San Massimiliano M. Kolbe: apostolo mariano al tempo dell’inferno

di Chiara Chiessi

Ogni bambino impara ad amare la Madonna grazie anche al rapporto che ha avuto con la sua madre terrena, come accadde nel caso di San Massimiliano. Se infatti è tanto grande l’amore che la madre terrena nutre verso un figlio, quanto ancora più grande deve essere quello che l’Immacolata ha per noi?

Definito da San Giovanni Paolo II “patrono del nostro difficile secolo”, è stato uno dei più grandi santi mariani della storia della Chiesa. Fondatore di due Città dell’Immacolata, una in Polonia ed un’altra in Giappone, arrivò a progettarne una terza in India. Realizzatore e diffusore in tutto il mondo di riviste mariane dalla tiratura di un milione di copie, la storia della sua vocazione francescana prese avvio dal focolare domestico in cui nacque e crebbe ed il ruolo della mamma fu centrale nel salvarlo da una pericolosa tentazione prima del noviziato.

Era il terzogenito di cinque figli che Giulio Kolbe, umile tessitore e terziario francescano, ebbe da Maria Dabrowska, modello di sposa e madre. Da giovane la donna sarebbe voluta entrare in convento ma non possedeva la dote necessaria. Sin da bambino il piccolo Raimondo (nome di battesimo di San Massimiliano) respirò in famiglia un’atmosfera di fede, vita soprannaturale e di amore alla Madonna. A casa, la famiglia Kolbe aveva un piccolo altare dove il giovane santo si ritirava spesso per pregare.

Per i polacchi, l’amore alla Madonna era parte integrante dell’amore alla patria e questo fu certamente un aspetto centrale della vocazione religiosa del piccolo Kolbe, tanto pù che il papà era un ardente patriota che mal sopportava la divisione della Polonia di allora in tre parti dominate da Russia Germania ed Austria. Il profilo del grande missionario e fondatore si intravedeva già nella fanciullezza: sin da bambino Raimondo era stato abituato ad essere responsabile, ad aiutare in casa, tanto che la mamma, al processo per la sua canonizzazione, dirà: “Ebbi in lui un vero aiuto quando mio marito si recava a lavoro. Raimondo pensava alla cucina, rendeva uno specchio la casa sbrigandone le faccende”.

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L’esempio del padre, un grande lavoratore e della madre, modello di madre e sposa, influirono molto sul carattere del piccolo Raimondo, che aveva innato anche un forte senso della giustizia. Sempre la mamma racconta: “Egli si distingueva dai suoi tre fratelli persino nel ricevere il castigo per qualche leggera scappatella. Portava da sé il bastone della punizione e, senza esitare, si prostrava sulla panca e poi, ricevuto il castigo, ringraziava noi genitori ed imperturbato rimetteva il bastone al suo posto”

Una volta, a causa di alcune esuberanze di Raimondo, la mamma lo rimproverò in modo accorato. Il piccolo, allora, si fece serio serio e pregò la Madonna di dirgli che cosa sarebbe stato di lui. In preghiera, gli apparve l’Immacolata che teneva in mano due corone, una bianca, che indicava la vita consacrata, e l’altra rossa, il martirio di sangue.

“Quale corona vuoi?” chiese la Madonna al bambino. “Tutte e due” rispose lui.  E così sarà per San Massimiliano: religioso francescano, sacerdote e martire ad Auschwitz. Più tardi il ragazzo racconterà alla madre lo straordinario episodio che segnerà un miglioramento radicale nel suo comportamento.

Qualche anno prima della confidenza di Raimondo, la coppia di sposi era andata in pellegrinaggio alla Madonna di Czestochowa e lì con atto di fede generosa aveva offerto i figli all’Immacolata, promettendo che se avessero visto in loro segni di vocazione, li avrebbero aiutati a diventare sacerdoti. Purtroppo però, nonostante le eccellenti premesse vocazionali, era necessario che Raimondo rimanesse in casa ad aiutare la famiglia, in quanto i genitori non potevano permettersi di pagare gli studi per il sacerdozio a più di un figlio, ed il primogenito Francesco era già entrato in seminario.

Il piccolo Raimondo rivelò ai genitori più volte che sarebbe voluto essere come San Francesco, povero ma pieno di gioia.  La vocazione da terziario francescano del padre influì molto nell’amore alla vita francescana del piccolo; tra l’altro il padre, un giorno, regalò al figlio una vita di San Francesco che Raimondo lesse tutta d’un fiato. Ma le strade di Dio sono infinite: infatti, attraverso un farmacista del Paese, il piccolo Raimondo potè studiare ed entrare poi nel seminario minore di Leopoli.

Tutto procedeva tranquillamente fino ad arrivare alla vigilia della vestizione per il noviziato, uno dei momenti più importanti per un giovane, perché segna ufficialmente l’inizio della vita religiosa.

Raimondo era purtroppo tormentato da scrupoli e tentazioni: non sapeva se continuare la vita religiosa o se arruolarsi ed intraprendere la vita militare. Aveva dei dubbi su dove l’Immacolata lo voleva per la Sua causa. Dopo poco tempo si convinse che avrebbe potuto servire l’Immacolata solo nell’esercito, ed insieme al fratello Francesco voleva andare dal rettore a comunicare la decisione di lasciare il seminario.

In quell’istante, suonò il campanello del parlatorio e Raimondo fu chiamato perché era arrivata sua madre. L’incontro con la mamma mise in fuga la terribile tentazione non appena questa disse al figlio che era sua intenzione ritirarsi dalle Suore Feliciane. L’intervento provvidenziale della santa mamma aveva salvato la vocazione del figlio. Che ne sarebbe stato allora di Raimondo se non ci fossero state le ispirate parole della madre? Avremmo avuto di certo un soldato, un grande patriota come il padre, ma non uno straordinario apostolo mariano come poi egli divenne.

Il profondo rapporto con la madre sarà coltivato durante tutta la sua vita religiosa, fino alla morte.

Infatti, il giovane frate, prima della professione solenne, così scriverà alla madre: Non ti augurerò né la salute, né la prosperità. Perché? Perché vorrei augurarti qualcosa di meglio, qualcosa di talmente buono che Dio stesso non saprebbe augurarti di più: che in tutte le cose sia fatta in te, mamma, la volontà di questo ottimo Padre, che tu sappia in tutte le cose compiere la volontà di Dio! È tutto quel che posso augurarti di meglio”.

La madre terrena non è altro che l’immagine della Madre celeste. Ogni bambino, dunque, impara ad amare la Madonna grazie anche al rapporto che ha avuto con la sua madre terrena, come accadde nel caso di San Massimiliano. Se infatti è tanto grande l’amore che la madre terrena nutre verso un figlio, quanto ancora più grande deve essere quello che l’Immacolata ha per noi?

Durante il periodo di prigionia ad Auschwitz, San Massimiliano scrisse una sola lettera alla madre, da cui traspare il suo totale abbandono in Dio:

“Mia cara mamma, verso la fine del mese di maggio sono giunto con un convoglio ferroviario nel campo di Auschwitz. Da me va tutto bene. Amata mamma, stai tranquilla per me e la mia salute, perché il buon Dio c’è in ogni luogo e con grande amore pensa a tutti e a tutto”.

San Massimiliano morì ad Auschwitz, nel bunker della fame, il 14 agosto 1941. Il suo corpo fu cremato, insieme a quello degli altri prigionieri. Offrì la sua vita per salvare quella di un papà di famiglia. Quando il militare tedesco delle SS scelse a caso l’uomo che doveva essere fucilato per rappresaglia, subito il santo polacco ruppe le file e chiese di essere ucciso al posto di quest’uomo sconosciuto.

Nel sentire l’uomo implorare pietà per la moglie ed i figli, il santo si commosse. Un gesto d’amore così grande può provenire solo da un’anima di intensa spiritualità, generosità e santità, oltre che da un influsso particolare della grazia.

Forse quest’uomo ha ricordato a San Massimiliano il suo papà Giulio Kolbe? Forse gli sono tornati alla mente le volte in cui il papà lo prendeva sulle ginocchia e gli raccontava la storia di San Francesco? Forse si sarà ricordato di quando il papà, appena tornato a casa dopo il lavoro, abbracciava la moglie ed i figli, felice finalmente di poter stare un po’ con loro? Possiamo solo immaginarlo. Ma una cosa è certa: nonostante San Massimiliano si trovasse immerso nell’inferno più profondo non si è fatto travolgere da esso, ma come solo i santi sanno fare ha indicato a tutti gli uomini la via da seguire, che è quella dell’amore, della generosità, del dare la vita per le anime.

Certamente questo lo ha appreso dall’ambiente familiare in cui è vissuto sin dai primi anni e dagli esempi dei suoi genitori, come anche ha spiegato luminosamente San Giovanni Paolo II nell’omelia per la sua canonizzazione, ” a questo sacrificio Massimiliano si preparò seguendo Cristo sin dai primi anni della sua vita in Polonia”.

Grazie San Massimiliano per essere stato profeta di tempi nuovi in un mondo completamente immerso nelle tenebre dell’odio verso Dio e l’uomo.




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