9 ottobre 2020

9 Ottobre 2020

Quando il male è il tuo vicino di casa

di Giovanna Abbagnara

Codogno – Un uomo di 50 anni è stato condannato a 19 anni in primo grado per adescamento di minori online e violenza sessuale. Su WhatsApp si fingeva una ragazzina – Giulia la malvagia -, adescava due bambine, vicine di casa di 10 e 13 anni e le obbligava ad andare a casa sua e ad avere rapporti sessuali sotto la minaccia di far del male ai loro genitori. L’uomo inoltre aveva disseminato telecamere in ogni angolo della casa per registrare le violenze, e pretendeva che le bambine a loro volta si filmassero tra loro e gli inviassero poi i video.

Una sentenza esemplare per la giustizia italiana. Lodevole sia il lavoro della pm Alessia Menegazzo che aveva ottenuto l’arresto dell’uomo 16 mesi fa sia dei giudici Giuseppe Pighi, Sara Faldini e Ivonne Calderon che hanno deciso la condanna a 19 anni (2 più della richiesta del pm, e 100.000 euro di danni alle famiglie parti civili) per violenze sessuali su minori, sostituzione di persona, e produzione di materiale pedopornografico.

Il fatto agghiacciante merita però qualche riflessione in più che dobbiamo avere il coraggio di fare senza nasconderci dietro a un dito. L’associazione Meter Onlus, fondata da don Fortunato Di Noto, ha denunciato a diverse polizie nel mondo, anche quella italiana, dal 2003 al 2019 l’attivazione di 174.731 links puri di pedopornografia; solo nel 2019, 7.074.194 foto e 992.300 video (età dei bambini coinvolti: da pochi giorni fino a 13 anni, l’età preferita dai pedofili); 61.525 denunce (un’enormità), spesso non prese in considerazione per l’approfondimento e l’indagine. Durante il lockdowm sono state centinaia le segnalazioni alla Polizia Postale di canali social dove non solo venivano adescati i minori, ma gli stessi, o per gioco o perché ricattati, producevano a loro volta materiale erotico. Un vero e proprio giro di schiavitù. Vittime: i bambini.

È chiaro che non basta la denuncia. Il fatto di Codogno, come di tanti altri, chiama in causa anche il ruolo genitoriale e richiede una riflessione seria. Mettendo da parte i casi in cui la pedofilia si consuma tra le mura domestiche, prendiamo in esame lo spaccato di vita che emerge dall’utilizzo del web. Il telefonino dato dai genitori ai figli ancora troppo piccoli, l’accesso a piattaforme online che senza un adeguato affiancamento possono rivelarsi delle vere e proprie trappole, le immagini di animali coccolosi o di personaggi in voga per conquistare l’attenzione e la fiducia dei piccoli sono solo alcuni campanelli di allarme che spesso vengono trascurati.

Non dobbiamo demonizzare l’utilizzo della nuova tecnologia ma dobbiamo prendere coscienza che spesso proprio i genitori sono i primi dipendenti. È necessario un uso responsabile prima che i bambini vengano risucchiati in un sistema intelligente di adescamento. Questi signori pedofili sono i maestri del male. Non si spiegherebbe altrimenti la capacità del 50enne di Codogno di entrare in confidenza con queste bambine e convincerle a recarsi a casa propria e a sottometterle ad ogni suo desiderio. C’è una capacità di narrazione, di seduzione, di falsa tenerezza che li contraddistingue.

Poi scusate se faccio domande scomode: ma cosa ci fa una bambina di 10 anni a casa di un vicino 50enne che evidentemente vive da solo? Quando tempo passa questa bambina di 10 anni sul telefonino per avere il tempo di farsi adescare dal vicino pedofilo? Come mai nessuno le chiede: con chi stai chattando? Hai conosciuto qualcuno in chat?

Lo so noi genitori siamo stanchi: il lavoro, la casa, i problemi… Preferiamo pensare che provvedendo a tutte le cure del corpo per i nostri figli: dal nutrimento al vestiario passando per le vaccinazioni, abbiamo fatto il nostro dovere di genitori. Purtroppo non è così. Il male si traveste di buone intenzioni e spesso è il vicino di casa al quale prestiamo lo zucchero ogni tanto. Non dico che bisogna essere diffidenti verso tutti, dico solo che bisogna essere concentrati su altro. Faticoso ma necessario.


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