Festival della Teologia
Premio Incontri 2021 a Gianluca Guida: la giustizia del Buon Samaritano
di Vito Rizzo, giurista
Quest’anno il “Premio Incontri” nel contesto del Festival della Teologia che partirà il prossimo 24 luglio, va al Direttore del Carcere Minorile di Nisida, Gianluca Guida. Perché? La sua vita è dedicata a restituire una speranza ai giovani inghiottiti dalla delinquenza.
Fratelli tutti. Lo ripete continuamente Papa Francesco, e prima di lui il Santo di Assisi da cui ha preso il nome, e prima ancora Gesù, cui entrambi ispirano la loro azione. E non sono i soli. Essere cristiani è un impegno a vivere la fraternità nel nostro quotidiano. Il Papa ce lo ha ripetuto anche nella sua ultima Enciclica sociale e per comprenderne meglio le dinamiche ci ha proposto l’icona biblica del Buona Samaritano: il viandante che si fa prossimo della vita ferita per prendersi cura dell’altro.
È questo lo slancio che fa del Direttore del Carcere Minorile di Nisida Gianluca Guida un testimone del Vangelo nella dura realtà del carcere. Nell’anno in cui il tema del Festival della Teologia è la Giustizia, a lui il premio per il suo impegno e per l’esperienza di umanità che si fa quotidianamente nel carcere minorile.
Dopo che nell’edizione 2019 sul tema della vita la scelta era caduta su Marina Casini Bandini, Presidente Nazionale del Movimento per la Vita e nel 2020, sul tema della donna, su Antonia Salzano mamma del Beato Carlo Acutis, quest’anno il riconoscimento va a una figura impegnata a ridonare a giovani vite ferite dalla delinquenza l’opportunità di un percorso di conversione umana che sia in grado di offrire a loro stessi e alla comunità un nuovo inizio.
Gianluca Guida, dunque. Classe 1967, sposato e padre di due figli, dopo la Laurea in Giurisprudenza e l’abilitazione alla professione forense, entra nelle fila del Ministero della Giustizia come dirigente penitenziario e dal 1999 è Direttore del Carcere minorile di Nisida. Ma qual è la ragione del premio teologico? A Nisida i ragazzi vengono trattati come persone e non come un numero, offrendo uno stile di vita, un modello culturale che sia alternativo a quello che ha portato alla devianza. Come spiega lo stesso Guida, «non è tanto il dire “non rubare”, “non uccidere”, ma mettere in condizione di fare una scelta di vita diversa, che non abbia come unico sbocco il furto, la rapina, l’omicidio…»
Un percorso complesso, perché bisogna lavorare, soprattutto negli adolescenti, sulla fascinazione immediata e molto forte che in certi contesti assume il modello criminale. Il carcere serve a ricostruire un’identità di persona nuova, libera da quei modelli indotti, offrendo delle alternative che sappiano mettere al centro la persona, la giustizia, la dignità, il bene, l’amore per sé e per gli altri. È fare giustizia nel senso pieno della stessa tradizione biblica, è applicare il Vangelo.
L’esperienza di vita che si offre a Nisida è quella di mettere al centro il giovane che si trova a pagare per il suo crimine, donandogli quelle attenzioni che troppo spesso la famiglia e la società gli negano.
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Come illustra lo stesso Guida il primo passo «è restituire valore alla buona educazione e alle buone maniere, che vuol dire restituire valore al rispetto reciproco tra le persone, vuol dire rinunciare a educare i nostri ragazzi all’antagonismo e alla prevaricazione, alla violenza di sopraffazione. Ricomporre relazioni che nutrono. Restituire il diritto al bello, perché nel degrado fisico e morale non potrà mai germogliare benessere. Restituire dignità all’individuo nel riconoscimento della responsabilità, sociale o penale che sia, affinché questa non si trasformi in una forma di punizione frustrante ma sia un’occasione risocializzante. Restituire significato alla parola “dovere” quale espressione di impegno alla cura vicendevole. Sostenere in modo concreto ed efficace le persone – quelle che resistono, quelle che potrebbero sbagliare e quelle che hanno sbagliato ma vogliono recuperare – nel loro innovato sforzo, nelle sfide che la società moderna gli impone. Restituire dignità al lavoro e alle relazioni che attorno a questo si generano, quale strumento privilegiato per la promozione umana e sociale di ciascun individuo».
È così che Gianluca Guida, e con lui gli appassionati interpreti del “modello Nisida”, si fanno, di ciascun ospite, compagni di viaggio. Offrendo l’opportunità di trovare nell’adulto un punto di riferimento in grado di aiutare ciascuno, passo dopo passo, a rimettersi in cammino. Sono esperienze che interrogano anche gli stessi operatori, a confronto con profonde ferite e con la difficoltà tante volte di aprire una breccia di dialogo nei muri del rifiuto. Andare al cuore della devianza che ha portato al carcere per provare a cambiare dal di dentro le ragioni che hanno spinto a delle scelte sbagliate.
L’altra grande responsabilità che vive Gianluca Guida è quella di rappresentare uno Stato che sia credibile agli occhi di questi ragazzi. Giovani che non si fidano dello Stato, che non si sentono parte dello Stato, che vivono lo Stato come un nemico. Recuperare un rapporto interrotto, superare una percezione sbagliata, correggere, anche da parte dello Stato, un atteggiamento di esclusione e di lontananza.
Infine, sembra paradossale, ma nel carcere di Nisida ai giovani viene offerta l’opportunità di “essere giovani”. Ricordarsi e fare ricordare anche a loro che sono innanzi tutto degli adolescenti, che hanno il diritto di relazionarsi al di là dei ruoli, delle aspettative, dell’ambizioni, del doversi pesare, del doversi confrontare come ogni ragazzo, con leggerezza, con spensieratezza, quella che troppo spesso gli viene negata per farsi adulti troppo presto. Una giustizia quindi che sia innanzitutto recupero di una relazione, ben oltre l’obbligo sanzionatorio. Che è poi la giustizia che Dio cerca di far vivere nel cuore di ciascun uomo. Una giustizia che aiuti a prendere coscienza del male per convertire il cuore di pietra in un cuore di carne (Ez 36, 26-27).
Gianluca Guida ci prova nella quotidianità del suo impegno missionario a servizio della giustizia, dei giovani, della società e del Vangelo. Sacerdote, Re e Profeta come ciascun battezzato è chiamato ad essere nel nome di Dio, quel Dio incarnato che è principio e compimento dell’umanità redenta.
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