27 febbraio 2021
27 Febbraio 2021
L’ultimo colpo di frusta alla legge 40? | 27 febbraio 2021
La legge 40 che introdusse per la prima volta la fecondazione assistita nel nostro Paese è stata demolita lentamente a colpi di sentenze che di fatto hanno calpestato il volere del Parlamento che la scrisse nel 2004 e quello del Paese che ne impedì l’abrogazione tout court nel referendum abrogativo del 12 giugno del 2005. Referendum che vide una grande mobilitazione della Chiesa sotto la guida del cardinale Ruini.
Qualche tempo fa la senatrice Udc Paola Binetti aveva osservato che sono rimasti alcuni pilastri importanti di quella legge: il divieto di sperimentazione sull’embrione e l’articolo 12 che punisce l’orrenda pratica dell’utero in affitto. È rimasto anche l’articolo 1 che prevede «il valore giuridico del concepito come soggetto di diritti», e il principio della necessità di «riduzione dei danni di ordine fisico e psicologico dei soggetti coinvolti nella pratiche di fecondazione artificiale». La sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) che con l’ordinanza del 27 gennaio 2021 stabilisce che se esistono embrioni congelati, prodotti da una coppia, questi possono essere impiantati tempo dopo nell’utero della donna con il solo consenso di questa recupera l’intenzione originaria del legislatore. Anche contro la volontà dell’uomo di cui portano il corredo genetico. A colpi di sentenza stavamo smantellando pezzo dopo pezzo la legge 40 che, anche se introduceva una pratica che non posso accogliere in quanto cristiana, almeno tutelava in buona parte gli embrioni e limitava il far west della procreazione medicalmente assistita.
Da ieri non posso non pensare a quell’embrione che verrà impiantato nel grembo della madre e avrà la possibilità di vivere. Al di là della diaspora tra madre e padre, divorzio o meno, la mia mente va sempre a lui e ai quasi centomila embrioni congelati in Italia. Vite umane, conservate in azoto liquido a una temperatura pari a -196° e definiti in uno stato di crio-stabilità. Quelle vite prodotte in un freddo laboratorio e poi congelate in attesa che qualcuno si senta pronto a far proseguire la loro esistenza o in caso di malattie, indisponibilità della madre, morte della madre, restare lì in un limbo che almeno per ora non ha soluzioni.
Sono andata ad informarmi qual è la diffusione del fenomeno nel nostro Paese? Ho trovato solo dati risalenti al 2017 che sono bastati per inorridire. Nel corso del 2017 gli embrioni umani formati in provetta e giudicati trasferibili sono stati 107.435; il 40,1% di questi, cioè 43.076 è stato congelato; mentre ne sono stati scongelati 29.226. «Dei 29.226 embrioni scongelati nel 2017, 27.528 sono sopravvissuti allo scongelamento con un tasso di sopravvivenza del 94,2%. Gli embrioni sopravvissuti sono stati in piccola parte congelati (1,1%) e per la maggior parte (82,7%) utilizzati per il successivo trasferimento in utero».
Come siamo arrivati a questo? La legge 40 aveva posto il limite di produrre solo gli embrioni utili al trasferimento in utero ma con la sentenza della Corte costituzionale n. 151 del 2009, il limite è stato superato e quindi di fatto si è aperta la possibilità del congelamento. Di fronte a questo stato di cose quale può essere una soluzione umanamente degna per questi esseri umani di vita embrionale, abbandonati in azoto liquido a – 196°? Non lo so.
Gli esperti parlano di quattro soluzioni: distruzione degli embrioni, cioè nel provocare direttamente la morte; una seconda soluzione consisterebbe nell’usare le cellule embrionali a scopo di ricerca o di estrazione di cellule staminali; una terza l’adozione per la nascita, detta anche adozione prenatale: una donna e un uomo vogliono sottrarre all’azoto liquido un essere umano di età embrionale e dargli una possibilità di nascita e quindi di vita prima intra-uterina e poi extra-uterina; una quarta soluzione «è quella di permettergli di morire, sottraendolo a quel mezzo sproporzionato, straordinario e temporale che è la crioconservazione.
Ognuna delle quattro prospettive è inaccettabile. Tutte presentano grandi lacune etiche. Queste soluzioni disumane sono la conseguenza del gravissimo disordine compiuto all’inizio: aver separato la generazione dell’uomo dall’atto sessuale, averlo ridotto a un fatto solo biologico e aver congelato l’uomo appena concepito. Il problema non è dunque la madre sola o il padre escluso nella sentenza casertana ma la dignità dell’embrione.
Giovanni Paolo II all’Associazione medica mondiale lanciò negli anni un “appello alla coscienza dei responsabili del mondo scientifico ed in modo particolare ai medici perché venga fermata la produzione di embrioni umani, tenendo conto che non si intravede una via d’uscita moralmente lecita per il destino umano delle migliaia e migliaia di embrioni “congelati”, i quali sono e restano pur sempre titolari dei diritti essenziali e quindi da tutelare giuridicamente come persone umane”». Un appello rimasto inascoltato.
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