho visto qualcosa di speciale. Vorrei raccontarlo io il vostro matrimonio. Ditemi dentro che cifra dobbiamo stare”. E il ristoratore del posto dei tuoi sogni (è uno dei locali più belli nella nostra provincia) che, quando tu chiedi di togliere un primo, un secondo e il buffet di dolci perché non puoi spendere quella cifra a persona ti risponde: “Guardate, ditemi quanto potete spendere, ma non togliamo troppo. Per noi ogni matrimonio è un biglietto da visita. Fare una cena risicata è cattiva pubblicità, al tempo stesso ci teniamo a farvi fare qui la festa. Vi faccio uno sconto, ma al massimo togliamo solo un secondo” (ed era proprio quello che volevi, visto che il terzo secondo avanza sempre…). 

Di certo, c’è stata un po’ di furbizia da parte nostra al momento di entrare nel “mercato” dei matrimoni (e mica è sbagliato? Gesù loda l’amministratore furbo nel Vangelo). Ma la vera furbizia, perdonatemi, è aver messo Dio e la nostra relazione al centro. Quando ti preoccupi anzitutto del Regno di Dio (e impegnarti ad amare un altro come Cristo lo ama è occuparsi del Suo Regno), il resto ci viene davvero dato in aggiunta. Se le sedie, poi, sono rivestite di raso oppure no… mi dite voi chi se ne importa?  “Posso togliervi 5 euro a persona se non volete il rivestimento delle sedie che di solito mettiamo”. (Stiamo parlando di una differenza di 700 euro). “Togli, togli: che stiamo pure più comodi se vogliamo alzarci per andare a ballare…”.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

ANNUNCIO


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.