Diocesi

Camminando insieme impariamo ad amare

Assisi, Nocera Umbra, Gualdo Tadino

di Ida Giangrande

Alle soglie del tanto atteso Sinodo per la famiglia convocato da papa Francesco, che pone la famiglia al centro del dibattito cattolico, Punto Famiglia intervista una delle voci più autorevoli del panorama ecclesiastico italiano, S. E. Mons. Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi.

Mons. Domenico Sorrentino ha radici campane. Ordinato sacerdote della diocesi di Nola il 24 giugno del 1972, il Signore lo ha chiamato ad essere pastore delle più importanti capitali della spiritualità cattolica. Il 17 febbraio del 2001 infatti papa Giovanni Paolo II lo nomina arcivescovo-prelato di Pompei; il 19 novembre 2005 viene eletto vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino (conservando il titolo personale di arcivescovo) e, in veste di pastore della città di San Francesco, ci accingiamo ad intervistarlo.

Prosegue senza sosta il lavoro di preparazione della prossima Assemblea sinodale, che sarà dedicata alle “sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Eccellenza, la sua Diocesi come ha accolto il questionario che è stato mandato?
Il questionario ha destato grande interesse un po’ in tutte le realtà della nostra diocesi e soprattutto in quelle che sono da tempo impegnate nella pastorale al servizio delle famiglie come l’Ufficio Famiglia della diocesi ad esempio, l’Azione Cattolica e l’Équipe Notre Dame. Le loro relazioni hanno messo in evidenza due punti chiave. Innanzitutto la necessità di provvedere a una formazione attenta e premurosa per i fidanzati in quanto radici e virgulti delle famiglie future e in secondo luogo l’urgenza di andare incontro alle famiglie ferite, divise, perché possano sentire l’amore di una Chiesa che le accompagna e le sostiene.

Non crede che il dibattito sulla famiglia oggi in ambito ecclesiale sia eccessivamente concentrato sulla comunione sì o no ai divorziati trascurando l’accompagnamento delle coppie, in modo particolare delle giovani coppie?
Quella della comunione ai divorziati e risposati è una questione delicatissima e di grande urgenza, ma siamo sicuri che il Sinodo saprà affrontarla nella maniera più soddisfacente e secondo le sollecitazioni dello Spirito Santo. Posto questo, la Chiesa ha il dovere di guardare al positivo e concentrare le proprie energie sulla preparazione al matrimonio, attraverso una programmazione di percorsi approfonditi e dinamici pensati apposta per le giovani coppie.

Potrebbe dirci quali sono le principali sfide e le difficoltà connesse con la vita familiare e le sue eventuali crisi nel territorio diocesano?
La prima sfida che ci troviamo ad affrontare riguarda la crisi dei valori che dipende soprattutto dall’atmosfera relativistica, generata anche dai media. Siamo immersi in una cultura che non ci educa all’essenziale ma mira a confondere le acque, lasciandoci sempre un po’ incerti e confusi. La seconda sfida è la crisi delle relazioni, quasi una conseguenza della prima. L’individuo è portato a chiudersi nei confini dell’io, incapace di relazionarsi con l’altro, di vivere e generare relazioni affettive, improntate alla verità e al dono di sé.

Come è organizzata la pastorale familiare nella sua Diocesi e a chi è affidata?
Noi abbiamo un efficiente ufficio di pastorale familiare in cui le attività prevalenti sono la preparazione dei fidanzati al matrimonio e il sostegno alle famiglie attraverso il consultorio familiare. C’è poi un progetto più ampio che riguarda le parrocchie che, per me, rappresentano un avamposto missionario, il luogo da dove partono e si snodano le relazioni tra ogni singolo credente e la Chiesa la prima porta a cui un cristiano bussa per avere risposte.

Nel libro Chiesa come Famiglia, Lei racconta l’esperienza delle Comunità Maria Famiglie del vangelo, com’è nata quest’avventura e qual è, secondo Lei, il valore aggiunto che ha apportato alla pastorale familiare all’interno delle parrocchie?
L’esperienza si sta rivelando molto proficua. Si tratta di chiedere ad un gruppo di persone di iniziare un cammino insieme, all’interno della vita parrocchiale. Quanti intraprendono questo cammino, cominciano a sentire la gioia della vicinanza alla Chiesa e, le conseguenze positive di questa vicinanza, si riflettono nella vita familiare stessa. Perché ad amare si impara e spesso non è sufficiente il percorso, per quanto ben strutturato, di preparazione al matrimonio. Bisogna pensare a dei sentieri nei quali poter camminare insieme. La vita familiare affronta spesso situazioni imprevedibili, a cui si può far fronte spesso in unità con la Chiesa.

Perché ha sentito la necessità di scrivere questo saggio e di cosa ritiene abbia bisogno la Chiesa oggi per sostenere e incoraggiare la famiglia?
Questo libro mira a dare un fondamento teologico, spirituale e pastorale di questa esperienza. Nella mia vita di pastore ho portato avanti con grande determinazione questo progetto imbattendomi anche nelle tante domande dei sacerdoti. Ecco questo libro dà delle risposte e spiega concretamente il progetto in modo tale che chi inizia questo cammino abbia con sé un vademecum.

Nel libro differenzia la pastorale delle famiglie dalla pastorale di famiglie. Vuole illustrarci la differenza?
Questo è per me un concetto fondamentale. La pastorale delle famiglie oggi è più impegnativa perché la presenza delle famiglie nelle parrocchie è sempre meno diffusa ed è perciò difficile averle come interlocutrici. La pastorale di famiglia mira ad intercettare i membri della famiglia in qualsiasi condizioni essi siano, dai giovani, ai fidanzati, ai vedovi e tende a costruire con loro un legame sempre più caldo e raffinato. Le due dimensioni non sono distinte, esse si integrano e si completano a vicenda.

Sempre nel suo libro, parla delle parrocchie come “famiglia di famiglie” ma oggi qual è la situazione delle parrocchie?
Le parrocchie oggi vengono viste come ambienti freddi e burocratizzati dove si avverte sempre una certa distanza. I cristiani vanno in chiesa ma poi fuggono e la parrocchia non riesce ad entrare in relazione con ogni singolo credente. Si entra così in un circolo vizioso, da un lato la frustrazione del pastore che si vede spesso solo, dall’altra quella dei credenti che in parrocchia vorrebbero trovare un ambiente accogliente, quasi domestico. Questo progetto mira a rinnovare anche la parrocchie e la loro importantissima funzione nel rapporto tra la Chiesa e il cristiano.




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