10 settembre 2020
10 Settembre 2020
Willy: ciò che i giornali non dicono
di Giovanna Abbagnara
Colleferro – L’omicidio di Willy, un ragazzo di 21 anni colpevole di essersi opposto alle violenze di un gruppo di bulli ci ha lasciati tutti basiti. Una giovane vita è stata stroncata nel pieno del suo vigore. Non è necessario aggiungere altro. Ho fatto passare un po’ di tempo prima di scrivere su questa vicenda. Bisognerebbe sempre farlo. Purtroppo, i media vivono sulla tempistica e si divertono ad offrire particolari piccanti e inediti di tutti i personaggi delle tragedie che si consumano ogni giorno nel nostro Paese. Siamo diventati un Grande Fratello a cielo aperto e i media le telecamere attraverso cui ispezionare i colpevoli con una precisione che fa un baffo a Poirot, il celebre investigatore dei miei amati romanzi gialli della gioventù. Così sappiamo tutto sulle vite private degli aguzzini: le loro relazioni, quali palestre frequentavano, quale linguaggio usavano, i gusti televisivi. Qualcuno ha osato anche fare una interpretazione dei loro pensieri analizzando per filo e per segno i tatuaggi sui loro corpi muscolosi.
Non è accaduto lo stesso per un altro episodio che si è consumato a Bastia Umbra il 15 agosto scorso. Un giovane di 24 anni, Filippo Limini è stato picchiato e poi investito due volte con l’auto da tre ragazzi di origine albanese, arrestati con l’accusa di omicidio. Avete letto la notizia? Oppure intravisto decine di cronisti aggirarsi in provincia di Perugia come accaduto dopo la morte di Willy a Colleferro? No. Perché? Come mai? Perché la morte di Filippo è passata quasi sotto silenzio sui grandi media a differenza di quella di Willy? Eppure, a ben vedere, si tratta di due analoghe quanto drammatiche vicende. Non voglio entrare nelle questioni razziali o peggio politiche che muovono il nostro Paese, certo è che l’opinione pubblica, l’indignazione, la pietà, l’odio in questa nostra società è pilotata ad arte e noi beviamo tutto a grandi sorsi. Investigatori del male non sappiamo più interrogarci su come vivere da fratelli e rispettarci come persone.
La seconda considerazione, che riguarda sempre il mondo dell’informazione, è l’immagine che viene fuori dai media della periferia di Colleferro e della sua comunità residente etichettata come una macchia nera della campagna romana. Pochi sanno che lì a Colleferro ci sono tantissime esperienze di sport sociale, come i ragazzi del Quarticciolo che con la loro palestra popolare allontanano decine di giovani dallo spaccio e dalla strada. Le iniziative di Calcio sociale a Corviale e a Pietralata. Colleferro ha inoltre un sindaco giovane e molto bravo che opera per rendere la città vivibile e migliorarla. E ci sono nell’area di Artena due circoli Arci molto presenti e attivi e una parrocchia che presidia il territorio con attenzione. Quanto sostegno hanno queste realtà dai media, dalla politica?
Non basta indignarsi, giocare a fare i detective, piangere i nostri figli, bollare le piccole comunità come ceppi di criminalità, ignorare l’inefficienza di politiche di integrazione per gli stranieri, piangere qualche lacrima, fare qualche post sui social come ha fatto Conte e poi voltare pagina lasciando soli che cerca di fare qualcosa di buono. La morte di Willy deve farci cambiare rotta, altrimenti resterà solo una foto in prima pagina.
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