Diventare genitore Liti nella coppia: come restare buoni genitori e proteggere i figli? Autore articolo Di Giovanna Pauciulo Data dell'articolo 6 Aprile 2021 Nessun commento su Liti nella coppia: come restare buoni genitori e proteggere i figli? di Giovanna Pauciulo La relazione genitoriale è l’alveo in cui cresce e matura il figlio, ma questa risente inevitabilmente degli effetti della relazione coniugale, ecco perché vigilare sul benessere della coppia è uno dei primi modi per voler bene ai figli. Può accadere che nonostante gli sforzi la conflittualità faccia capolinea. E allora? Come restare buoni genitori e proteggere i figli? La prima esperienza umana è l’alterità. Quando un bimbo nasce non è ancora in grado di definire sé stesso, non sa dire “io” ma fa esperienza del “tu” che lo accoglie, lo nutre e se ne prende cura: la madre, il padre, i familiari. È così che pian piano l’essere umano cresce e si sviluppa. All’interno di una relazione affettiva stabile e duratura, ogni bambino riceve il necessario non soltanto per la sussistenza fisica e materiale ma riceve anche tutti quei contenuti e valori razionali, affettivi e spirituali che gli servono per diventare l’uomo di domani. Il comando “siate fecondi” (Gen 1,28), che Dio affida alla coppia all’inizio dei tempi, non si esaurisce nella generazione dei figli ma investe tutta la vita coniugale e familiare, è come il paradigma di un’esistenza tutta spesa per generare vita, in tutte le possibili forme. La procreazione è solo il primo passo di una più ampia fecondità. Generare nella carne trasforma i due amanti in genitori. Eppure dare la vita, non significa soltanto generare un figlio ma consumare la propria esistenza per offrire ai propri figli la possibilità di diventare adulti. L’impegno educativo inizia nel tempo della gravidanza e accompagna, con diverse modalità e diversa intensità, tutte le fasi della vita. Le forme della genitorialità cambiano a seconda delle stagioni ma rimane il desiderio e l’impegno di stare accanto ai figli per trasmettere le ragioni della vita. Non bisogna dimenticare questo dato perché descrive efficacemente il compito peculiare affidato alla famiglia e lo distacca da quello svolto da tutti gli altri. Leggi anche: Chi è senza limiti scagli la prima pietra L’esperienza educativa vissuta nella prima fase appare sempre più decisiva. Nascere significa infatti trovarsi in balia di qualcuno, il neonato porta con sé una domanda di essere che evidentemente egli non è capace di soddisfare. È qui che interviene la famiglia, essa si presenta come una comunità capace di rispondere ad un bisogno. In essa è come presente l’intera società che attraverso la famiglia accoglie quella nuova creatura e la inserisce nella più vasta comunità umana. Qual è il ruolo che svolge la famiglia in questo periodo? Dal punto di vista strettamente antropologico possiamo anzitutto notare che l’educazione si presenta come relazione, il bambino si viene a trovare dentro una rete relazionale segnata dalla gratuità, che è l’espressione più limpida dell’amore. Egli prende coscienza della sua identità all’interno di questa esperienza, la coscienza di essere amato gratuitamente lascia in lui una traccia ineliminabile che può generare successivamente un progetto in cui la responsabilità e la solidarietà diventano criteri fondamentali. In questa fase la responsabilità della famiglia è insostituibile, ogni altra delega rappresenta una deviazione rispetto al percorso ordinario e non potrà che colmare parzialmente il vuoto educativo. Se viene a mancare la famiglia, nel senso tradizionale che questo termine ha assunto, l’impegno educativo assume contorni più sfumati e diventa oggettivamente – cioè al di là delle buone intenzioni dei soggetti chiamati a svolgere questo ruolo – più difficile. Ma il bene dei figli è davvero il cuore della vita familiare, il valore che soggiace a tutti gli altri? In realtà accanto ad una cultura puerocentrica, che ha messo cioè al centro il bambino, oggi si va affermando una tendenza che pone in primo piano il bene stesso dei genitori, gli stessi figli sono desiderati e accolti solo in ragione del benessere genitoriale. I dati sulle separazioni, sull’aborto e la stessa fecondazione artificiale mostrano come il barometro sia leggermente spostato sul bene degli adulti piuttosto che su quello dei minori. La relazione genitoriale è l’alveo in cui cresce e matura il figlio, ma questa risente inevitabilmente degli effetti della coniugalità, ecco perché vigilare sul benessere della relazione coniugale è uno dei primi modi per voler bene ovvero volere il bene dei figli. Ma può accadere che nonostante gli sforzi la conflittualità faccia capolinea. E allora? Come restare buoni genitori e proteggere i figli? Ammesso che per una coppia è impossibile evitare di litigare, è utile, però, che i genitori sappiano misurare il livello della loro conflittualità. Il campanello di allarme educativo deve suonare quando le liti diventano la quotidianità. In caso contrario, fintanto che sono sporadiche e ben gestite, le liti tra mamma e papà possono anche essere salutari per i figli. Intanto è bene ricordare che a maggio 2018 la Corte di Cassazione ha stabilito che litigare furiosamente davanti ai figli si configura come un reato di maltrattamento in famiglia, perché obbliga i bambini a vivere da spettatori di una “violenza assistita”, in un clima di paura. Il peggior danno che si procura a questi ragazzi è la compromissione del loro futuro. Vivere il disagio dentro il contesto familiare, nel luogo che dovrebbe essere il più sicuro per loro, ovvero la propria casa, fa crescere persone insicure, tristi, angosciate. Dal ritenersi responsabili delle liti ai sensi di colpa, dal dover essere forti a tutti i costi alla paura di essere abbandonati sono queste le emozioni che dominano il vissuto dei figli di genitori che litigano continuamente e davanti ai figli. Certo avere genitori che litigano solo “a parole” ha un impatto minore rispetto a scene dove si alzano le mani, si lanciano oggetti. Ma se l’aggressività viene rivolta in modo cruento anche verso i figli, il trauma è decisamente sconvolgente. Purtroppo questa ultima ipotesi è più frequente di quanto si possa pensare. Anche il genitore più bravo a fingere non riesce davvero a dissimulare fino in fondo l’ira, la rabbia e se non la violenza fisica certamente quella verbale e comportamentale si riflette, come in un gioco di specchi, anche nell’atteggiamento con i bambini, per cui avremo genitori meno attenti, affettuosi e capaci di guidare i nostri figli. Si tenga conto che diversi studi dimostrano che litigare davanti ai figli ripetutamente aumenta il rischio di sviluppare disequilibri mentali con più facilità. Inoltre l’aumento dei litigi, in termini di frequenza e intensità, può generare anche disturbi psicologici, quali depressione, disturbi d’ansia, disturbi della personalità, abuso di alcol e droghe. E che dire delle ripercussioni nell’ambito scolastico: difficoltà di concentrazione, incapacità di seguire le spiegazioni degli insegnanti, distrazione continua. Vivere in una dimensione familiare inadeguata e psicologicamente patologica incide sul benessere del bambino. Comporta pesanti danni all’autostima del bambino e rischia di compromettere le loro future relazioni sentimentali stabili e positive. A questi genitori, per cui le liti sono la quotidianità, oltre che suggerire di farsi aiutare dalla psicoterapia è possibile dare alcuni piccoli consigli per il bene dei figli: Non litigare davanti ai figli. È proprio la minima attenzione che i figli hanno diritto di avere. Questo svela la capacità genitoriale di saper anteporre i figli a sé stessi. Non minimizzare. Molti genitori pensano di proteggere i figli facendo finta che tutto vada bene. Ma sappiamo che quando nell’aria c’è un motivo di astio, contrasto, i figli lo percepiscono. Il fatto che i genitori si comportino come se nulla fosse manda messaggi contrastanti e li confonde. Non mentire. Chiarire ai figli che i problemi ci sono e che sono iscrivibili alla relazione di coppia e che per questo si faranno aiutare. Rendersi perciò disponibili a rispondere a tutte le loro richieste avendo cura di rispettare la loro età e la loro capacità elaborativa. Ricordare al figlio la sua estraneità al litigio. È necessario per il figlio sentirsi dire che “non è colpa sua”. Chiedere scusa ai figli. Questo rassicura i figli dalla paura dell’abbandono. Questo gesto aiuta i figli a capire che i genitori hanno compreso quanto hanno sofferto per causa loro. Perciò l’effetto è che i figli si sentono considerati e curati. Non parlare mai male dell’altro genitore. Costringere il figlio a prendere posizione è un attacco alla sua autostima e alla sua stabilità. In ogni caso crea una grande dolore. Non farsi ingannare dai figli. Anche se, apparentemente, i figli, soprattutto se piccoli, sembrano non avere ripercussioni dei litigi genitoriali è bene in ogni caso che i genitori si preoccupino di far ritrovare al proprio figlio la serenità, rassicurandolo, facendogli capire che, anche se ha assistito a qualcosa di brutto, tutto si mette a posto. Quando, invece, il litigio tra i genitori è sporadico e si situa, tutto sommato, in un contesto di stabilità affettiva e psicologica di entrambi i genitori e dell’ambiente familiare; quando, cioè, si tratta delle inevitabili schermaglie che accompagnano la vita coniugale, che nascono tre due persone essenzialmente diverse, allora da questi litigi i figli hanno davvero da imparare. Il litigio in questo caso è parte integrante della relazione amorosa è cioè frutto e scaturisce dal volersi bene, dal desiderio di comprendersi e di appartenersi sempre di più. In questo caso se i genitori sono sufficientemente abili a riconoscere le occasioni possono trasformare il litigio in una occasione pedagogica. Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia Cari lettori di Punto Famiglia, stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11). CONTINUA A LEGGERE Tag coppia, litigio Giovanna Pauciulo Sposa e madre di tre figli, insieme al marito Giuseppe è referente della Pastorale Familiare per la Campania, ha conseguito il Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia presso il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II. Conduce su Radio Maria la trasmissione “Diventare genitori. Crescere assieme ai figli”. Collabora con Punto Famiglia su temi riguardanti la genitorialità e l’educazione alla fede dei figli. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018). Visualizza archivio → ANNUNCIO Lascia un commento Annulla rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy. Ho letto e accettato la Privacy Policy * Ti potrebbe interessare: “Noi, portate in pellegrinaggio dai santi Martin”: quattro suore si raccontano “Volevo essere pura, ma non ci riuscivo per insicurezza. Poi accadde qualcosa…” Carlo Acutis e Piergiorgio Frassati: ecco le date della loro canonizzazione Causa di canonizzazione per Carlo Casini? Per Paola Binetti sarebbe segno di speranza “Papà per scelta”: quando il sentimentalismo non lascia posto a un dibattito vero Il compleanno di vostro figlio, una tappa del viaggio della vita Chi è causa del suo mal pianga se stesso? 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