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TikTok e l’amara sorpresa di quei genitori…

smartphone

di Ida Giangrande

Una bimba muore in seguito a una prova di resistenza online: perché un social nelle mani di una bambina di dieci anni? È colpa dei genitori o di una società che ci educa all’uso smodato e indisciplinato della Rete?

Palermo – Ha lottato per una notte intera in ospedale ma alla fine non ce l’ha fatta, troppo il tempo trascorso senza ossigeno, troppa la violenza per il suo corpo. La sentenza dei medici dell’Ospedale dei Bambini è glaciale: morte cerebrale. Sto parlando della piccola Antonella Sicomero, 10 anni appena, una vita davanti, non fosse stato per quella ridicola challenge alla quale avrebbe partecipato tramite l’app TikTok e finita nel peggiore dei modi. Una prova di resistenza, stupida e immotivata che alla fine l’ha portata alla morte. A trovare la bimba in bagno con una cintura legata attorno al collo e fissata a un termosifone sarebbe stata la sorellina.

I genitori hanno portato immediatamente la piccola in ospedale e le sue condizioni sono apparse subito gravi. I medici infatti le hanno fatto 4 iniezioni di adrenalina per cercare di risvegliarla. Il personale sanitario – come poi chiarito dalla direzione – ha “eseguito le manovre di rianimazione cardiopolmonare e il cuore ha ripreso il battito. È stata eseguito subito una Tac all’encefalo che ha evidenziato – si legge nel bollettino – una situazione di coma profondo da encefalopatia post anossica prolungata”. Poi il trasferimento nel reparto di Terapia intensiva pediatrica.

Sul caso la Procura ha aperto un’inchiesta. La polizia ha già sequestrato lo smartphone utilizzato dalla bambina per accedere alla piattaforma di TikTok. Consultando l’app, Antonella si sarebbe imbattuta in una challenge che prevede una prova di resistenza in cui “vince” chi riesce a sopportare più a lungo la condizione di asfissia. Vince? Cosa? Così facendo la piccola è rimasta con la cintura attorno al collo che le ha bloccato il passaggio dell’ossigeno.

“I genitori – si legge nell’ultimo bollettino medico diramato dall’ospedale – hanno acconsentito al prelievo degli organi per una donazione multipla. Contestualmente, a cuore battente, sono iniziate le procedure di accertamento previste dalla legge da parte dell’apposita commissione di clinici informandone l’autorità giudiziaria. Le procedure sono tuttora in corso per concludersi nelle prime ore di questa sera”.

Adesso tutti punteremo il dito contro questi genitori, ma io non me la sento e anzi non posso fare altro che stringermi con tutto il cuore al loro dolore. Diciamoci la verità e facciamolo fino in fondo: chi di noi ha figli che usano TikTok e altre app simili anche se non sono nei limiti d’età consentiti? A quanti di noi, genitori, adulti, educatori, fa comodo lasciarli per un po’ di fronte a quello schermo e quanti hanno poi il tempo di andare a controllare cosa fanno e con chi chattano? Il mondo dei nostri figli, complice anche la pandemia, si è spostato quasi totalmente nello spazio virtuale. È un male? Certamente sì. Le tecnologie digitali sono uno dei tanti strumenti che l’avanguardia ci ha messo a disposizione, non sono una comoda alternativa alla vita sociale. E questo non è un problema di oggi… è un problema di sempre che noi di Punto Famiglia con articoli come questo stiamo denunciando a gran voce ormai da tantissimo tempo. 

Certo tutti si chiederanno cosa è possibile fare? Come reagire? Non c’è una risposta univoca a queste domande, sono troppi i fenomeni che, tagliando trasversalmente la nostra società, si intrecciano in maniera pericolosa. Ora bisognerebbe trovare il bandolo della matassa per districarsi in questo coacervo di ritmi incalzanti e velocità supersoniche. Una sola cosa è certa, nel calderone delle notizie di cronaca tra crisi del governo e indici di contagio, la morte di questa bambina non può e non deve lasciarci indifferenti. Dobbiamo interrogarci, come genitori, come scuola, come società, perché, dato che siamo tutti connessi, siamo anche tutti responsabili. I social e la Rete in generale non possono essere lasciati in mano a chi li usa, soprattutto se adolescente, soprattutto se non ha l’età per interagire. Sono strumenti potenti e proprio per questo vanno tenuti sotto controllo, attraverso una sorveglianza attiva che impedisca di cadere in tranelli come questo. La polizia postale, che già da sola svolge un ottimo lavoro, non può arrivare ovunque. I genitori devono fare la propria parte. Come? Non semplificando la questione tanto per cominciare. Spesso sento dire “tanto non capiterà mai a me” e giù con profili Facebook e Instagram da paura. Cari genitori il mondo del web va conosciuto per essere vissuto, e se lo conoscessimo sul serio sapremmo che ci sono limiti di età per accedere ad alcune piattaforme. I social sono una specie di moda se ce l’hanno tutti fai fatica a dire no ai tuoi figli. 

Ma anche i grandi colossi del web devono fare la loro parte. Non è possibile che app come questa non abbiano un sistema di filtro che eviti situazioni ingestibili. Non è possibile che l’anima nera del web conviva gomito a gomito con i nostri figli senza che nessuno faccia da filtro. In fine la Scuola: la Rete, come la pandemia ci ha insegnato, è un’illustre sconosciuta per questo mondo, perché non farla diventare una disciplina? Perché non insegnare ai nostri ragazzi il modo corretto di usare Internet attraverso l’insegnamento per eccellenza?   




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