12 settembre 2020
12 Settembre 2020
Ogni mattina cerca la sua bambina nel fiume
di Giovanna Abbagnara
Sondrio – È un caldo pomeriggio di settembre quando Hafsa, 15 anni, insieme alla cugina decide di trascorrere qualche ora di refrigerio presso il fiume Adda. Mentre stava tentando di raggiungere una spiaggetta al parco Bartesaghi di Sondrio, forse scivolando è stata però travolta dalla corrente. Scomparsa nel nulla da più di dieci giorni. La ragazza di origine marocchine, residente nel capoluogo della Valtellina, viene risucchiata sotto gli occhi dei parenti. I soccorsi e le ricerche durano da giorni ma purtroppo non hanno ancora restituito il corpo della giovane. Il papà che in quel momento si trovava in Marocco, da quando è tornato, ogni mattina si tuffa nel fiume alla ricerca della sua piccola. Un video che sta girando sui social lo mostra mentre nuota controcorrente, fruga tra le rocce, cerca di scandagliare il fondo.
Mi sono bastati pochi secondi del video girato da un passante per fermarmi commossa davanti al dolore di questo padre e alla tenacia del suo desiderio di dare almeno alla figlia una degna sepoltura. «Non posso smettere di cercarla — queste le sue parole riportate dal quotidiano la Provincia di Sondrio — mi sto dando da fare per trovarla e spero che ci sia qualcuno con buona volontà che voglia mettersi a disposizione per aiutarmi. In tanti hanno operato per riportarmi la mia Hafsa, sicuramente hanno fatto un buon lavoro, ma non sono riusciti a trovarla». Un padre non si arrende, non può arrendersi. L’amore va oltre la ragionevole accettazione.
Mensilmente nella Cappella dedicata ai Santi Luigi e Zelia Martin in Angri (SA), è celebrata una Eucaristia per i genitori dei figli in cielo. Li vedo venire quel giorno, ogni volta con il loro carico di dolore. Arrivano per tempo, si siedono composti e cominciano a pregare. Prima il Rosario, poi la Celebrazione. Ascoltano il sacerdote con attenzione. Qualcuno stringe tra le mani una foto del proprio figlio. Non è semplice per me partecipare. Lo dobbiamo dire con chiarezza, per un genitore sopravvivere ad un figlio è straziante. Si apre una voragine che inghiotte il passato e anche il futuro. Il tempo si ferma e la vita stessa assume un volto duro. Una volta una mamma mi ha detto: “Vivo per morire e poter finalmente rivedere mio figlio”. È l’amore che le faceva dire queste parole che solo apparentemente possono sembrare disperate. L’amore è più forte della morte. “È di quest’amore che dobbiamo farci ‘complici’ operosi, con la nostra fede!” ha detto un giorno papa Francesco in un’omelia a Santa Marta. Sono certa e ferma in questa speranza soprattutto per il papà di Hafsa.
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