21 gennaio 2021
21 Gennaio 2021
Amiamo l’Eucarestia più di quanto temiamo la morte | 21 gennaio 2021
di Giovanna Abbagnara
Ho scelto di andare a Messa ogni giorno da molti anni. Cambio spesso chiesa a seconda degli orari delle mie giornate. In questi mesi caratterizzati dall’epidemia, dopo la riapertura, mi guardo intorno per cercare i volti delle persone con le quali solitamente condivido il Pane quotidiano. Non li conosco tutti se non di vista ma sono contenta quando incrocio i loro sguardi anche se i volti sono coperti dalla mascherina. Ci scambiamo sorrisi con gli occhi e ci diciamo silenziosamente: “Siamo sempre qua per grazia di Dio!”. Dividere e mangiare lo stesso Pane ti rende fratelli. Quanto mi fa bene all’anima, vedere le persone anziane soprattutto continuare con lo stesso entusiasmo a venire in chiesa. Gli adulti invece sono decisamente diminuiti. Li incontro solo la domenica, restano quanto più possibile lontano dall’assemblea, si mettono ai margini o vicino alla finestra o sulla soglia della porta.
Hanno certamente molta paura. Chi non ce l’ha? Vigilano attentamente su tutto e su tutti. Sono pronti a promettere che in quella chiesa non torneranno perché è decisamente troppo piccola e c’è indisciplina. Addirittura, mi è stato riferito che in una diocesi della Basilicata, uno si è preso la briga di supervisionare le parrocchie e di fare un resoconto preciso e dettagliato di quelle non “sicure” e di riferirlo al vescovo. Non mi sembra di aver letto fin d’ora notizie di contagiati a causa della partecipazione ad una Messa.
“Ogni rischio, non importa quanto piccolo, deve essere evitato” mi ha detto un mio collega cattolico giustificando il fatto che aveva deciso di non partecipare più a Messa con la sua famiglia fino alla fine della pandemia. Ma abbiamo dimenticato tutti i cristiani mediorientali che hanno regolarmente rischiato (e spesso perso) la vita per assistere alle celebrazioni durante la loro vita? Abbiamo dimenticato ciò che i martiri del comunismo sovietico erano disposti a rischiare per Cristo? O ciò che la Chiesa in Cina ha sofferto? Siamo diventati così codardi nella fede?
In questi momenti non posso non ricordare la testimonianza del venerabile cardinale Van Thuân arrestato il 15 agosto 1975, rimasto prigioniero 13 anni, con 9 anni in isolamento, fino alla sua liberazione il 21 novembre 1988. Dopo un anno di carcere durissimo, il 7 ottobre 1976 il cardinale scrive una stupenda preghiera che sintetizza tutta la sua vita eucaristica: “Gesù amatissimo, questa sera, in fondo alla mia cella, senza luce, senza finestra, caldissima, penso con fortissima nostalgia alla mia vita pastorale. Otto anni da Vescovo, in questa residenza, a soltanto due chilometri dalla mia cella di prigionia, sulla stessa strada, sulla stessa spiaggia… Sento le onde del Pacifico le campane della cattedrale. Una volta celebravo con patena e calice dorati, ora il tuo sangue nel palmo della mia mano. Una volta percorrevo il mondo per conferenze e raduni, ora sono recluso in una cella stretta, senza finestra. Una volta andavo a visitarti nel tabernacolo, ora ti porto, giorno e notte, con me nella tasca. Una volta celebravo la Messa davanti a migliaia di fedeli; ora nell’oscurità della notte, passando la comunione sotto le zanzariere (…). Una volta impartivo la benedizione solenne con il Santissimo nella cattedrale, ora faccio l’adorazione eucaristica ogni sera alle 21, in silenzio, cantando sottovoce il Tantum Ergo, la Salve Regina, e concludendo con questa breve preghiera: «Signore, ora sono contento di accettare tutto dalle tue mani: tutte le tristezze, le sofferenze, le angosce, persino la mia morte. Amen».
Nello stesso periodo di persecuzione, i laici più ferventi condividono la stessa esperienza. Infatti, i Vescovi del Vietnam avevano dato ai fedeli, uomini e donne, il permesso di portare con sé l’Eucaristia, per dare la comunione nei luoghi dove i sacerdoti non potevano andare. Era rischioso? Sì! Certo come non possiamo nemmeno immaginare. Sogno una Chiesa che ami l’Eucaristia più del rischio di poter morire. Dobbiamo essere coscienti che quando varchiamo la soglia ci troviamo di fronte alla presenza reale di Gesù. La nostra mente e il nostro cuore deve essere rivolto a Lui. La paura ci distoglie, soffoca la fede, regala l’impazienza che annacqua il mistero. Solo l’amore allontana la paura e il rischio.
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