Prostituzione
Don Oreste, l’angelo delle donne “prostituìte”
Ha fondato la Comunità Papa Giovanni XXIII, la sua vita era a servizio del povero e degli ultimi. Ma l’impegno che voglio sottolineare in questo articolo è a servizio delle donne “prostituìte”. Sto parlando di don Oreste Benzi.
Non conosceva orari, né ferie, né poteva permettersi di spegnere il cellulare. Così racconta di lui chi ha conosciuto don Oreste Benzi e ha avuto il dono di lavorare al suo fianco. Aveva giornate troppo corte, per la tanta messe che lo attendeva: è così quando si lavora sul serio nella Vigna del Signore. Nato il 7 settembre 1925 e morto il 2 novembre 2007 Benzi è stato uno di quei preti che i talenti ricevuti da Dio li ha fatti veramente fruttare, senza sprecare né tempo, né energie. La sua vita non la teneva per sé: sapeva che la vera felicità era servire gli altri. Sono davvero tanti gli aneddoti, le testimonianze, le opere meravigliose che si potrebbero riportare su questo sacerdote, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, attualmente servo di Dio per la Chiesa; ma vi avevo promesso (coerentemente con la missione di questo portale) che avrei raccontato in particolare del suo impegno nella difesa della dignità delle donne.
Don Oreste tra le «prostituìte»
Il più famoso apostolato di don Oreste ebbe inizio nel 1990. Col suo inconfondibile colbacco di pelo nero e il soprabito sopra la tonaca, iniziò ad avvicinarsi alle donne costrette alla prostituzione (non «prostitute», ci teneva a sottolineare, ma «prostituìte»: perché nessuna donna fosse identificata con la schiavitù di cui era vittima). Col suo sorriso vero e genuino, si presentava come sacerdote e, spesso, vedendo perlopiù straniere, domandava loro: «Do you love Jesus?». Molte dicevano di sì, anche piangendo. E a quante volevano seguirlo, proponeva un percorso di liberazione. Proprio così: si fermava ai bordi di quelle strade, come tanti altri, ma non per portare le ragazze in un hotel o in un angolo buio. Non le usava come bambole senza valore. Le ridonava a loro stesse, le aiutava a scoprire che erano troppo preziose per vivere così. In molti casi, ha anche aiutato delle donne che vedevano nell’aborto l’unica soluzione: prese per mano, sono state capaci di dire “sì” alla vita nata nel loro grembo. Tante, vedendolo fermarsi solo per tendere una mano, rimanevano sorprese: era possibile che un uomo si accostasse non per approfittare, ma per preoccuparsi, in modo gratuito e disinteressato, del loro bene? Rimanevano sorprese nel vedere che potevano anche essere amate. Per davvero. Che Dio renda anche me e te dei cristiani veri: credibili come don Oreste.
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Una lotta che gli costò perfino minacce di morte
Benzi, con coraggio, senza mai indietreggiare neppure di un millimetro (aveva preso alla lettera l’insegnamento di Gesù: “Il vostro parlare sia sì sì e no no”) svelò lo schiavismo che si celava dietro a questa pratica, denunciò lo sfruttamento, il dolore e la sofferenza di tante donne costrette a vendere il proprio corpo come una merce. Fu merito anche di don Oreste se il primo processo per riduzione alla schiavitù fu celebrato a Rimini, nel ‘96, dove una serie di ragazze nigeriane testimoniarono, a fianco dello stesso don Benzi, facendo arrestare 120 sfruttatori. A causa di questa battaglia don Oreste ricevette minacce di morte, ma neppure in quel caso si fermò. Gesù ci insegna a non temere coloro che possono uccidere il nostro corpo, ma piuttosto a temere ciò che può uccidere l’anima. E per Benzi, donare l’amore – quello vero, ad ogni costo, anche rischiando tutto – significava vivere. Cedere per paura significava morire, prima ancora di essere ucciso. Nel 1998 riuscì ad ottenere il riconoscimento dello status per la protezione di vittime di tratta, formalizzato nell’articolo 18 della legge 286. Due anni dopo questa legislazione fu adottata persino dalle Nazioni Unite, nel cosiddetto Protocollo di Palermo, e promossa in tutto il mondo come la miglior pratica contro la tratta di persone: si riconoscono da un lato delle vittime da proteggere, dall’altro dei clienti colpevoli di sfruttare la condizione di vulnerabilità delle donne. Certamente la lotta di Benzi non è finita. Per questo ci fa bene ricordare le parole di Anna, ex prostituta malata di Aids, pronunciate quando si presentò al cospetto di Giovanni Paolo II, accompagnata da don Benzi. Era il Giubileo del 2000, l’immagine fece il giro del mondo, divenendo una delle foto simbolo dell’Anno Santo: “Papà libera le bambine”.
Don Oreste: aiutaci a imitare Cristo come te
Pensare ad un uomo che dedica la sua vita a liberare donne dalla strada sembra quasi surreale, no? Purtroppo, siamo abituati ad ignorarle, quelle povere ragazze. Al massimo proviamo dispiacere per loro, ma poi passiamo oltre, certi che non si possa far nulla. O che comunque non spetti a noi. E invece si può fare di più. Si deve. Don Oreste è esistito. E ci è riuscito. Ha sciolto tanti lacci di Satana.
Da lassù, però, ora, ci provoca: cosa siamo disposti a fare noi? Che ci mostri lui, con la sua preghiera e il suo sorriso benevolo, come fare concretamente la nostra parte.
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