La Chiesa è una sposa fede. Una madre premurosa e attenta. Le sue parole e i suoi gesti comunicano l’amore di Dio. Spesso vaghiamo come sonnambuli nella nostra vita cercando chissà quale segno da Dio. Ma i segni della sua presenza sono ben visibili attraverso le parole e i gesti della liturgia. Solo che non siamo attenti. Siamo come quegli amanti smemorati che presto dimenticano le parole dell’amato.
Nel Rito del matrimonio tutte le attenzioni sono rivolte alle parole che i due fidanzati si scambiano nella promessa nuziale. Parole dense di significato, parole da depurare da tutto il romanticismo da telenovelas. Parole che conosciamo a memoria ma che dovremmo approfondire nel loro significato sacramentale. Ma quella promessa si conclude e non è opzionabile, con le parole che il sacerdote pronuncia mettendo la sua mano sopra quella stretta degli sposi. “Il Signore onnipotente e misericordioso confermi il consenso che avete manifestato davanti alla Chiesa e vi ricolmi della sua benedizione”.
Il presbitero invoca innanzitutto il Signore e lo definisce onnipotente e misericordioso. La Chiesa invita gli sposi a non aver paura, a non temere neppure la propria debolezza e l’intrinseca fragilità dell’amore umano. Dio è con noi. La sua misericordia accompagnerà i passi degli sposi. Se ciascuno fa esperienza della misericordia, s’impegnerà ad essere segno di misericordia. Le inevitabili cadute che fanno parte dell’amore umano e sono prevedibili in ogni matrimonio possono e devono trovare una sorgente di grazia nella fede, nell’amarsi come Dio ci ama. E Dio è misericordia infinita.
Il presbitero poi chiede al Signore di confermare il consenso che gli sposi hanno manifestato. “Confermi il consenso che avete manifestato davanti alla Chiesa”. Che cosa vuol dire confermare? Credo che questo verbo sia uno dei più belli da declinare nell’esperienza dell’amore e dell’amicizia. Confermare vuol dire rendere fermo un proposito, generare a vita nuova, ricordare che la fonte di tutto è Dio. È a Lui che si può ritornare tutte le volte in cui perdiamo la bussola del viaggio.
Infine il sacerdote chiede a Dio di ricolmare quella nuova famiglia di ogni benedizione. “Vi ricolmi della sua benedizione”. Questa invocazione ci riporta alle origini della creazione, a quella prima benedizione che Dio rivolge all’uomo e alla donna per comunicare la grazia della fecondità: “Li benedisse e disse loro. Siate fecondi” (Gen 1,28). Abbiamo bisogno di questa benedizione per vivere la fecondità di sposi. Che non si limita solo alla fertilità biologica. La famiglia, ogni famiglia porta nella società, nella Chiesa la sua capacità generativa. Una famiglia vive e insegna l’arte dell’accoglienza, è culla della vita, è maestra di relazioni. È benedizione per gli altri fratelli.
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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