Voglio essere “Gesù in borghese” come Sandra Sabattini
Mi sono ritrovata alla cerimonia di beatificazione di Sandra Sabattini quasi per caso, anche se a me piace vederci una mano della Provvidenza, visto che esserci si è rivelata una vera e propria grazia.
Non credevo di trovare posto (l’anno scorso avevo tentato di andare a quella di Carlo Acutis, ma i pass si erano esauriti in pochissimo tempo) e stavolta, lo ammetto, non ci ho nemmeno provato (“Andrò in cattedrale più avanti: do la precedenza alle persone del posto, alla sua numerosissima comunità, saranno in tanti a volerla festeggiare…”). E invece, circa 10 giorni prima della beatificazione di Sandra Sabattini che si è svolta domenica 24 ottobre, nella cattedrale di Rimini, mi ha chiamato mia sorella, dicendomi che un’amica aveva prenotato dei posti in più e ce ne erano alcuni liberi. “Vuoi venire? Perché devo farlo sapere subito!”. Ho detto di sì senza pensarci due volte, entusiasta. Anche mio marito era contento di venire. Abbiamo deciso di fare quel breve pellegrinaggio da soli, come sposi, lasciando i bimbi con i nonni. La prima grazia è stata che, a quanto ci hanno detto, non hanno litigato neppure una volta in 8 ore (torneremo spesso da te, Sandra, sappilo!). La seconda grazia è stata immergersi in un clima di preghiera profondo, autentico, direi toccante. Una piccola esperienza di Paradiso. Lo sguardo radioso di Sandra mostrato dal grande maxischermo, ti interpellava, ti scuoteva, ti faceva pensare: “Davvero la vita non finisce, quel sorriso c’è ancora”. Questo è uno dei ricordi più nitidi che porto con me: la sensazione forte che eravamo riuniti per festeggiare una persona viva.
Sandra: una giovane per i giovani
Mi ha colpito vedere tanta gente (dovutamente distanziata) anche fuori dalle transenne: persone di ogni età, tra cui adolescenti capaci di vivere con intensità quel momento. È stata proprio un’iniezione di speranza osservare intere comitive di adolescenti in grado di pregare, di inginocchiarsi. In particolare, mi ha colpito, prima della cerimonia, un gruppo di ragazzi sui 14 anni che arrivava cantando forte lungo la strada: “Alleluia, alleluia… alleluia, alleluia… alleluia, alleluia, alleluia!” e poi vederli accanto a me, durante la cerimonia, raccolti in silenzio, ad ascoltare la Parola di Dio e le meraviglie che Cristo ha compiuto in Sandra. Davvero il Signore non lascia la sua Chiesa: continua a nutrirla, a rinnovarla. Ho pensato che questa beata può aiutare proprio i ragazzi, le nuove generazioni, poiché, con un ardore tutto giovanile, è stata mite ma combattiva, gracile ma forte, umile ma caparbia, attenta e generosa, seppur consapevole dei suoi limiti.
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Ma cosa ha fatto Sandra di speciale?
Si è lasciata fare da Dio. Lei diceva proprio questo: che la fede è lasciarsi fare. La sua grandezza risiedeva nella piccolezza. Sapeva di non essere la protagonista delle opere di Dio, ma solo uno strumento nelle sue mani. Ha speso la vita nella comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, il sacerdote ora servo di Dio che si è prodigato per aiutare in tutti i modi disabili, tossicodipendenti, prostitute. Sandra credeva che la vita avesse senso solo se messa al servizio degli altri, i poveri, gli ultimi. Prima della cerimonia, un sacerdote ha letto una testimonianza scritta proprio da don Oreste. Egli stimava moltissimo Sandra e raccontava questo episodio. La mamma si lamentava che la ragazza stesse poco in casa, dedicando tanto tempo al servizio, Sandra allora le ha risposto: “Dovresti ringraziare il Signore che hai fatto una figlia per la società”. Per lei nulla era più brutto dell’egoismo, della vita spesa solo pensando a sé stessi. “C’è inflazione di buoni cristiani – scriveva – ma il mondo ha bisogno di santi”. E così, si nutriva di Gesù. Poi dava, dava, dava, fino a – testuali parole pronunciate da lei dopo il ritorno da una vacanza coi disabili – “spaccarsi le ossa”. Sandra è la prima beata fidanzata, perché quando è morta era fidanzata con Guido, col quale condivideva proprio la dedizione verso i più bisognosi. In un mondo dove si pensa che basti essere “due cuori e una capanna”, loro si dedicavano al prossimo insieme. Sandra sognava di partire con lui, missionaria in Africa.
Un modello irraggiungibile?
Di fronte alla sua generosità potremmo sentirci quasi in soggezione. Eppure, Sandra era davvero una di noi. Non lo dico tanto per dire, ma perché, avendo letto il suo diario personale, edito da Sempre Editore, si vede tutta l’umanità di Sandra, oltre che la sua profondità. Anche lei aveva le sue giornate no, anche lei non capiva sempre i piani del Signore sulla sua vita, anche lei a volte pensava male degli altri e ne soffriva, anche lei sperimentava il dramma dell’ipocrisia, la fatica di essere coerente, anche lei si disperava per la morte di un amico (benché credesse nella Resurrezione), anche lei doveva lottare col suo egoismo per amare di più. Mentre aspettavamo l’inizio della cerimonia, mi sono voltata verso mia sorella e, ricordando tutte le fatiche di Sandra lette sul suo diario, le ho detto: “Sandra ha fatto cose meravigliose perché era di Dio. Non siamo qui a osannare una specie di aliena, ma a lodare Dio per quello che ha fatto in una creatura limitata come tutti noi…”
Non basta pregare un santo… bisogna imitarlo!
La cerimonia – presieduta dal cardinale Marcello Semeraro – è stata sobria e solenne, si addiceva alla personalità di Sandra: gioiosa, ma rispettosa del mistero. Capace di cantare, di fare comunità, di scherzare, ma anche di immergersi nella preghiera e nella contemplazione di Dio. Presente ed emozionato il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi, che ha definito la giovane beata “un grande dono per la diocesi” e ha invitato tutti i presenti non tanto ad adularla, quanto ad imitarla. “Non parliamo solo di lei e con lei, da oggi in poi ma lasciamo anche che lei parli a noi con il suo esempio”, ha detto. Mentre stavo per ricevere la comunione, mentre il Corpo di Cristo stava fisicamente per entrare dentro di me, ho chiesto di poter anche io, con i miei limiti, imitare Sandra e ho sentito una cosa nel cuore: che ognuno di noi può diventare nel mondo “Gesù in borghese”. Lui si nasconde dentro di noi, abita in noi, opera attraverso di noi. Vuole usare le nostre mani, proprio come ha usato quelle di Sandra, per rivoluzionare il mondo. A noi non resta che prestarle. Sandra, aiutaci a farlo veramente.
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