“Proteggiamo i nostri figli dall’ideologia”, parola della ministra ungherese…
Nel dibattito sulla propaganda legata all’ideologia gender, spunta spesso il modello ungherese. Ma cosa prevede tale modello? Ce lo dice la ministra Judit Varga: “È diritto dei genitori, non di Bruxelles, occuparsi dell'educazione dei propri figli. È un diritto garantito dalla Carta europea, vogliamo proteggere i nostri bambini e le nostre scuole dalla propaganda LGBT”.
In una lunga intervista di Alberto Simoni sul quotidiano La Stampa il 23 luglio scorso la ministra ungherese Judit Varga, 40 anni, laureata in Giurisprudenza capace di negoziare in inglese, tedesco e francese, spiega con lucidità e chiarezza la posizione del governo ungherese sulla legge a tutela dell’infanzia votata a larga maggioranza a fine giugno.
La ministra non si lascia mettere all’angolo e risponde punto su punto e commenta: «La pressione della lobby LGBTQ sembra essere più importante per le istituzioni Ue della tutela delle minoranze nazionali o della lotta all’antisemitismo». «A giugno ci hanno concesso solo una settimana per rispondere prima di iniziare la procedura. Non era né elegante né corretto. Solo una settimana per rispondere a una lettera di conforto che includeva una lunga serie di obiezioni. Privano semplicemente un paese del diritto di difendersi non dando abbastanza tempo per rispondere. È stato un gesto politicamente motivato e inedito e già orientato nell’esito». Alla domanda “Cosa farete se la Commissione non accetta le vostre risposte?” la Varga risponde: «Rimuovi il se. La Commissione non accetterà le nostre spiegazioni, anzi, ricatta Budapest solo perché la legge difende i minori e garantisce i diritti dei genitori. Hanno pregiudizi, le loro decisioni sono prestabilite e motivate politicamente, basta guardare la relazione sullo stato di diritto», e quindi «Siamo pronti a difendere la nostra causa presso la Corte di giustizia europea. Ovviamente la Commissione probabilmente non sarà contenta, poiché è sotto la pressione della lobby LGBTQ».
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Quindi la legge non cambierà? incalza il giornalista. «No, la modifica o il ritiro della legge non è all’ordine del giorno». «È diritto dei genitori, non di Bruxelles, occuparsi dell’educazione dei propri figli. È un diritto garantito dalla Carta europea, vogliamo proteggere i nostri bambini e le nostre scuole dalla propaganda LGBT». All’obiezione se il suo atteggiamento sia discriminatorio la Ministra risponde «No. Innanzitutto ci tengo a sottolineare che stiamo parlando di minorenni, under 18, spesso ci dimentichiamo. Non c’è discriminazione in Ungheria contro le minoranze, etniche o omosessuali. Ma i minori vanno protetti dalla propaganda». La definisce “propaganda” perché «L’Unione Europea vuole imporre un modello educativo e il suo atteggiamento tocca la libertà. Sono i genitori e non è responsabilità dell’Europa decidere che tipo di educazione dare ai loro figli. L’UE si muove senza conoscere i fatti e il diritto. Non è assolutamente vero che non si possa parlare di omosessualità nelle scuole o nei libri. Diamo informazioni come in qualsiasi altro paese. Quello che la legge proibisce è – ripeto – fare propaganda, portando attivisti LGBT nelle nostre scuole. Quindi solo le Ong registrate possono entrare nelle scuole e negli asili, e il genitore deve conoscere e approvare il contenuto, che deve essere obiettivo, neutrale e imparziale». Non poteva mancare il confronto con ciò che sta succedendo in Italia ma la Ministra ripete «C’è una lobby di genere che cerca e pretende i propri spazi a discapito della libertà degli altri. Libertà significa anche che ci sono limiti al suo esercizio. L’ideologia di genere è un’idea, non è una legge, non è una norma. Inoltre, non si tratta di una questione isolata: vedi ad esempio la Lituania, la legge è ancora più severa vietando qualsiasi tipo di educazione sessuale che contraddirebbe il concetto di famiglia di quella in costituzione e non vengono criticate».
E ancora «Noi basiamo la nostra politica sui fatti, perché su temi molto importanti chiediamo ai cittadini di dire quello che pensano. Lo facciamo lanciando una cosiddetta Consultazione Nazionale. Lo abbiamo fatto sull’immigrazione qualche anno fa e hanno risposto 2,3 milioni. Quindi possiamo dire che ciò che il governo rappresenta in Europa rispecchia veramente l’opinione della gente in Ungheria. Questo è il motivo per cui lanceremo un referendum su 5 questioni relative alla legge sulla protezione dell’infanzia. Che siano gli ungheresi a decidere come crescere i bambini ungheresi!» e «Nessuno è contro l’UE. Uniti nella diversità significa che non esiste una soluzione valida per tutti. È una posizione legittima, e come tale il ricorso al veto – ad esempio sulla questione del Recupero (ndr) – è legittimo strumento previsto dai Trattati. Ciò che è interessante è che quando la Francia usa il suo veto, è “business as usual”, ma quando la Polonia o l’Ungheria usano un veto, è considerato un peccato. Questo è doppio standard. I media dell’Europa occidentale alimentano questi pregiudizi, esagerano e generano un’atmosfera in cui sei dipinto come un “enfant terrible” dell’Europa. Per bilanciare ciò, cerco di essere molto attivo sui social media e cerco di rilasciare molte interviste per spiegare la realtà, ma i media internazionali, l’80% dei quali sono liberali, raccontano una realtà diversa. La gente deve conoscere la verità».
Ed infine alcuni dati non conosciuti sull’Ungheria… «Quella di un Paese dove la crescita del Pil è tra le più alte d’Europa, dove i numeri della disoccupazione erano estremamente bassi prima della pandemia, dove le persone sono soddisfatte e hanno una buona qualità della vita ricevendo sussidi alle famiglie, sostegno alle Pmi. Quindi, per quanto le persone sentano che è bello essere ungheresi, non mi interessa davvero cosa pensano gli altri di noi. Riassumendo: l’Ungheria non ha mai voluto uscire dall’Ue, ma sappiamo che l’Unione europea può essere forte solo se composta da Stati membri forti che cooperano sulla base del rispetto reciproco».
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