CORRISPONDENZA FAMILIARE
Giovanni Paolo II, amico dei giovani
18 Ottobre 2021
Da dove nasce l’attenzione di san Giovanni Paolo II per i giovani? È bello pensare che ciascuno di noi impara dagli altri e, a sua volta, insegna agli altri. Siamo tutti discepoli e maestri. E anche papa Wojtyla aveva un maestro. Il suo nome? Jan Pietraszko.
Quel 16 ottobre 1978 piazza san Pietro fu come attraversata da un vento impetuoso, lo stesso di cui parla il libro degli Atti per descrivere la Pentecoste. I cardinali avevano eletto Papa il giovane arcivescovo di Cracovia: Karol Wojtyla. Un Papa giovane, il primo non-italiano dopo più di quattro secoli ma soprattutto un uomo che veniva dall’Est, figlio di una Nazione che aveva fatto della fede la roccia incrollabile e di un popolo che aveva difeso la fede tra mille difficoltà, non ultima quella dell’ideologia comunista che voleva estirpare la fede dal cuore dell’uomo.
Giovanni Paolo II è stato per me padre e maestro. E non solo per ragioni cronologiche. Quando è stato eletto Papa, avevo 18 anni, sono entrato in seminario due anni dopo. Durante il corso degli studi e nei primi anni del ministero sacerdotale poteva essere scontato trovare in lui un chiaro riferimento sul piano dottrinale, anche per sfuggire al dedalo delle opinioni che – allora come oggi – imperversavano nella riflessione teologica. In quegli anni così preziosi in cui si forma il pensiero e la coscienza stessa del proprio ministero, ho avuto la grazia di scegliere Papa Wojtyla come riferimento essenziale. E non solo perché era il Papa che Dio aveva scelto per la sua Chiesa ma anche perché aveva un particolare carisma che affascinava soprattutto i giovani. Proclamava con chiarezza la verità di Dio ma sapeva anche chinarsi con amore sulle ferite dell’umanità. Nel suo magistero Dio e l’uomo sono indissolubilmente congiunti in Cristo, Figlio di Dio e Redentore dell’uomo.
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Giovanni Paolo II ha promosso con speciale cura il ruolo della famiglia nella vita ecclesiale. E lo ha fatto con molteplici interventi. È un tema che tante volte abbiamo sottolineato. A buon diritto possiamo proclamarlo patrono della famiglia. Non va dimenticato tuttavia che il suo amore per la famiglia nasce nel solco della pastorale giovanile. In effetti, prima di diventare vescovo (all’età di 38 anni!), tutto il suo ministero era svolto in mezzo ai giovani universitari, sia come cappellano che come docente.
In un’interessante e documentata relazione intitolata “Jan Pietraszko, maestro di Karol Wojtyla” e presentata anni fa nel corso di un convegno organizzato dall’Istituto Giovanni Paolo II, Ludmilla Grygiel mostrava che il giovane don Karol aveva imparato da Jan Pietrasko (1911-1988), più anziano di alcuni anni e oggi Servo di Dio. Il regime comunista aveva sciolto tutte le organizzazioni cattoliche e costringeva perciò a ripensare daccapo la vita ecclesiale, la trasmissione della fede non poteva avvenire attraverso i canali ordinari, rigidamente controllati dalla polizia. Il giovane don Pietrasko non si chiude in sacrestia e non abbandona i giovani. Con responsabilità e genialità conduce un’attività che non può essere impedita, costruisce un’amicizia con i giovani, con loro prega e si diverte. Un’azione capace di portare frutti abbondanti nonostante le restrizioni del regime. Ha detto di lui il prof. Stanislaw Grygiel: “Pregava con noi, pranzava con noi, meditava con noi, si divertiva con noi. Guardandolo, vedevamo in lui un modo affascinante di essere nel mondo. Affascinati, cercavamo la sorgente dalla quale egli, in ginocchio, attingeva l’acqua”.
In questo solco si muove anche Karol Wojtyla. È stato lo stesso Giovanni Paolo II a riconoscerlo come suo maestro: “Ti ringrazio di avermi mostrato la strada verso la gioventù universitaria”, gli disse un mese dopo l’elezione. È bello pensare che ciascuno di noi impara dagli altri; e a sua volta insegna agli altri. Siamo tutti discepoli e maestri. Dio è l’origine ma tutto passa attraverso di noi, attraverso la nostra docilità nell’apprendere e la nostra responsabilità nel donare agli altri.
In Varcare le soglie della speranza (1994), il libro-intervista in cui Giovanni Paolo II racconta la sua vita, leggiamo: “I dubbi e le domande dei giovani hanno indicato la via anche a me”. Stando con i giovani ha compreso l’importanza dell’esperienza affettiva, la parola amore gli faceva pensare a quel misterioso legame che unisce i due giovani e che crea la famiglia. È nata così quella particolare sensibilità che lo ha poi accompagnato in tutto il suo lungo e fecondo ministero, compreso quello che ha svolto come vescovo di Roma.
In quei primi anni del suo ministero ha compreso quanto sia importante e decisiva l’esperienza affettiva nella stagione giovanile. Nasce qui l’attenzione all’amore coniugale e alla famiglia. Quella prima esperienza ha dato una particolare impronta a tutta la sua vita. Nei giorni del grande Giubileo, malgrado l’età avanzata e la grave malattia, ricordava ai giovani questo proverbio polacco: “Se vivi con i giovani, dovrai diventare anche tu giovane”. Aveva ragione. E chi vive di Dio resta per sempre giovane perché la vita divina non si consuma. All’intercessione di questo grande Papa affidiamo la Chiesa in un tempo in cui tante ombre possono soffocare l’ingenuità e l’audacia della fede. E chiediamo la grazia di saper donare ai giovani una parola che non accarezza i sensi ma riscalda il cuore.
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