CORRISPONDENZA FAMILIARE

Un punto fermo. La Chiesa non cede alle sirene della cultura gender

22 Marzo 2021

La verità che la Chiesa insegna non può essere mercanteggiata né modificata a piacimento, neppure dal Papa, seguendo le sirene di un Potere che vuole stravolgere la grammatica della vita e dell’amore. Il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede è un raggio di luce, non ha la forza di allontanare tutte le ombre, alimentate ad arte dal potere mediatico, ma incoraggia i credenti a promuovere una cultura dell’amore e della sessualità che si ispira alla verità del Vangelo.

Il documento pubblicato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede è molto breve – tre pagine appena – ma rappresenta un punto fermo, pone un limite preciso a quella prassi pastorale e a quelle posizioni teologiche che tendono al pieno riconoscimento dell’omosessualità, ritenendo che si tratti di una versione diversa e complementare di quella sessualità che la persona umana è chiamata a vivere. A giudizio dell’istituzione vaticana che, ricordiamolo, ha l’enorme responsabilità di custodire la verità della fede, questo comportamento non appartiene “ai disegni rivelati di Dio”, e di conseguenza non può essere dichiarato lecito, anzi deve essere considerato un peccato. Con franchezza gli estensori della Nota affermano che la Chiesa “non benedice né può benedire il peccato: benedice l’uomo peccatore, affinché riconosca di essere parte del suo disegno d’amore e si lasci cambiare da Lui”. 

Il riferimento al peccato appare piuttosto sorprendente. Purtroppo! A parte poche eccezioni, è molto difficile oggi trovare vescovi – “maestri della fede” secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 12) – che hanno ancora il coraggio di affermare apertis verbis che l’omosessualità praticata è un peccato, cioè un comportamento che si oppone radicalmente a Dio. La dottrina non poteva essere espressa più chiaramente. Tutta la missione di Gesù consiste appunto nel liberare l’uomo dal peccato che innalza una barriera tra cielo e terra, inquina i pensieri e i desideri; e di fatto impedisce di corrispondere pienamente alla verità di Dio. 

Il documento della Congregazione non lascia spazi di ambiguità e pone chiaramente un limite al dibattito teologico. Negli ultimi anni, complice anche una sostanziale dichiarazione di tolleranza da parte di papa Francesco, si è diffusa nella Chiesa l’idea che l’omosessualità potesse finalmente trovare diritto di cittadinanza. Parlo dell’omosessualità, non delle singole persone con tendenza omosessuale. Quest’idea aveva trovato una conferma autorevole in alcuni passaggi dei documenti firmati dal Pontefice. Tra questi un paragrafo dell’Amoris laetitia in cui si esorta la comunità ecclesiale ad “assicurare un rispettoso accompagnamento, affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita” (Amoris laetitia, 250). 

Leggi anche: La Chiesa non può benedire il peccato

Questo invito ha messo in moto una prassi pastorale – diffusa a macchia di leopardo – che si propone di offrire un cammino di fede alle persone omosessuali. L’intenzione è lodevole ma l’obiettivo è ambiguo. In effetti, più che accompagnare le persone a vivere una sessualità conforme alla rivelazione divina, questi gruppi pastorali intendono promuovere l’accettazione dell’omosessualità in quanto tale; più che aiutare le persone a vivere la fede secondo verità mirano a modificare in modo sostanziale quella verità che la Chiesa custodisce da sempre. La richiesta di benedire le unioni omosessuali nasce proprio in questo contesto e rappresenta una prima tappa di un cammino graduale che ha come traguardo il pieno riconoscimento della cultura gender, in ogni suo ambito e con tutte le ricadute teologiche e pastorali che questo comporta. Non è un mistero, si tratta di affermazioni pubbliche proposte dai fautori più accaniti, quelli che sono convinti che questa è la vera e grande rivoluzione che il mondo attende dal cristianesimo. 

In realtà, se leggiamo attentamente il paragrafo citato dell’Amoris laetitia ci accorgiamo che il testo non promuove affatto l’accettazione dell’omosessualità, chiede invece di accogliere e accompagnare le persone che “manifestano la tendenza omosessuale”. Tendenza non significa tout court comportamento né tanto meno indentifica coloro che hanno già fatto una scelta di campo e intendono vivere e promuovere la cultura gender. Tendenza significa piuttosto inclinazione, indica quelle persone che percepiscono di avere un orientamento di tipo omosessuale. Stando al testo scritto di Amoris laetitia, queste persone devono “avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita”. Quella volontà di Dio non passa attraverso una prassi in cui l’omosessualità viene accettata e praticata pacificamente come un comportamento del tutto normale. È una dottrina che la Chiesa ha sempre insegnato e che oggi trova una nuova conferma nella Nota della Congregazione vaticana. 

“A me questa Chiesa fa paura”, ha detto il biblista Alberto Maggi, intervistato da Repubblica. Una Chiesa che, a suo dire, scaglia la dottrina come una pietra. 

  • A me fa paura la presunzione di chi pensa di conoscere la verità meglio e più di tutte le generazioni passate. E sono passati duemila anni! 
  • A me fa paura il disprezzo con cui si giudica la tradizione, come se tutti coloro che ci hanno preceduto – compresi i santi e i teologi – fossero semplici ripetitori di una filosofia che poco o nulla aveva a che fare con il Vangelo dell’accoglienza e della misericordia. 
  • A me fa paura l’acquiescenza di chi ritiene che il Potere culturale che oggi condiziona pesantemente la vita sociale – questo Potere che nella forma più plateale rinnega Dio – sia più profetico della Chiesa. 
  • A me fa paura l’incoerenza di chi in tutti gli ambiti della vita promuove l’esercizio del dubbio ma quando si tocca la questione omosessuale, tutto diventa improvvisamente chiaro, come il sole che splende a mezzogiorno. 
  • A me fa paura l’arroganza di chi invita a fregarsene di questo autorevole pronunciamento della Chiesa, come se fosse il colpo di coda di una retroguardia già sconfitta dalla storia. 

Il documento vaticano si conclude con questa dichiarazione: “Il Sommo Pontefice Francesco, nel corso di un’Udienza concessa al sottoscritto Segretario di questa Congregazione, è stato informato e ha dato il suo assenso alla pubblicazione del suddetto Responsum ad dubium, con annessa Nota esplicativa”. E nessuno si chiede come mai questo Papa – che attraverso gesti e parole ha sempre manifestato accoglienza e tolleranza nei confronti delle persone omosessuali – ha approvato un documento che ribadisce la dottrina di sempre e pone un confine oggettivo e invalicabile tanto alla teologia quanto alla prassi. Evidentemente, la verità che la Chiesa insegna non può essere mercanteggiata né modificata a piacimento, neppure dal Papa, seguendo le sirene di un Potere che vuole stravolgere la grammatica della vita e dell’amore. Questo documento è un raggio di luce, non ha la forza di allontanare tutte le ombre, alimentate ad arte dal potere mediatico, ma incoraggia i credenti a promuovere una cultura dell’amore e della sessualità che si ispira alla verità del Vangelo. Un compito non facile di questi tempi ma sempre più decisivo. Nessuno dorma. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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1 risposta su “Un punto fermo. La Chiesa non cede alle sirene della cultura gender”

Grazie don Silvio per le parole e i concetti chiari. Comunque le parole di Papa Francesco hanno mosso le acque ed hanno permesso di arrivare al Documento della Congregazione per la Dottrina della fede.

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