Suor Maria Laura Mainetti

Cosa vuol dire essere martiri? L’esempio di Suor Maria Laura Mainetti…

di Ida Giangrande

È stata uccisa 21 anni fa durante un rituale satanico. Oggi, suor Maria Laura Mainetti, è beata. Cosa dice la sua testimonianza alla società e ai giovani?

Nel vocabolario contemporaneo sono tante le parole quasi del tutto scomparse o confinate in una zona che definirei borderline. Una di queste è la parola martire l’altra è consacrazione. Nella storia della Chiesa, martirio e consacrazione hanno un valore e un posto speciale che oggi, la Chiesa stessa, ci chiama a riscoprire attraverso l’esempio di suor Maria Laura Mainetti

Era il 6 giugno del 2000 quando suor Maria Laura fu brutalmente uccisa a colpi di pietra e con 19 coltellate da tre ragazze minorenni nel contesto di un rituale satanico. A distanza di 21 anni è stata proclamata beata, dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi. 

La Celebrazione si è svolta sabato 5 giugno, nello Stadio comunale di Chiavenna, in provincia di Sondrio, dove la religiosa appunto fu uccisa. La Santa Sede ha riconosciuto che quello di suor Maria Laura morta all’età di 61 anni, è stato martirio in odium fidei. Le tre ragazze, infatti, avevano progettato di sacrificare al demonio una persona consacrata, il che ci deve indurre a riflettere sul valore della consacrazione verginale agli occhi di Dio, aspetto della fede che, oggi come oggi, sembra essere sempre più marginale. 

È singolare anche il modo in cui l’agguato è avvenuto. Una delle ragazze telefonò al convento di suor Maria Laura dicendole che era rimasta incinta dopo essere stata abusata per questo voleva abortire e aveva bisogno di aiuto. La religiosa, che ha dedicato tutta la sua vita ai giovani, voleva evidentemente impedire un aborto e aiutare la ragazza, si recò subito sul luogo dell’appuntamento dove invece trovò la morte. Mentre moriva ebbe la forza di perdonare le sue assassine. Oggi tutte e tre sono libere già da diverso tempo dopo aver scontato circa la metà delle pene alle quali sono state condannate. Agli investigatori le tre ragazze dissero di aver commesso l’omicidio nel nome di Satana e, molto tempo dopo, una di loro raccontò che il delitto fu deciso per noia davanti a una birra nel bar del paese. Il Papa circa suor Maria Laura ha sottolineato che “proprio lei che amava i giovani più di ogni cosa, e ha amato e perdonato quelle stesse ragazze prigioniere del male, ci lascia il suo programma di vita: fare ogni piccola cosa con fede, amore ed entusiasmo”.

La storia di suor Maria Laura, al secolo Teresina Elsa, è molto semplice. Era nata a Colico, in provincia di Lecco, il 20 agosto 1939. Rimasta orfana di madre, si prese cura di lei la seconda moglie del padre. Nel 1950 iniziò un periodo di aspirantato tra le Figlie della croce e, nel 1957, entrò nel postulantato a Roma. Concluso il noviziato, il 15 agosto 1959 emise la professione temporanea e, il 25 agosto 1964, quella perpetua. Fu insegnante, educatrice di molti giovani e studentesse e punto di riferimento spirituale per tante persone.

Il Cardinale Semeraro ha ricordato l’impegno di suor Maria Laura: “Bambini e giovani, ammalati e anziani, adulti e persone in difficoltà: lei c’era sempre, sorridente e discreta. Nella sua vita insegna, educa, catechizza, ma è accanto soprattutto ai giovani che vivono momenti difficili e che lei considerava tra i più poveri perché facilmente influenzabili disorientati, sradicati, fragili, plagiati. Lei ha creduto nei giovani fino a dare la vita per loro. Non perdeva occasione per conoscere il loro mondo, il loro linguaggio, la loro cultura. Fra le tante testimonianze degli stessi giovani, a questo riguardo, eccone una: “In un periodo tremendo in cui non avevo famiglia, lei è stata l’unica persona che mi ha amatoaccudito. Ha passato le notti accanto al mio letto, mentre piangevo disperata, non mi ha mai abbandonata, ha creduto in me”.




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