CORRISPONDENZA FAMILIARE

È tempo di suonare le campane della vita. Madre Teresa docet

15 Novembre 2021

Come mai il diritto alla vita è scomparso dal dibattito pubblico? Una carità che nasconde la verità finisce per favorire la menzogna. Non è stato così per Madre Teresa di Calcutta che non ha mai pesato le parole né ha scelto quelle più diplomatiche quando si parlava di aborto. 

Madre Teresa non aveva dubbi né seguiva le mode culturali, non aveva paura di dire ad alta voce quello che avrebbe potuto ferire i suoi interlocutori. Il 25 marzo 1979 scrive a Morarij Desai, Primo Ministro dell’India, una lettera aperta in cui denuncia la legge che autorizza l’aborto: “Signor Desai, il momento del vostro incontro faccia a faccia con Dio non è lontano (all’epoca l’uomo politico aveva 83 anni, ndr). Mi chiedo quale giustificazione potrete fornire per avere permesso la distruzione della vita del bambino innocente prima della nascita”. Anni dopo, dinanzi al Congresso degli Stati Uniti, parlò con maggiore asprezza: “Ogni nazione che accetta l’aborto non sta insegnando al proprio popolo ad amare, bensì a usare la violenza per raggiungere ciò che vuole”. Non pesa le parole né cerca quelle più diplomatiche. La verità non sopporta finzioni. 

La sua vita, tutta dedicata ai poveri di ogni colore e religione, le aveva dato un’autorità morale che dava una particolare credibilità alle sue parole. Non cercava consensi né applausi. Cercava solo di essere fedele al Dio della vita. Aveva ricevuto la vocazione di servire i poveri, i più poveri dei poveri, quelli abbandonati e scartati dall’umana società, quelli che danno fastidio. I bambini non ancora nati appartengono a questa categoria. Quella più infima perché invisibile; e quella più minacciata perché la Legge autorizza la loro soppressione. 

Nel corso della sua lunga e feconda vita tante volte Madre Teresa ha elevato la voce in favore dei bambini in attesa di nascere; ed ha compiuto scelte precise per difenderli dagli abusi di una società che ha fatto dell’aborto un diritto della civiltà. Eppure questo impegno resta nascosto. Come ha fatto notare Pier Giorgio Liverani, Madre Teresa ha ricevuto 124 premi o riconoscimenti da parte di governi e istituzioni pubbliche: le motivazioni parlano del suo impegno per la pace e la giustizia, mettono in luce l’impegno per i poveri e il dialogo interreligioso, ma in nessun caso – nessuno! – accennano alla campagna per la vita nascente. Eppure si tratta di un capitolo centrale e decisivo. Tant’è vero che nel corso della cerimonia in cui ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace, dinanzi ad un pubblico sconcertato, ha detto che “l’aborto è il vero nemico della pace”. 

Parole durissime che colpiscono al cuore una cultura che esalta la solidarietà ma uccide i bambini innocenti quando non sono desiderati. Parole che oggi nessun cattolico di prestigio è disposto a ripetere, tanto meno quelle persone e/o associazioni che hanno acquisito fama e consenso grazie al loro impegno caritativo e che non intendono perdere benefici e vantaggi parlando di quello che contrasta con i diktat del Potere mediatico. Una carità che nasconde la verità finisce per favorire la menzogna, diventa complice di quella cultura che fa della solidarietà la bandiera di un’antropologia in cui Dio appare del tutto ininfluente. 

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Madre Teresa è l’icona fedele di un Dio che ama tutti e non abbandona nessuno, la sua testimonianza esprime nella forma più completa il Vangelo della carità che riconosce in ogni uomo l’immagine di Dio e s’impegna a custodire la sua dignità, non importa se sono bambini ancora nascosti nel grembo materno o moribondi abbandonati nelle strade di Calcutta o mendicanti che vivono nei bassifondi delle nostre periferie. Madre Teresa denunciava la spesa per accrescere l’arsenale militare: “Dateli a me i soldi che sciupate per le armi. Saprei bene come usarli”. Con la stessa tenacia condannava l’aborto: “Noi combattiamo l’aborto con l’adozione. Così salviamo migliaia di vite. […] Vi preghiamo di non uccidere i bambini, dateli a noi, ci prenderemo cura di loro”. 

La vita di un essere umano non perde il suo valore e i suoi diritti. Mai e in nessun caso. Il Vangelo chiede di amare sempre e comunque. È questo lo specifico contributo che il cristianesimo può e deve dare all’umana società. E dobbiamo fare di tutto per custodirlo, specie in questo tempo in cui l’etica solidale è affetta da una grave patologia che ingrandisce alcuni problemi e minimizza altri.

Il diritto alla vita è scomparso dal dibattito pubblico. Almeno in Italia. Come se fosse un problema risolto. E se qualcuno prova a parlarne, trova subito il muro dell’autodeterminazione della donna, innalzata come un intoccabile diritto divino. E così una volontà soggettiva s’impone sul valore oggettivo della vita. Difficile non vedere in tutto questo il trionfo più sfacciato della menzogna. Il credente sa chi è il “padre della menzogna”. Un impegno a favore della vita nascente non solo si oppone ad un’oggettiva ingiustizia e non solo difende la dignità della persona ma contrasta efficacemente l’opera del maligno. Questa consapevolezza dovrebbe suscitare un maggiore impegno da parte della comunità ecclesiale. I santi lo hanno capito ed hanno agito. Meglio seguire le loro orme e rischiare il linciaggio mediatico che vivere placidamente nelle fila di un cattolicesimo che insegue le mode e perde la sua identità. 

Lo scorso 27 ottobre, prima della consueta Udienza del mercoledì, Papa Francesco ha benedetto due campane, realizzate dalla Fondazione polacca “Sì alla vita”, che hanno il compito di ricordare il valore della vita nascente. Il Santo Padre ha voluto accompagnare il gesto con parole significative, che ovviamente non hanno trovato spazio sulla stampa: “Che il loro suono annunci al mondo il Vangelo della vita, desti le coscienze degli uomini e il ricordo dei non nati. Affido alla vostra preghiera ogni bambino concepito, la cui vita è sacra e inviolabile”. È tempo di far suonare le campane della vita. Senza paura di disturbare qualcuno.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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