13 ottobre 2020
13 Ottobre 2020
Quel desiderio di un figlio ad ogni costo che oggi è anche gratis
di Giovanna Abbagnara
Il 30 settembre presso l’ospedale Niguarda di Milano sono nate due gemelline in seguito ad una fecondazione eterologa. Qual è la notizia? La procedura è stata effettuata in convenzione con il Sistema sanitario regionale, cioè è stato pagato solo il ticket.
Che cos’è l’eterologa? È una tecnica di procreazione medicalmente assistita. A differenza della fecondazione omologa, in cui si utilizzano gameti della coppia (spermatozoi e ovociti), quella eterologa richiede l’utilizzo di gameti donati da individui esterni alla coppia. Oggi per accedere a questa tecnica non è necessario andare all’estero o attingere ad ingenti somme di denaro, in Lombardia lo fanno gratis.
Vediamo l’iter che ha portato a questa grande “conquista di civiltà”! Nel 2014 la giunta dell’allora governatore Roberto Maroni autorizzava la fecondazione assistita eterologa ma decideva che la procedura, un unicum in Italia, sarebbe stata a carico degli assistiti, con tariffe dai 1.500 ai 4 mila euro (mentre per chi accedeva all’omologa si pagava solo un ticket). Nel 2015 arrivano le bocciature di Consiglio di Stato, in aprile, e del Tar, in ottobre. L’anno successivo ecco una nuova bocciatura del Consiglio di Stato, a cui si era rivolta la Giunta per chiedere che fosse riformata la sentenza del Tar che aveva dato loro torto. A gennaio 2017 il dietrofront della Regione: si pagherà soltanto il costo del ticket, circa 500 euro. A maggio 2019 le delibere regionali individuano il Niguarda come hub centralizzato di stoccaggio di gameti donati e come primo centro specializzato in Lombardia per questo tipo di fecondazione. Si arriva così al febbraio di quest’anno, poco prima che scoppiasse la pandemia, con le prime fecondazioni eterologhe (attualmente l’ospedale segue 60 casi). Esulta Giulio Gallera, assessore regionale al Welfare: “È un risultato importante, Regione Lombardia ha messo in campo impegno e risorse per l’avvio di questo percorso, sostenendo la realizzazione della banca dei gameti. Oggi con gioia possiamo salutare queste nuove vite che coronano il sogno di maternità e paternità dei genitori”.
Una bella favola a lieto fine direbbe qualcuno. Peccato che per arrivare a questa agognata felicità è stata necessaria una procedura che di fiabesco ha ben poco. Innanzitutto sono stati prodotti in laboratorio embrioni da vari donatori. Espletata questa prima fase, gli embrioni vengono catalogati e passano la selezione solo i migliori come in un concorso di bellezza. Quelli accidentati o non perfetti vengono eliminati, quelli perfetti non utilizzati verranno congelati. I prescelti sono impiantati nell’utero della donna che molto probabilmente non sarà la madre biologica o sarà la madre naturale ma il gamete del padre sarà di uno sconosciuto. Al via la prima prova, fino al massimo di tre impianti. Tutto questo a spese dei contribuenti della Regione Lombardia a differenza magari di un altro povero ammalato e contribuente per il quale le procedure di cura non sono previste dal Sistema regionale sanitario.
Domanda lecita quanto doverosa: perché l’assessore al Welfare non profonde lo stesso impegno per semplificare e demonetizzare le procedure per le adozioni nazionali e internazionali? Perché non si rafforzano le buone prassi per favorire presso le famiglie che desiderano un figlio l’accesso all’adozione? Tanti, troppi bambini attendono una mamma e un papà e il loro bisogno si disperde tra burocrazia e lungaggini infinite nonché tra costi altissimi. Per non parlare poi della selezione degli embrioni che l’eterologa contempla e sulla quale nessuno batte ciglio. Sono contenta per i genitori delle due gemelline che hanno realizzato il sogno di avere dei figli ma il prezzo che abbiamo pagato tutti in termini di vite umane è altissimo. Intanto migliaia di malati in Italia sono in fila per ricevere cure adeguate alle loro patologie. Mi sembra che ci sia un divario eccessivo tra desiderio e necessità. E la bilancia è sempre spostata purtroppo sul desiderio.
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