Disabilità

Jérôme Lejeune, la disabilità e lo splendore delle vite “inutili”

Jérôme Lejeune

Foto: https://www.fondationlejeune.org/

di Gianni Mussini

Era una grande scienziato ma anche pediatra, marito, padre di cinque figli, persino abile artigiano: come hobby fabbricava rosari, un’arte in cui era imbattibile. Ha scoperto l’origine della Trisomia 21 e della sua vita ha fatto un canto di lode alla vita. Chi è? Jérôme Lejeune.

«È proverbiale il costume degli Spartani di eliminare alla nascita i disabili. Lo scopo era quello di arrivare a una razza superiore. Invece così non fu e resta il dubbio che Sparta sia scomparsa dalla storia perché, eliminando i più deboli fisicamente, finirono per prevalere gli stupidi o se perché, essendo stupidi, decisero di eliminare i più deboli».

Lo scorso 21 gennaio papa Francesco ha autorizzato la Congregazione per le Cause dei santi a promulgare il decreto che riconosce «le virtù eroiche» di Jérôme Lejeune (Montrouge, 13 giugno 1926 – Parigi, 3 aprile 1994), grande scienziato ma anche pediatra, marito, padre di cinque figli, persino abile artigiano: come hobby fabbricava rosari, un’arte in cui era imbattibile. 

La data dell’annuncio ha un alto valore simbolico: lo stesso giorno, il 21 gennaio, nel 1958 Lejeune scoprì con certezza l’origine genetica della Trisomia 21, ovvero la Sindrome di Down. Una scoperta che, oltre alle decisive implicazioni scientifiche, contribuì in modo determinante a far cadere odiosi pregiudizi su quelli che in modo dispregiativo erano definiti «mongoloidi».

Leggi anche: La vita vale la pena anche in caso di grave disabilità?

Chiamato per conferenze e consulti in tutto il mondo, fu docente in importanti università, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, premio Kennedy… Aveva però il terribile difetto, specialmente agli occhi dei giurati del Nobel, di essere incurabilmente contrario all’aborto e a ogni sperimentazione sull’embrione umano. E di esserlo non con proclami urlati e fideistici, ma con argomentazioni pacate e inattaccabili, condite da un’ironica leggerezza parigina cui una profonda umiltà cristiana impediva ogni arroganza. 

Certo non le mandava a dire, come quando definì “pesticida antiumano” la pillola RU 486. Sapeva che uno scienziato non deve mai avere paura della verità, neanche quella che magari mette in crisi le proprie certezze. Racconta la figlia Clara che, nei giorni duri della caduta del tiranno rumeno Ceausescu (per altro a lungo coccolato da noi occidentali per le sue posizioni di indipendenza dal comune nemico sovietico), in quei giorni – dicevo – le varie televisioni mandavano in onda immagini sui “massacri di Timisoara”, con fosse comuni piene dei corpi torturati di oppositori politici. Scandalo e orrore. Ma Lejeune, pur avversario indefesso di quel crudele regime comunista, riconobbe subito con il suo esperto occhio clinico: “Queste persone sono morte da parecchi giorni…si tratta di un obitorio”. Alle rimostranze della figlia Clara, persuasa che il tiranno andasse comunque deprecato, obiettò deciso: “Queste immagini sono un montaggio. Questi morti non sono stati torturati e buttati in una fossa comune. Riconosco le cuciture. Le si pratica regolarmente sui corpi offerti alla scienza per formare gli studenti”. Un bell’esempio di rifiuto di ogni comoda interpretazione ideologica dei fatti! (L’aneddoto in un’intervista a Clara Lejeune che uscirà su “Sì alla vita” il prossimo giugno).

Nella frase che abbiamo sottoposto oggi alla nostra lente d’ingrandimento, Lejeune affronta il tema a lui particolarmente caro di chi, portatore di una qualche disabilità, non perde tuttavia nulla della sua dignità e dei suoi diritti di essere umano. Attraverso un paradosso – gli Spartani scomparsi dalla storia perché così stupidi da eliminare alla nascita i bambini malati – ci fa vedere lo splendore di tante vite “inutili” che hanno misteriosamente arricchito il mondo.

Penso per esempio al pittore Vincent Van Gogh (1853-1890), genio del colore e vita “maledetta” tra gravi disturbi psichici e abuso di alcol. L’epilessia del lobo temporale, di cui soffrì dalla nascita, non gli ha però impedito di consolare il mondo con il tripudio dei suoi squillanti colori: mai “Notte stellata” fu più luminosa della sua!

Ma penso anche ai molti anonimi sacrificati ancor prima di nascere in quanto disabili. Eppure, come ripeteva santa Madre Teresa di Calcutta, anche per loro si profilava quel “grande scopo” offerto a tutti: amare ed essere amati. Il buio in cui sono rimasti è un impoverimento per il mondo, che potrà essere compensato solo alla fine dei tempi dalla grande carezza del Padre.




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1 risposta su “Jérôme Lejeune, la disabilità e lo splendore delle vite “inutili””

A causa della verità sulla dignità di ogni essere umano concepito fu anche sospeso dell’insegnamento e perse lo stipendio oltre al Nobel per la medicina.

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