La castità: una meta bellissima, ma la strada è tutta in salita…

scalata

“Tà calà calepà, ta calepà calà”, dal greco significa: “Le cose belle sono difficili, le cose difficili sono belle”. Noi cristiani potremmo tradurlo così: “Ogni cosa bella ha la sua croce, ogni croce conduce a qualcosa di bello”. Questo discorso vale senza dubbio per la castità.

Quando io e mio marito ci stavamo solo frequentando (non ci eravamo ancora messi insieme), gli avevo parlato con entusiasmo della testimonianza di una coppia di sposi che mi aveva convinto a scegliere la castità e ad aspettare il matrimonio per il sesso. La cosa aveva generato sconcerto in lui, che ai tempi aveva pensato come prima cosa: “E come si fa?!?”. Quella domanda ha trovato nella nostra storia delle risposte concrete: abbiamo capito che essere casti è bello e possibile, ma occorre prendere in spalla la propria croce.

Le scorse settimane abbiamo iniziato a parlare dei vantaggi della castità, dei motivi per cui vale la pena aspettare proprio la persona della vita per aprirsi all’unione sessuale. Ci siamo detti anche perché è bello iniziare a vedere l’altro – chiunque altro – come un dono e non come uno strumento di piacere. Vi ho riportato, a sostegno di questo, varie testimonianze, oltre alla mia. Ci sarebbe molto da dire ancora (e lo faremo, se avrete voglia di seguirmi), ma forse è giunto il momento di parlare un po’ anche dell’impegno, delle rinunce, della lotta che essere casti richiede. Non ho omesso questa parte fino ad adesso perché io non la conosca, non la ritenga importante o creda che si possa sorvolare, ma perché prima di mostrare la fatica di un percorso occorre quantomeno intravederne la bellezza: altrimenti, chi lo sceglierebbe mai? Un percorso faticoso, senza meta. Perché dovrei? Invece, una meta bellissima che richiede fatica… perché no?

Mi viene in mente Gesù che ai suoi discepoli, prima di mostrare la Croce, ha fatto vedere prodigi mai mostrati da nessun altro. Ha fatto conoscere loro la gioia vera, ha manifestato la Sua potenza con miracoli e guarigioni. Ha fatto capire a chi lo amava che niente era meglio nella vita che essere con Dio. Ha portato persino in Paradiso alcuni di loro, con la Trasfigurazione. E poi? E poi il martirio. Ma quando hai visto qualcosa di così bello (i tre anni di ministero pubblico di Gesù) e soprattutto quando hai visto che dopo il martirio si ritorna alla vita (mi riferisco ovviamente alla Risurrezione, che festeggeremo tra poco nella Pasqua), puoi forse dire che per una cosa così non valga la pena anche di soffrire? È sempre l’amore, è sempre una gioia che si annida nel profondo del cuore a muovere i più grandi sacrifici. Ecco, questo vale anche per la castità.

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Sono molto entusiasta quando parlo della purezza e della gioia di attendersi fino al matrimonio, ma proprio a casa ho una persona che mi ricorda di stare coi piedi per terra, di mostrare sì la bellezza, ma non solo quella, perché tanti, poi, vedendo quanta fatica comporta, potrebbero pensare che “è troppo per loro” e mollare. Sì, mio marito mi dice sempre: “Certamente ci sono stati tanti frutti, certamente è stato più bello così, ma se mi chiedessi che forma ha la castità, ti direi che assomiglia più ad una croce che a un cuore”. E allora è arrivato il momento di dircelo chiaramente: essere casti, cioè sforzarsi di non usare nessuno solo per piacere (e con nessuno intendiamo anche le donne e gli uomini che sono al di là di uno schermo) non è certo una cosa semplice, soprattutto in un mondo dove siamo eccessivamente stimolati in questo senso. Per scegliere solo l’amore devi tagliare tutto ciò che offusca e ostacola l’amore. Tutto. Per scegliere la purezza devi chiudere con ogni atto o pensiero che puro non è.  

Spesso si dice che “volere è potere”, ma in questo caso occorre considerare che c’è in noi una naturale inclinazione alla concupiscenza (termine un po’ arcaico, ma in soldoni significa che tutti siamo segnati dal peccato e questo ci porta a desiderare l’altro egoisticamente, per soddisfare il nostro piacere). La concupiscenza richiede una lotta, altrimenti vince lei. La carne è debole: lo sapevano bene anche i santi (mi viene in mente, ad esempio, sant’Agostino, per il quale la castità è stata la virtù più difficile da ottenere). Quando poi sei innamorato di una persona, non è certo semplice rinunciare all’unione con lei, anche se è per viverla più pienamente in futuro. Non è semplice tirarsi indietro quando tutto, ogni singola tua cellula, ti spinge verso di lei. La castità costa. Come tutte le cose belle.

Ricordo un detto degli antichi greci, che era diventato uno scioglilingua per noi liceali del primo anno (ve lo scrivo in italiano, non in lettere greche, cosicché tutti possano leggerlo): “Tà calà calepà, ta calepà calà”, che significa: “Le cose belle sono difficili, le cose difficili sono belle”. Noi cristiani potremmo tradurlo così: “Ogni cosa bella ha la sua croce, ogni croce conduce a qualcosa di bello”.

Questo discorso vale senza dubbio per la castità. Se leggendo i miei articoli fino ad ora avete pensato: “Sì, bellissimo, ma è troppo per me. Io non ce la farò mai!”, sappiate che non è difficile solo per voi, è difficilissimo, anzi, è una vera sfida per tutti.

Oggi vorrei dirvi che essere casti è bello, però è necessario un buon equipaggiamento: non si può iniziare a scalare una montagna con le ciabatte infradito ai piedi. La castità non si improvvisa, si conquista giorno dopo giorno. Ma sappiate che i mezzi per farcela esistono! Volete saperne di più? 

Continuate a seguire questa rubrica nei prossimi fine settimana!




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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