Giovani
“Rave4Christ”, così i giovani ci mostrano il loro bisogno di Dio
La parola “rave” che vuol dire “delirio” può sposarsi con Cristo? Può avere luogo un rave party cristiano? Dopo tante bruttissime testimonianze, l’esperienza di don Michele Madonna a Napoli, lo scorso 2 luglio, sembra essere un faro nella notte.
Lo confesso, quando ho letto la notizia ho storto un po’ il naso. È possibile organizzare un rave party intorno a Cristo? È quello che ha fatto lo scorso 2 luglio don Michele Madonna, a Montesanto, nel centro storico di Napoli. Un quartiere difficile, ad alto tasso di dispersione scolastica e di criminalità. In una zona del genere ci si aspetta che un evento come questo, sebbene rappresenti una novità, sia epicamente marinato e invece sono stati centinaia i giovani che hanno risposto all’invito di don Michele.
“Rave4Christ”, questo il titolo che don Michele ha voluto dare alla serata caratterizzata da musica dance cristiana. Un evento che ha voluto dimostrare, prima di tutto ai giovani, che ci si può divertire senza eccessi. A un certo punto della serata Gesù Eucaristia ha fatto capolino al centro della festa. Tutti si sono fermati per pregare. Dopo un momento di predicazione spontanea, si è lodato Dio. E tanti sono rimasti in ginocchio a piangere commossi, per la prima volta.
Le testimonianze raccolte sul campo ci raccontano di conversioni meravigliose avvenute in questa zona dall’arrivo di don Michele. Perché davvero la conversione può cambiare la vita di una persona. Bisogna trovare il linguaggio adatto per trasmettere la bellezza del Vangelo e l’arte, da sempre specchio fedele della bellezza misteriosa della vita, si presta bene come strumento per comunicare Dio. Ne è convinto don Michele che ha scelto la “Christian music” per i suoi ragazzi. Un complesso armonioso fatto di note di qualità e testi profondi. Non una scelta di serie B, ma una musica capace di contrastare la brodaglia insipida propinata dal Trap, genere musicale sempre più in voga, che ha fatto di parolacce, droghe e squallori vari gli strumenti di una sedicente denuncia sociale di degrado e abbandono.
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Forse la risposta dei ragazzi alla proposta del sacerdote è un indicatore chiaro: i nostri giovani sono stanchi di sentire parole sconce e quella rabbia amplificata che ti stordisce come un colpo in viso. Vogliono tornare a cantare la bellezza, a sentire parlare di amore, vogliono passare la notte a ballare sotto le luci stroboscopiche della disco, in piazze gremite di altri giovani, ma accompagnati da parole che li proiettano verso un futuro luminoso, positivo, ottimista. Hanno bisogno di sentirsi dire che sono importanti, che il mondo crede in loro. Che Dio crede in loro. La parola “rave” vuol dire delirio. Sono eventi organizzati in zone isolate, dove può avere accesso chiunque. Sono illegali e la prima regola è… sballarsi. Nel vero senso della parola, parlo di droghe, alcol. Deliranti sono le atmosfere a base di “acid music” e deliranti sono le conseguenze. Il fenomeno si diffonde a macchia d’olio in tutto il mondo, ma indicativi sono i fatti accaduti il 19 agosto del 2021 nel Viterbese, sulle rive del lago di Mezzano. Il bollettino è apocalittico: un ragazzo morto annegato, alcuni giovani ricoverati in coma etilico, cani morti abbandonati al sole. Una ragazza che partorisce una bambina nel nulla. “Rave” è una parola che fa paura e forse contrasta con l’idea di equilibrio e ordine che Gesù porta con sé ovunque vada. Ma se serve a spezzare finalmente questa catena di oscurità e violenza, allora che ben venga una comunicazione come questa. Speriamo che siano molti altri i sacerdoti in giro per il mondo che sappiamo rompere il muro di pregiudizio e ignoranza che allontana i giovani dalla Chiesa.
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