Giovani e fede
Che cosa tiene lontano i giovani dalla Chiesa e dalla religione?
A cura di Elisabetta Cafaro
La sintesi dedicata al rapporto “Giovani e Chiesa” redatta dai docenti di Religione del Liceo “Don Carlo La Mura” di Angri (SA) è molto interessante. Si dà parola ai giovani e ai loro pensieri ponendo loro queste due domande: “Secondo te che cosa tiene lontano i giovani dalla Chiesa e dalla religione?”. “Che cosa pensi della Chiesa e quali sono le tue proposte di cambiamento?”.
La maggior parte dei giovani afferma che nonostante tanti anni passati in parrocchia ha sentito il bisogno di staccarsi da un modo, a loro dire, troppo tradizionale di vivere la fede. Una delle frasi portanti che caratterizza la fascia di età che va dai 14 ai 20 anni è: “Per me Dio sta dentro tutti noi, io lo posso pregare dove e quando voglio, a casa mia, per la strada, non devo mica per forza andare in una chiesa…e poi vorrei una Chiesa più aperta ai giovani, meno bigotta, meno noiosa. La Chiesa non deve cambiare ma dialogare un po’ di più con i giovani con discorsi diversi da quelli degli adulti, oppure con modi diversi”.
“Noi siamo i giovani del 2022, un mondo nuovo, dove la tecnologia e i social la fanno da padrone. Siamo i figli della generazione “Z” ovvero i nativi digitali. Passiamo gran parte del nostro tempo sui videogiochi e viviamo perennemente connessi, confondendo spesso, (purtroppo) il mondo virtuale da quello reale. Ci sentiamo sempre in bilico tra l’essere e l’apparire, la materia e lo spirito e riconosciamo il nostro calo di fede rispetto a quando eravamo più piccoli. Viviamo in questo mondo, dove vediamo cose che non riusciamo a spiegarci, immagini di guerra e di orrore ci accecano e ci colpiscono. La contemporaneità e tutto ciò che accade intorno ci spaventa e spezza ogni giorno quel filo di speranza e di bene”.
“Come facciamo a credere a quello che la Chiesa proclama? Come facciamo a credere in certi valori quando in primis gli adulti ci dimostrano di non rispettarli? Siamo noi la generazione vittima delle circostanze che il mondo ci costringe a vivere? Attendiamo delle risposte che nessuno ci fornisce, una spiegazione valida e la vogliamo soprattutto dalla comunità ecclesiale”.
“Gli educatori hanno un compito fondamentale: indirizzare i giovani verso il bene; invece, molto spesso i giovani vengono lasciati “troppo liberi”. La presenza del male nel mondo rende difficile credere nella fede: Dov’è Dio quando serve? Nonostante tutto noi ragazzi crediamo che la chiesa sia un luogo di pace e di amore, un luogo dove si può trovare sempre un appoggio e dove nessuno si sente solo. Siamo convinti che la Chiesa sia capace di accogliere tutti come una grande casa; la casa di Dio. Noi giovani, anche se non riusciamo ad ammetterlo, abbiamo tanto bisogno di credere e di qualcuno che abbia fiducia in noi. Non è facile credere in qualcosa che non vediamo, ma siamo certi che questo “qualcosa” esiste anche quando testardamente diciamo di no.
É vero anche che tra noi ragazzi “esiste un ateismo di massa” ed è davvero triste sentirsi dire che ciò in cui ci si affida non esiste e che nel 2022 avere fede in Dio è da stupidi, bigotti, molti si lasciano trasportare… ma per fortuna c’è anche chi ha un gran carattere ed è convinto che le sue idee valgono di più delle opinioni altrui”.
“Il vero problema è il distacco tra gli argomenti trattati dalla Chiesa e quelli dei giovani. La chiesa spesso è antiquata e forse per certi versi omofoba e i principi sanciti nella Bibbia non sono vicini all’attualità. La Chiesa dovrebbe trattare argomenti più vicini a noi giovani e far capire che Dio esiste, Dio ci ama, Dio ci aiuta in modo differente “moderno”. Bisognerebbe ristudiare la Bibbia e reinterpretarla al fine di farla capire a tutti. Sarebbe utile anche un’emancipazione della figura femminile all’interno del regime ecclesiastico. Chiediamo alla chiesa sacerdoti disponibile ad impegnarsi con i giovani in attività costruttive e ricreative. Sacerdoti giovani, coinvolgenti e ricchi di entusiasmo che testimoniano con la loro vita la fede e la trasmettono con passione al popolo di Dio”.
Alleghiamo a questa sintesi generale anche tre lettere: quella di Chiara Pallavicino 1 Ac Liceo classico, di Antonia Di Prisco I Ac Liceo classico e di Liberato Coppola II Ac Liceo classico. Questi giovani di 14 anni e 15 anni esprimono con fervore la loro fede e riconoscono nella parrocchia, il luogo d’incontro con Dio.
Scrive Chiara:
“Molto spesso ci capita di vedere in chiesa molti banchi vuoti, che potrebbero essere riempiti da giovani che in quel momento sono altrove. E anche io sono una di questi giovani distanti dalla chiesa. L’inaccettabile verità dei credenti è che noi giovani non stiamo in quel posto, in quel tempo, in quel modo, che ha caratterizzato e accompagnato i passaggi generazionali precedenti ai nostri. Verrebbe così, naturale pensare che quegli stessi giovani non abbiano nulla da dire o da chiedere alla chiesa. Forse non è proprio così. Penso che bisognerebbe rendersi conto che nessuna generazione prima della nostra aveva mai avuto così tante possibilità: studiare, viaggiare, ecc…Ma allo stesso tempo nessuno prima di noi aveva mai avuto un così grande vuoto di spazi, e di parole. Non ci sono tanti adulti che credano in noi e pochi che ci dicano “Crescete perché crediamo in voi”. Il nostro futuro è incerto come forse lo era anche per le generazioni antecedenti alle nostre. Però pochi adulti credono in un futuro migliore come invece facevano i loro padri. Arriviamo quindi a concordare un ossimoro esistenziale: pieni di opportunità oggi ma con un domani dubbioso e respingente. La fede rimane, per i giovani, da sfondo non essendo né affermata né negata del tutto. Allo stesso tempo le credenze morali della cristianità sono percepite come esagerate, anacronistiche e talvolta irraggiungibili. Quelle che sono percepite come proibizioni non aiutano ad avere una vita piena dove si sperimenta tutto. La ricerca di una fede un po’ scomposta, intermittente e “fluida” non è lontana dagli ideali di Gesù al suo tempo. Forse, paradossalmente è proprio questa assenza a suggerire un cambiamento e a permettere di instaurare un rapporto e un dialogo autentico.
Scrive Antonia:
La mia prima esperienza di Chiesa è avvenuta all’interno della mia famiglia, è stata una esperienza di “Chiesa domestica”, qui ho imparato a pregare, prima in italiano poi in latino, quando ancora non conoscevo nemmeno la prima declinazione, ma ripetendo le frasi che mia madre mi pronunciava, l’Ave Maria un po’ a cantilena, e il Sub Tuum Praesidium, ho memorizzato piano, ora mi piace particolarmente pregare in latino. Le mie prime preghiere sono il ricordo di una eco prima di andare a dormire, l’Angelo di Dio, poi il ricordo di alcune preghiere di mia nonna, che mi portava sempre con sé, altre recitate con mia zia Aurora, zia americana di mamma, molto devota a San Giuseppe, alla Divina Misericordia. Prima della celebrazione vera e propria, i primi insegnamenti sul non far del male a me e agli altri, sono stati quelli dei miei genitori, che mi hanno dato queste uniche due regole, così come due sono i comandamenti che ci ha dato Gesù: ama il Signore Dio tuo, ama il tuo prossimo. La mia prima esperienza è stata dunque semplice ma incisiva, poche regole ma chiare. I primi ricordi legati alla Chiesa come comunità sono legati all’infanzia, al sedermi tra i banchi con le mie compagne della scuola Primaria poi delle medie, la gioia di ritrovarsi e fare il percorso fino alla comunione insieme e oltre, uscendo poi dalla Chiesa per ritrovarsi sul piazzale. L’epidemia ha poi interrotto per lungo tempo questo incontro domenicale; tuttavia, non abbiamo trascurato di incontrare il Signore attraverso la messa domenicale in tv e nell’Angelus di Papa Francesco, con il suo saluto sempre affettuoso e la sua raccomandazione a noi tutti, quasi da curato di campagna, di pregare per lui.
Scrive Liberato:
Nel centro dei miei ricordi gioiosi e belli sta questo ricordo: ho capito che Gesù è entrato nel mio cuore, ha visitato me e con Gesù Dio stesso è con me. Questo è un dono di amore che vale più del resto di tutta la vita. Ho capito che è importante rimanere fedeli a questo incontro e grazie a Dio il Signore mi ha guidato anche in situazioni difficili. Spero che per tutti la Chiesa sia l’inizio di un cammino comune, perché andando con Gesù, andiamo bene. I giovani hanno una grande voglia di far sentire la propria voce e di diventare protagonisti di una Chiesa che si rinnova, che ringiovanisce il suo volto. Non è possibile pensare di occuparsi delle nuove generazioni senza coinvolgerle direttamente e in modo qualificato. La Chiesa ha deciso di interrogarsi su come accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza, e anche di chiedere ai giovani stessi di aiutarla a identificare le norme più efficaci per annunciare la Buona Notizia.
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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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