Marmolada

La Marmolada, le vittime e quel lutto che solo Dio può consolare

In questi giorni, sentendo di quelle famiglie smembrate da un ghiacciaio nella Marmolada, ho provato un dolore sordo. E, ripensando alla consolazione venuta da Dio stesso nei momenti più bui della mia vita, ho sperato davvero che oltre a confrontarsi con degli psicologici, le persone coinvolte potessero sentire nel cuore che Gesù è risorto. Non c’è nessun altro antidoto. Nessuno a parte Cristo ha il potere di distruggere la morte.

Capita spesso, ascoltando dei servizi o leggendo degli articoli in cui si dà notizia di una catastrofe appena avvenuta, di sentire che un “team di psicologi” è stato attivato per aiutare vittime e parenti. Di fronte a situazioni scioccanti, quali ad esempio l’ultima tragedia consumatasi nella Marmolada, è davvero importante e lodevole che si pensi a come mitigare, dal punto di vista psicologico, l’effetto di traumi che rischiano di segnare in modo irreversibile la psiche di una persona. Il mondo della psicologia ha fatto dei passi da gigante e la scienza è davvero un dono, quando messa al servizio della vita in questo modo. Mostrare questa cura per la mente, oltre che per il corpo, è un reale segno di progresso, che indica come l’uomo, sotto certi punti di vista, sia in costante e positiva evoluzione. Eppure, lo ammetto, credo che il conforto più profondo di fronte a tragedie umanamente scioccanti venga dal sapere che la vita non finisce con questa vita. 

Lo shock della morte, di ogni morte, si supera con la scoperta – sensazionale e meravigliosa – che la morte è stata sconfitta. Non sono nessuno per insegnare ad altri come si vive un lutto. Perché ogni cuore è un piccolo universo, ognuno reagisce in modo differente, ognuno ha i suoi tempi, il suo percorso. E una persona che, di fronte a dolori indicibili, ci aiuti dal punto di vista psicologico non solo è utile, ma in molti casi fondamentale. Il rischio, però, in una società che sempre più spesso fa a meno di Dio, è quello di perdersi la Bella Notizia per eccellenza: ovvero l’annuncio della Resurrezione. Restare con Gesù è il vero segreto per non sprofondare di fronte alla morte, soprattutto se arriva in modo assurdo e incomprensibile.

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Ricordo bene che quando ho perso mia madre (avevo 26 anni, ed ero al nono mese della mia seconda gravidanza) le persone cercavano di consolarmi. Ed ho apprezzato ogni singolo sforzo, ogni singolo gesto (come ho preso atto, con tristezza, del fatto che alcuni non ci sono stati come avrei voluto…) eppure, lo dico molto sinceramente, è stato Dio stesso a consolarmi. Solo lui poteva raggiungere la parte più intima e nascosta della mia anima. Solo Lui poteva sussurrarmi: “Coraggio, io sono il Signore della vita: chi vive in me, non muore in eterno”. Solo Lui poteva cambiare i miei occhi, cambiare il mio orizzonte. Mostrarmi un Oltre che mi dava pace. Una vera pace. Sono passati quattro anni, eppure ricordo ancora benissimo la forza non mia che gli altri dicevano di vedere. La fede non mia, che gli altri notavano sentendomi parlare. La consapevolezza che non tutto era perduto, anche se mia madre non l’avrei vista mai più. Non è stato autoconvincimento: chi potrebbe darsi luce da sé, di fronte alla morte improvvisa della propria madre? Vedere la morte di mia madre come un passaggio e non come la fine è stato un dono. Semplicemente un dono. Uno dei più grandi che io abbia ricevuto.

E non è stata quella l’unica volta che Dio ha cambiato i miei occhi, che dalla disperazione della morte ha fatto sopraggiungere in me la speranza. È successo anche quando ho perso mio figlio, mentre si trovava ancora in grembo. Di nuovo, la luce è passata nelle mie ferite e ho sperimentato con una certezza pressoché assoluta che il Paradiso non è una barzelletta, ma una realtà concreta. Che non è un dove, ma un come, e che è meno distante di quanto pensiamo. È nelle croci più grandi, è proprio quando la morte l’ho incontrata davvero sul mio cammino, che Dio mi ha consolata facendomi intravedere quello che c’è dopo. Nonostante queste grazie capita che la mia fede vacilli. Di fronte a tanti mali presenti nel mondo capita anche a me di lamentarmi e di perdere fiducia. 

Anche in questi giorni, sentendo di quelle famiglie smembrate da un ghiacciaio, ho provato un dolore sordo. E, ripensando alla consolazione venuta da Dio stesso nei momenti più bui della mia vita, ho sperato davvero che oltre a confrontarsi con degli psicologici, le persone coinvolte potessero sentire nel cuore che Gesù è risorto. Non c’è nessun altro antidoto. Nessuno a parte Cristo ha il potere di distruggere la morte.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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