Retrouvaille Può un aborto distruggere un matrimonio? Autore articolo Di PUNTO FAMIGLIA Data dell'articolo 16 Febbraio 2021 1 commento su Può un aborto distruggere un matrimonio? di Giovanni e Roberta Casaroli, di Retrouvaille Italia “Avevo abortito 15 anni prima. Poi all’improvviso l’ansia, la depressione e… la rabbia verso mio marito. Con il Programma Retrouvaille abbiamo imparato a chiedere perdono innanzitutto a Dio”. BEATRICE Galeotto fu il ballo! Ci siamo incontrati per caso in una scuola di danze folk. All’inizio non nutrivo alcun interesse particolare verso quel ragazzo più grande di me di undici anni. Poi i suoi occhi azzurri, i suoi capelli biondi, i suoi modi gentili e il maestro che ci propose di essere una coppia fissa per gli spettacoli, accesero in me la scintilla e Luca divenne il mio danzatore. Fra le sue braccia mi sentivo unica, piena di vita, entusiasta e fortunata. LUCA Insegnandole i passi di danza l’ho corteggiata. Per me il ballo era sinonimo di complicità: a ogni spettacolo o gara cresceva l’intesa fra di noi. Il sogno lentamente diventava realtà: da essere coppia nel ballo siamo passati ad essere coppia nella vita. BEATRICE Durante gli anni di fidanzamento, quando eravamo ancora molto giovani, scoprii di essere incinta. Mi sentii come in una sala da ballo dove improvvisamente la musica viene fermata e tutti restano spiazzati, senza sapere se fermarsi o continuare a ballare. Ero un’adolescente a cui veniva turbato il periodo sereno dell’innamoramento. Fra infinite lacrime, avevo una decisione urgente da prendere. Una scelta che, in ogni caso, avrebbe sconvolto la mia vita e il mio rapporto con Luca. LUCA Sarebbe stato uno scandalo nel paese dove abitavamo. Provavo un gran senso di vergogna per il giudizio che avrebbero potuto dare gli altri, per non essere stato sufficientemente responsabile. Mi sembrava di avere tradito la fiducia dei genitori di Beatrice che mi avevano accolto e affidato la loro giovane figlia, ma anche la fiducia di tutte le persone che avevano mostrato tanto entusiasmo nei confronti della nostra relazione. Ma soprattutto mi sentivo impreparato a mettere in piedi una famiglia. Appena il test di gravidanza rivelò la verità, la prima e unica soluzione che vidi fu quella di abortire. Allora vivevo la fede in modo molto superficiale. La legge lo prevedeva e non si facevano problemi in questo campo. Mi sentii sollevato da un grosso peso. BEATRICE Ma non avremmo potuto fare scelta peggiore! Fu tutto così naturale che persi subito il ricordo di ciò che avevo fatto. Qualcuno ordinò: «Non se ne parli più! La cosa deve morire qui!». Lo feci. Non ne ho più parlato con nessuno per anni, nemmeno con Luca. Tutto pareva sepolto nella mia testa. Cancellato. LUCA Non volevo ammetterlo ma forse, segretamente, sapevo che, da quel momento, avrei dovuto fare i conti con lo sbaglio più grande della mia vita. Siamo caduti a terra come se nel volteggio di un bel valzer si rompesse il tacco di una scarpa, durante un’importante gara di ballo, di fronte a tanti spettatori increduli e ai giudici. BEATRICE Cio’che era da cancellare, però, era rimasto come un tarlo a lavorare dentro di me. Non ho mai avuto problemi di salute, ma dopo pochi mesi di matrimonio, dopo la nascita di nostra figlia, ho iniziato ad avere attacchi di panico, ansia e depressione, scivolando lentamente in un lungo e interminabile tunnel nero. Tutto è iniziato senza un particolare evento scatenante. Io, che ero stata sempre bene, che ero entusiasta della vita, d’improvviso ero diventata triste, senza più voglia di vivere. Mi sentivo terribilmente sola nel mio incubo e assumevo medicine che mi aiutavano a non annegare nel vuoto. Tutto intorno a me era grigio, avevo smesso di fare ogni cosa, anche di ballare. L’unico legame con il mondo era il mio lavoro che mi spingeva, con tanta fatica, ad alzarmi dal letto ogni mattina. Mia figlia era la ragione per cui non volevo arrendermi, ma ogni giorno era più nero e più triste del precedente. Ho trascorso così sei lunghi, interminabili anni e nessuno pareva accorgersi della mia sofferenza. Quando provavo, con timidezza, a confidare il mio disagio tutti mi dicevano: «Hai tutto! Non ti manca niente! Perché non sei felice?». Avevo bisogno di aiuto! Iniziai un percorso di psicoterapia che segnò per me una svolta importante. Avevo davanti una montagna di sofferenza enorme da scalare: la mia vita e la mia relazione matrimoniale. Il terapeuta mi disse che quanto dicevo durante le sedute di psicoterapia non motivava il mio stato psicofisico: doveva esserci qualcosa in più. LUCA Dopo dieci anni di matrimonio una domenica sera di ritorno da un’uscita coi bambini mi disse: «È finita! Non ne voglio più sapere di te». Speravo fosse solo un brutto sogno. Credevo di aver fatto del mio meglio in quegli anni, provando continuamente a non litigare, a evitare gli ostacoli, ad allontanare le discussioni. Avevo reagito come sapevo fare: incamerando tutto il mio dolore, i risentimenti e le frustrazioni, chiudendomi in me stesso, piangendo in solitudine nella mia disperazione. Tra noi, ormai, non riuscivamo nemmeno più a parlare: non ero più niente per lei. Avvertivo che mi rifiutava in tutti i sensi, ma non sapevo cosa fare, non vedevo alcuna via d’uscita. Non volevo, però, accettare che il mio matrimonio potesse rompersi e non mi capacitavo. Ricordi che credevo fossero oramai morti e sepolti, erano riaffiorati prepotenti. BEATRICE Dopo mesi di sedute, con scarsi risultati, decisi di parlare dell’aborto avvenuto quindici anni prima, di cui non avrei mai voluto parlare e che non mi sembrava potesse avere un legame né con il mio stato depressivo né con la crisi matrimoniale. La mia mente, per preservarmi, aveva in parte cancellato i dettagli di quell’evento, ma il mio cuore, anche dopo decenni, rimaneva ferito. Iniziare a parlare dell’aborto è stato come ammettere di avere una colpa enorme, giustificata da diverse motivazioni in quel momento, ma nessuna valida per aver deciso della vita altrui. Quando affrontavo l’argomento con Luca mi sentivo dilaniata: ai miei occhi, mio marito non riusciva assolutamente a capire il mio dolore e io trasformavo i momenti più difficili in forti aggressioni verbali e periodi di rifiuto verso il mio sposo. LUCA La mia risposta al dolore di Beatrice, alla sua depressione, era semplicemente quella di evitare i litigi e consigliarle di farsi seguire da un medico: la consideravo soltanto malata. Non mi chiedevo cosa potesse nascondersi dietro quel suo disagio, o forse me lo chiedevo, ma non avevo il coraggio di darmi una risposta sincera. Capivo però, che fra noi aumentavano le distanze da tutti i punti di vista. Leggi anche: Verso il matrimonio. Il primo passo da fare, quello decisivo BEATRICE Decidemmo di acquistare una casa nuova, per separarci, rendendo meno dolorosa possibile questa scelta ai nostri figli. Ma fu difficile dirci addio: separarsi era, per me, dichiarare il fallimento di un progetto di vita. È stato un lungo cammino, percorso con tante figure che arrivavano nel nostro rapporto: psicologi e avvocati della Sacra Rota ai quali avevo chiesto la nullità del matrimonio. Niente e nessuno riusciva a farmi deporre quella rabbia e quel rifiuto che provavo nei confronti di mio marito. LUCA Anche io decisi di lasciarmi aiutare da un terapeuta. In uno dei colloqui mi sono reso conto della ferita provocata alla nostra relazione dalla decisione di abortire, della sofferenza che avevo provocato a Beatrice. Cominciai a comprendere la malattia di mia moglie, e a vedermi, attraverso i suoi occhi, come il suo carnefice. Non sarei mai potuto uscire, da solo, da questa situazione difficile e presi l’iniziativa di riaffrontare l’argomento con Beatrice. Insieme, come coppia. abbiamo dovuto elaborare un lutto. Fu il mio psicologo poi a consigliarci di partecipare al Programma di Retrouvaille: ci siamo iscritti perché la forza della disperazione non mi lasciava intravedere nessuna alternativa. Dopo pochi giorni iniziava un programma a seicento chilometri da casa: la distanza non era un problema, ero disposto a tutto pur di alleviare la sofferenza. BEATRICE Luca mi propose Retrouvaille con una gentile, ma ferma decisione che non lasciava spazio a una risposta negativa. Il suo modo non lo colsi imperativo, bensì come quello di un ballerino di flamenco che nella sua danza esprime sofferenza e nostalgia, ma anche protesta e ribellione. LUCA Retrouvaille è stato come atterrare su un pianeta sconosciuto, il pianeta delle emozioni, dove crescere come persone e come coppia, prendere consapevolezza che l’amore di Dio è un dono, ma anche una decisione. Attraverso l’esempio e la testimonianza di tante coppie abbiamo appreso un metodo concreto ed efficace per risolvere i conflitti che ci ha accompagnato nel percorso di ricostruzione della nostra relazione. È stato come ritornare a danzare: un ballo non s’impara subito, ma un passo per volta, con impegno e pazienza. Abbiamo capito, passo dopo passo, che è possibile perdonare, e che ricostruire la relazione è una decisione. Il tutto senza ballare da soli, ma con altre coppie. BEATRICE Ma soprattutto abbiamo capito che non si guarisce una ferita come quella dell’aborto senza riconciliarsi con Colui che dà vita: i creatori non siamo noi, noi siamo le creature di un Unico Creatore e non possiamo arrogarci il diritto di decidere sulla vita. Iniziai un cammino di fede, chiesi il Sacramento della riconciliazione. Dio, nella sua infinita misericordia, mi ha perdonato, ci ha perdonati. Ma ero io che non riuscivo a perdonare me stessa. È servito un lungo percorso che, passando per il lutto, è giunto a vita nuova: la morte di nostro figlio doveva avere un senso, doveva portare frutti di vita. Molte delle incomprensioni con Luca nascevano anche da quella grave colpa mai condivisa ed elaborata in coppia. La nostra tenacia, unita alla grazia di Dio, col tempo ha dato frutti insperati e la nostra relazione è lentamente guarita. Eravamo una meravigliosa coppia di ballerini rovinosamente caduti dopo un passo sbagliato e ci sembrava che oramai ballare non fosse più possibile, che tutto fosse perduto. Con l’aiuto di tante persone espressione della Sua misericordia, ci siamo rialzati e dal frutto di questa esperienza abbiamo creato insieme una nuova coreografia, per un nuovo spettacolo che è quello della nostra vita di sposi cristiani. Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia Cari lettori di Punto Famiglia, stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11). CONTINUA A LEGGERE Tag aborto, coppia, Retrouvaille ANNUNCIO 1 risposta su “Può un aborto distruggere un matrimonio?” Bella storia, che ridice per l’ennesima volta cosa provoca l’aborto alla donna e alla coppia. Bravo Luca a resistere come marito e brava Beatrice a rinascere con l’amore di Dio e la stima di sè. Lascia un commento Annulla rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy. Ho letto e accettato la Privacy Policy * Ti potrebbe interessare: “Noi, portate in pellegrinaggio dai santi Martin”: quattro suore si raccontano “Volevo essere pura, ma non ci riuscivo per insicurezza. 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Bella storia, che ridice per l’ennesima volta cosa provoca l’aborto alla donna e alla coppia. Bravo Luca a resistere come marito e brava Beatrice a rinascere con l’amore di Dio e la stima di sè.