5 novembre 2020

5 Novembre 2020

Vado da Lui ogni giorno per sentirmi bella

di Giovanna Abbagnara

Quando proprio non ne posso più di tutte le brutture, i litigi, le notizie cattive, quando non riesco a comprendere il silenzio di chi dovrebbe parlare, la passività di chi dovrebbe fare qualcosa per cambiare la realtà, quando mi sembra di aver sbagliato tutto: lavoro, movimento, amici, mi fermo e mi metto davanti a Lui con aria di sfida. Ci guardiamo a lungo, ci scrutiamo in attesa di sapere chi sarà a fare il primo passo. Non cedo volentieri. Chi mi conosce sa che non sopporto il silenzio quando desidero essere rincuorata. Al contrario, mi agito ancora di più. Lui però sembra non curarsene. Se ne sta lì e mi guarda. A volte mi capita anche di incrociare le braccia spazientita come una bambina arrabbiata che non ha avuto quanto ha chiesto.

In quei momenti mi sembra di vederlo sorridere beffardo dei miei infantili atteggiamenti.

Il nostro rapporto è così. Come tutte le storie d’amore, è fatto di alti e bassi, di ribellioni e di abbracci, di miserie consegnate e di perdoni gratuitamente ricevuti. Io arrivo sempre da Lui con la mia lista piena zeppa di richieste. Un elenco incalcolabile di intenzioni di preghiera per tanti amici, seguito dalle lamentazioni per le cose che proprio non vanno, continuo con l’elenco dei progetti futuri che faticano a decollare, la vocazione che sembra essere sempre più una via crucis, altro che una via amoris, etc… Ad un certo punto, dopo il mio soliloquio, mi sembra di sentire proprio il rumore della carta quando viene strappata in mille pezzetti e gettata via. Quello è il momento cruciale. Vorrei afferrare la borsa e la pila dei libri che mi porto dietro quando vado da Lui in cerca di risposte e andarmene. Girargli le spalle. Sì. Il mio pensiero è: “Ci vediamo alla prossima!”. E invece ogni volta, sfinita, ripongo finalmente l’armatura, rimetto la spada nel fodero, mi tolgo l’elmo e mi inginocchio. Mentre abbasso gli occhi perché non oso nemmeno guardarLo in faccia, sento il rumore dei suoi passi avvicinarsi, sento il calore della sua mano sulla mia spalla, sento che comincia a parlare.

Mi rialzo. Afferro il Messale che cerco di portare sempre con me e comincio ad ascoltare la sua voce. Le parole scendono nel cuore come un sorso di the caldo durante una fredda giornata di inverno. A poco a poco sento il dolore dissolversi, la delusione fare le valige, la rabbia darsela a gambe. Mi sento amata. A quel punto però subentra la paura di non essere degna di tanto amore e riaffiorano le miserie, il peccato, le distanze. Inizio un altro elenco… fino a che ho il coraggio di alzare il volto e la tenerezza ha la meglio sulla pavidità. Il suo Volto mi rapisce e mi sembra di sentirlo ripetere ogni volta: “So di cosa hai bisogno prima ancora che me lo chiedi”.

A questo punto uno potrebbe dire, puoi riposarti finalmente. E invece la consolazione in cosa consiste? Lui mi mette nel cuore altri desideri, altre situazioni, altre sfide. Sposta abilmente, come un fine avvocato in un’arringa decisiva, il baricentro del discorso da me agli altri. Mi aiuta cioè a decentrarmi. A non ricercare nella preghiera un rifugio, un nascondiglio, piuttosto un avamposto di speranza e di annuncio. E va beh. Alla fine, vince sempre Lui. Io che sono un po’ vanitosa e vorrei passare ancora più tempo di quello rubato alle mille cose alla cura del mio corpo che si sgretola sotto il peso degli anni, sono costretta a fare mia quella bella frase del giovane e fresco beato Carlo Acutis: “Davanti al sole ci si abbronza, ma davanti all’Eucaristia si diventa santi!”. L’Adorazione me lo ricorda ogni volta. La ricerca della bellezza coincide con quella della santità. Facile a dirsi, difficile perseguirla. Ma ogni volta che mi rialzo, lo saluto e vado via, sento che mi ripete: “Ti aspetto, sono sempre qui per te”. So che è così. L’amore non mente, mai.


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