28 dicembre 2020
28 Dicembre 2020
Le madri segrete e i loro figli | 28 dicembre 2020
di Giovanna Abbagnara
Nel tempo della difficoltà dovremmo riflettere non su come uscirne velocemente per ritornare alla normalità ma qual è il bene che dobbiamo cercare in quella difficoltà. Non conosco la storia personale della mamma che nella notte di Natale ha dato alla luce il suo Bambino presso l’ospedale Frangipane di Ariano Irpino, decidendo, come permesso dalla legge, di non riconoscerlo. So, contrariamente a quanto pensano molti, che ha scelto la strada più difficile. La strada che chiama in causa la responsabilità verso se stessa e suo figlio. Una strada, diciamolo chiaramente, mai proposta come possibilità alle donne che vivono una gravidanza indesiderata.
La scelta sembra essere sempre e solo l’aborto. D’altronde è permesso dalla legge, dunque è un diritto perché non usufruirne? In poche ore tutto si risolve e si ritorna alla vita “normale”. Cosa c’è di normale in una mamma che nega al figlio la possibilità di vivere, non lo capirò mai. La decisione di questa donna e di tante che in questi anni ho avuto la grazia di conoscere, mi commuove profondamente. La ringrazio per questo gesto. A me non sembra affatto che lo abbia abbandonato. È più giusto dire che lo ha affidato, prima alle cure del reparto neonatale del nosocomio campano e poi, come avrà sicuramente appreso dai giornali, alle braccia di una famiglia che in questi giorni lo ha accolto nella sua casa. Meraviglioso dono di questo Natale.
Quanti bambini si potrebbero salvare se le mamme contemplassero tra le opzioni possibili anche quella di del parto in anonimato? Qualche volta, quando durante conversazioni sulla vita nascente, ho provato a dire che in Italia abbiamo questa grande opportunità, le donne mi hanno sempre risposto: “Come si fa ad abbandonare un figlio dopo averlo partorito? Dopo averlo visto?”. Come se partorire o vederlo con gli occhi della carne significasse decretare il diritto di proprietà su quel figlio. Un ragionamento di questo tipo mette sempre al centro se stessi, non il bambino. Fa leva sull’eventuale dolore della mamma, sulle sue esigenze contingenti. Non si prende proprio in considerazione il punto di vista del bambino, la negazione del suo diritto di vivere, la brutalità dell’aborto dove il figlio viene smembrato e poi risucchiato con un aspiratore.
Al centro della cultura abortista c’è l’esaltazione dell’io, dell’individualismo. Tutto questo cozza con la maternità. L’esperienza di una madre, fin dal concepimento, è un’esperienza di protezione, di accudimento, di difesa del proprio figlio. E specialmente nel caso del parto in anonimato, scelta certamente non semplice per una madre, al centro c’è il bambino e il diritto di vivere, di avere una famiglia, di crescere. Certo è che sarebbe opportuno che ogni figlio restasse con la propria mamma ma quando questo non è possibile, il percorso dell’affidamento e dell’adozione è costellato di esperienze piene di amore e di gioia.
Madri segrete, così sono chiamate queste donne. Madri che hanno scelto la vita mi piace definirle. Donne che, adeguatamente aiutate e sostenute, scelgono di mettere al centro il figlio. Donne libere da una cultura della morte. Donne che soffriranno certamente al pensiero di quel figlio ma che avranno dato oltre alla vita, la possibilità a se stesse di agire per il bene.
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