15 settembre 2020

15 Settembre 2020

Il Parco Verde a Caivano e quell’uomo con il colletto bianco

di Giovanna Abbagnara

Napoli – Ennesima tragedia consumatasi presso il Parco Verde di Caivano, teatro qualche anno fa del dramma della piccola Fortuna Loffredo e di tanti piccoli fatti legati alla criminalità. Questa volta a perdere la vita è stata una giovane ragazza di 18 anni Maria Paola, che era in scooter con un’amica Cira, che da qualche anno aveva scelto di farsi chiamare Ciro. Le due ragazze avevano una relazione. Domenica mattina mentre erano in motorino sono state speronate dal fratello di Maria Paola, Michele, 30 anni, e sono cadute. Maria Paola ha perso la vita sul colpo, Cira ha riportato ferite guaribili. I giornali hanno subito strumentalizzato la terribile morte della giovane per ribadire la necessità di avere in Italia una legge contro l’omotransfobia dimenticando che la legge già c’è e punisce severamente le violenze di questo tipo. Alle tragedie spesso purtroppo si associano i tentativi di fare politica anche sul corpo ancora caldo di una giovane ragazza.

In questo dolore grande che ha colpito la famiglia di Maria Paola che in un attimo ha perso una figlia e si ritrova un altro in carcere, c’è una figura che si staglia sullo sfondo. Ed è quella di don Maurizio Patriciello. È lui che ha raccontato la verità dei fatti. È lui che non si è seduto alla scrivania a scrivere qualche frase di circostanza che la gente vuole sentire spesso dai preti. Sono 30 anni che vive nel quartiere. Conosce le famiglie, i giovani perché scende in strada, bussa alle loro porte, denuncia senza sosta il degrado che si vive in quel luogo, non ha paura di dire che le istituzioni sono assenti e che in quella terra dei fuochi i bambini, i giovani, i papà e le mamme muoiono di cancro con un’incidenza altissima.

Quando è morta Maria Paola, il buon parroco si è recato subito dai genitori: “Sono stato tutta la mattina a parlare con Pina e Franco: sono distrutti. Sono in un mare di lacrime. Maria Paola è diventata maggiorenne a luglio scorso – sottolinea don Patriciello che ha battezzato sia lei che Cira – Appena ha compiuto i 18 anni è voluta andare via di casa ma non è corretto dire, come riportato dalla stampa, che è andata a convivere con Cira, che ha scelto di chiamarsi Ciro. Non avendo un lavoro, Ciro non aveva soldi per far fronte alle spese di una casa. La verità è che lui e Maria Paola venivano di volta in volta ospitati da qualche parente di Ciro ad Acerra. Questa condizione naturalmente non faceva piacere ai genitori di Maria Paola. Lei era la ‘cocca’, la ‘piccola’ della casa. A modo loro, hanno tentato in tutti i modi di far capire alla figlia che non doveva lasciare la scuola di estetista. I Gaglione sono una famiglia povera, che non può certo permettersi una schiera di avvocati. Una famiglia che da un giorno all’altro si è trovata catapultata in questa situazione più grande di loro”. Certo, “senza ombra di dubbio, i genitori non erano preparati a questo tipo di relazione, ma pian piano stavano abituandosi all’idea. Quello che non accettavano più di tutto è che la figlia se ne fosse andata via così, all’avventura, senza un lavoro. Avrebbero solo voluto creare un futuro per lei”.

I giornali parlano delle lacrime di Rosa, la madre di Ciro e la sua lungimiranza ad accogliere la figlia trans nonostante “non abbia studiato” e invece sono pronti a condannare l’arretratezza culturale dei genitori di Maria Paola. L’uomo dal colletto bianco è stanco. Dal sagrato della sua chiesa, commosso quasi grida: “Qui al Parco Verde sarà sempre peggio. D’altronde lo Stato ha deciso a tavolino che questo debba rimanere un ghetto. Quello che accade ne è solo la diretta conseguenza. È inutile, qui non c’è futuro”. Il suo è uno sfogo incontenibile, annuncia di sentirsi solo e pur precisando che non si tratta di una resa ma di un normale avvicendamento aggiunge che tra poco anche lui lascerà Caivano e il Parco Verde. “Qui le istituzioni non ci sono. La gente perbene se ne va e le loro case vengono occupate dai malavitosi”. È un uomo che si è caricato di tante croci ma proprio per questo è stato ed è un segno di speranza. Caivano senza di lui sarebbe molto più povera. Don Maurizio tiene accesa la luce della fede. Anzi, è lui stesso quella candela che si consuma giorno per giorno.


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