Scuola Dov’è rivolto il tuo sguardo? Autore articolo Di PUNTO FAMIGLIA Data dell'articolo 20 Aprile 2022 Nessun commento su Dov’è rivolto il tuo sguardo? di Marialessia Consagna Cosa pensano gli studenti del mondo della Scuola? Cosa vorrebbero dagli insegnati? Ora come ora c’è molta più probabilità di incontrare un docente che ti riempie di definizioni, piuttosto che uno che ti guardi e si interessi di te. Non so se vi è mai capitato di trovarli, ma spesso sui social, girano dei test che permettono, attraverso alcune domande, di scoprire lati nascosti della propria personalità: “Dimmi chi voti e ti dirò chi sei” oppure “Dimmi cosa indossi stamattina e ti dirò chi sei”. Così all’infinito, anche se continuo ad essere scettica sul risultato di questi questionari dati da algoritmi casuali, mi hanno, però, permesso di formulare un mio slogan: “Dimmi chi guardi e ti dirò chi sei”. Un mito ovidiano racconta che Pigmalione, un re dell’antica Cipro, s’innamorò di una statua da lui stesso scolpita; ogni giorno l’ammirava, la riempiva di attenzioni, al punto tale che Afrodite impietositasi del povero uomo, la rese viva. Da questo ha preso nome il cosiddetto “effetto Pigmalione” e cioè un nostro desiderio o pensiero si avvera se lo perseguiamo con convinzione. Ognuno di noi può essere artefice del proprio e dell’altrui risultato attraverso il modo in cui vede l’altro. Leggi anche: Io, addetto al controllo dei green pass degli alunni. Quando “differenziare” vuol dire “discriminare” Non è forse quello che fanno ogni giorno i docenti con gli studenti? Un adolescente, infatti, è colui che ha bisogno di essere guardato per permettere che la bellezza in lui si compia e quella bellezza non è altro che compimento. Ricordo il mio ultimo anno di liceo… Non è passato molto tempo, ma riconosco che è stato determinante per il mio percorso di crescita. Non tanto per le nozioni scolastiche che ho potuto acquisire, ma per la mia formazione strettamente personale. C’è molta più probabilità di incontrare un docente che ti riempie di definizioni, piuttosto che uno che ti guardi e si interessi di te. In quinta mi è stato assegnato un nuovo prof di storia e filosofia, diverso da quello avuto i due anni precedenti. Dopo qualche mese di lezione siamo entrati nel vivo del nostro percorso inserendo dei dibattiti su temi di attualità dalla globalizzazione alla politica passando per questioni più scottanti come unioni civili e adozioni omogenitoriali e la precarietà lavorativa. Questa attività sconcertò un po’ tutti, è raro che un docente si esponga su tematiche attuali senza doppi fini, ma addirittura più sconvolgente era il fatto che qualcuno volesse ascoltarci. La sensazione più bella che mai dimenticherò è stata quando per la prima volta ho potuto esprimere liberamente il mio pensiero senza che questo compromettesse il mio profitto e l’opinione di me. Può sembrare un’esagerazione, ma vi assicuro che non è così scontato. Da lì è nato un dialogo con il prof, ci confrontavamo, si interessava per capire il perché di alcune mie idee e come le sostenevo concretamente. Nell’ultima lezione di giugno, ha concluso il nostro percorso con l’ultima dritta “La giovinezza è felice perché ha la capacità di vedere la bellezza. Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza non diventerà mai vecchio” (Kafka). Abbiamo completato ciò che ci eravamo prefissati a settembre: diventare degli uomini e delle donne pronti al confronto, al dialogo senza compromettere la nostra integrità e i valori. Io ho avuto la possibilità di fare questa forte esperienza di crescita, ma non tutto è sempre così bello… Mi viene in mente quando passando per i corridoi o nel cortile della mia scuola si sentiva quell’odore di fumo e di altre sostanze, tutto non era conforme alle regole, ma quasi nessuno si è curato di recuperare quei ragazzi e di riportali in classe… Diventava la normalità che passassero ore fuori, nessuno ci faceva più caso, anche perché alcuni docenti erano impassibili, barattando la loro assenza con una maggiore tranquillità nelle aule. Che messaggio può dare una persona che preferisce inculcare delle nozioni e poi resta indifferente nel momento in cui dovrebbe agire? Il non esporsi, il non alzarsi dalla comoda sedia e andare verso lo studente per riportarlo sulla giusta strada, ha giovato a qualcuno, è concorde con la figura dell’insegnante? Questa è l’immagine più eloquente e calzante della nostra società, siamo dei grandi professionisti, acculturati, scienziati del tutto, ma non guardiamo più l’altro. Il nostro sguardo è rivolto più allo smartphone che agli occhi di chi ci è accanto.Concludo così: “In quella piccola cittadina del Sud, c’era il miglior gruppo di insegnanti che abbia mai vissuto su questo pianeta. Dai miei primi anni in poi, quegli uomini e quelle donne mi hanno insegnato così tanto. in gran parte al di là del programma scolastico. Mi hanno insegnato che valevo come persona e che contavo. Mi hanno vista come un individuo, hanno visto qualcosa in me in cui credere e in cui farmi credere. Le loro classi erano luoghi sicuri e sani” (John Steinbeck). Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia Cari lettori di Punto Famiglia, stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11). CONTINUA A LEGGERE Tag insegnanti, studenti ANNUNCIO Lascia un commento Annulla rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy. Ho letto e accettato la Privacy Policy * Ti potrebbe interessare: “Noi, portate in pellegrinaggio dai santi Martin”: quattro suore si raccontano “Volevo essere pura, ma non ci riuscivo per insicurezza. 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