Matrimonio
di Assunta Scialdone, teologa
Ma non sono solo i vergini ad essere sposati con Cristo?
20 Ottobre 2020
Il Battesimo ci ricorda che la “follia” del matrimonio è simile alla “follia” della Croce e che, per essere vissuta in eterno deve essere radicata in Cristo.
Spesso si sente dire che l’amore finisce, come se fosse qualcosa a tempo determinato, scaduto il quale, si dissolve. A volte si ha l’impressione che l’amore sia un “prodotto” a breve, media o lunga conservazione, “dipende” dalle situazioni e dagli eventi. Raramente ci si trova di fronte ad una lunghissima, eterna, conservazione. Per restare sull’analogia alimentare, raramente si ha di fronte un’unione sponsale “stagionata” e, quindi, “pregiata” anche perché sopravvissuta a tutta una serie di agenti esterni che hanno cercato, in tutti i modi, di farla marcire. Spesso, di fronte ad un amore così, c’è chi vorrebbe avere la “ricetta”, o almeno delle indicazioni che vadano bene un po’ per tutti. In realtà, ovviamente, non esiste una “ricetta” unica. Una base unica, invece, sì. Da questa base unica, da questa roccia, germogliano tantissime “variazioni sul tema” perché ogni famiglia è unica e trova un proprio equilibrio interno per poter rendere stabile la propria relazione. La base unica si scorge nel rito aggiornato del matrimonio che, spesso, gli sposi non riescono a gustare perché presi da tutto ciò che fa da cornice al matrimonio stesso: i preparativi e gli accessori. Un breve percorso nella prima parte del rito ci potrebbe permettere di individuare la “base unica”.
All’inizio della Santa Messa degli sposi è posta la memoria del Battesimo, cosa abbastanza strana, potremmo pensare visto che se si è chiesto il matrimonio si presume che gli sposi siano battezzati. Nessuna stranezza, anzi. La memoria del Battesimo sta ad indicare un fatto essenziale per tutti i cristiani e, in special modo, per gli sposi. L’evento straordinario che il Sacramento del Battesimo compie, e che gli altri sacramenti confermano, sta nello sposarci con Cristo. A questa notizia molti cristiani restano un po’ interdetti perché subito dopo chiedono: ma non sono solo i vergini che sono sposati con Cristo? Ebbene no! Tutti i battezzati hanno ricevuto il sigillo di consacrazione nel momento in cui il sacerdote li ha unti sulla fronte, imprimendo loro il segno di Cristo. Quella consacrazione indelebile ci rende sposi di Cristo. Il battezzato diventa una sola carne con Lui, viene incorporato nella Trinità. Diventa figlio di Dio e quindi riceve un’intimità particolare con il Padre celeste. Dal momento del Battesimo, dunque, si diventa sposi di Gesù. Se ben ricordiamo, dopo alcuni anni, abbiamo celebrato la Prima Comunione, l’incontro con lo Sposo Gesù che si svolge all’interno del banchetto di nozze (l’Eucaristia), nel quale avviene, in analogia con i riti ebraici, la consumazione del matrimonio celebrato nel giorno del Battesimo. Lo Sposo diventa concretamente una sola carne con la sua sposa. Proprio come quando due coniugi si uniscono in un rapporto coniugale: la loro mente, la loro anima, il loro spirito e il loro corpo diventano un unico anche se in questa fusione totale i due restano distinti, non si annientano, l’uno non prevalica sull’altro, restano di pari dignità. La stessa cosa avviene quando mangiamo il corpo e il sangue di Cristo. Farebbe a tutti molto bene se solo si pensasse che, dopo aver ricevuto l’Eucaristia, nelle nostre vene circola il sangue di Dio così da diventare una cosa sola con il divino, così che la nostra mente, il nostro cuore, la nostra anima, il nostro spirito e il nostro corpo si fondono con quello di Cristo e che in quel momento chi vede noi vede, concretamente, il volto di Cristo e che mentre Egli prende possesso della persona, questa resta se stessa senza essere annientata da tale potenza.
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Tutto ciò può accadere grazie al Battesimo e, d’altro canto ovviamente, senza lo sposalizio con Cristo (celebrato nel battesimo) non si può accedere alle nozze con lo Sposo (l’Eucaristia). Il Battesimo compie un’altra cosa straordinaria: libera l’uomo dal peccato originale rendendolo pienamente libero di prendere delle decisioni importanti, come ad esempio unirsi in matrimonio. Il Battesimo ha il potere di riportare l’umanità di nuovo “allo stato originario” riconsegnandogli la libertà dei progenitori Adamo ed Eva: la scelta tra Dio o il Serpente. Grazie a questa libertà di scelta riacquistata col Battesimo, gli sposi possono scambiarsi le promesse dell’amore eterno. Il senso e la portata di queste promesse sono racchiusi nelle tre domande prima del consenso. La prima pone l’accento proprio sulla libertà di scelta e sulla consapevolezza del passo che si sta per compiere. Umanamente non si ha mai una piena consapevolezza di ciò che si sta per fare: sarebbe la stessa cosa che firmare una “cambiale in bianco”. La libertà di scelta, però, è in nostro possesso proprio in virtù del Battesimo.
Rispondendo affermativamente alla seconda domanda, gli sposi promettono di amarsi ed onorarsi. Amare i pregi dell’altro è molto semplice. È amare i difetti che risulta essere contro natura. Ebbene in questa seconda domanda si chiede di sposare i difetti dell’altro. Onorare, particolarmente, è un termine che sembra caduto in disuso. L’amore e l’onore sono due facce di quella stessa medaglia che chiamiamo fedeltà. Quando si avvia la vita coniugale sembra che la passione possa bastare perché rende effervescente la dinamica coniugale. Tuttavia ciò che custodisce l’amore non è la passione, ma la fedeltà. Quella quotidiana che trasforma la relazione in uno sguardo di benevolenza, in un prendersi cura l’uno dell’altro nel rispetto e nell’onore, nel dialogo e nelle piccole cose nascoste agli altri che rappresentano il cuore stesso della dinamica coniugale, il suo scrigno segreto. La fedeltà, però, passa attraverso il deserto, cioè i tempi in cui si vivono le paure, i dubbi, le sconfitte, restando tuttavia ancorati alla promessa, con la certezza che Dio ci ha chiamato a percorrere la via del matrimonio donandoci la libertà di scelta.
Nella terza domanda è racchiusa la Speranza. L’amore, per sua natura, è fonte di speranza, perché chi ama sogna di costruire un futuro. Il primo frutto della speranza è l’apertura alla vita. Quando si sceglie di generare vita, di mettere al mondo figli naturali o spirituali, vuol dire che ci si fida di Dio e questa fiducia genera la gioia. Le tre domande possono essere racchiuse nelle parole gratuità e dono che oggi sono piuttosto rare, ma indispensabili per custodire l’amore. La gratuità significa che nella vita coniugale e familiare bisogna dare tutto senza attendere niente. E ciò è vero non perché non sia doveroso ricevere, o perché non abbiamo bisogno di ricevere, ma perché, pur desiderandolo, non si vincola il proprio donarsi a quello che si riceve. Non si misura il dono con quello che si riceve. Il donarsi gratuito consiste nel fatto che ci si dona perché questa è la dinamica dell’amore.
C’è un altro aspetto della gratuità che noi cristiani dovremmo coltivare di più. Consiste nel non restare chiusi nell’ambito domestico, nell’allargare gli orizzonti, aprire le porte di casa e annunciare la bellezza di questo Amore a tutti. Sant’Agostino, nel commentare la parabola degli invitati a nozze, si rivolge agli sposi così: “Amare i figli e il coniuge non è ancora l’abito di nozze. Innanzitutto amate Dio. Sforzatevi di elevarvi fino a Dio e conducete a Dio tutti quelli che potete”. Ecco l’amore puro e disinteressato! Ecco l’amore a “lunga conservazione”. Se manca questo tipo di amore, gli sposi si uniscono solo sulla base dei sentimenti, delle sensazioni, delle passioni che tuttavia non hanno, per loro natura, una lunga vita. Esse sono come il vento che cambia in continuazione e soffia dove e come vuole. Sul vento, evidentemente, non si può radicare la fedeltà. Il vero amore, invece, è eterno se si radica sull’unico vero amore, quello di Cristo che si è donato e continua a donarsi per tutta la sua Chiesa. Gli sposi incarnano proprio questo tipo d’amore e cioè sono chiamati a donarsi totalmente per il bene dell’altro ed, assieme, per il bene dei figli e della comunità dei cristiani. Ciò non è semplice, ma neanche impossibile. Il Battesimo, quindi, ci ricorda che la “follia” del matrimonio è simile alla “follia” della Croce e che, per essere vissuta “follemente” in eterno, deve essere radicata nel Battesimo e in Cristo. Rischia, altrimenti, di restare una “follia” vissuta per poco tempo perché l’uomo da solo non può farcela.
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