Lavoro e maternità

“Grazie ai miei sei figli ho scoperto la forza nascosta delle donne”

mamma

di Elisa Valmori

Conciliare lavoro e maternità è possibile? Assolutamente sì secondo Elisa Valmori. Ginecologa, tirocinante per l’insegnamento dei Metodi naturali, ma soprattutto mamma. “Se guardo la mia vita dall’alto oggi mi accorgo che, in un certo senso, queste tre esperienze sono facce diverse della stessa medaglia, collegate l’una all’altra”.

Sono Elisa Valmori, ho conosciuto il Metodo Billings (metodo naturale di regolazione della fertilità) appena dopo essermi sposata, in occasione del corso insegnanti che si è tenuto nel 2007 e… da allora sono tirocinante! Nel frattempo sono diventata mamma, Carlotta (aprile 2008), poi Giuditta (aprile 2009), Maria Sofia (febbraio 2011), Pietro (maggio 2015), Gregorio (aprile 2016) e in ultimo di Agostino (aprile 2018).

In questi anni, tra una maternità e l’altra, mi sono anche specializzata in Ostetricia e Ginecologia presso l’ospedale san Paolo di Milano. Se guardo la mia vita dall’alto oggi mi accorgo che in un certo senso, queste tre esperienze sono facce diverse della stessa medaglia, collegate l’una all’altra. L’acquisizione del Metodo Billings è stato prezioso per scoprire la ricchezza e il dono della fertilità di coppia, ma in modo particolare è stato un incentivo a conoscermi e a fidarmi del mio corpo senza ricorrere a strumenti esterni. Come medico, ho approfondito delle conoscenze sulla cervice uterina e sull’importanza del muco cervicale che nessuno mi aveva mai illustrato prima.

Con la maternità di Carlotta, ho seguito un corso pre-parto tenuto dalle ostetriche dell’associazione “Felicita Merati” (cfr. il sito internet www.associazioneostetriche.it) che mi hanno aperto gli occhi sui limiti della medicalizzazione del parto e della gravidanza che non è una malattia ma, tra le altre cose, un’occasione privilegiata per imparare ad ascoltare il proprio corpo e i segnali che ci manda. Il parto, ho scoperto, non è un evento doloroso da temere e anestetizzare, ma un’incredibile esperienza di amore, dove si può esprimere la forza nascosta in ogni donna. Una donna che sa ascoltarsi, ha più strumenti anche per ascoltare e accogliere i figli. Così, se il figlio piange, sarà spontaneo prenderlo in braccio e cullarlo, invece di lasciarlo lì “così si fa i polmoni” o, più spesso, nel timore di viziarlo. È impossibile viziare un neonato perché la natura lo ha “programmato” per esprimere solo bisogni vitali: fame, sete, sonno e… affetto! 

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Il problema, forse, è che siamo in una società individualista dove l’ideale della vita è essere autonomi, indipendenti. Se uno si innamora, ha già perso la sua autonomia e sarà ben contento di dipendere affettivamente dalla persona amata. In una famiglia è facile e bello che ciò succeda. Dopo la nascita di Carlotta, e una disastrosa esperienza di allattamento, mi sono imbattuta in un libro intitolato Portare i piccoli di Esther Weber. Ho scoperto la fascia lunga come strumento per far dormire a lungo la mia bimba mentre io, con le mani libere, potevo leggere, andare a spasso e perfino cucinare! Sono stata spesso criticata (ma respira? È comoda? Così la vizi!) ma sono convinta di aver sfruttato al massimo i mesi di maternità per essere pronte entrambe al distacco che la ripresa del lavoro normalmente comporta. Sono sicura che i bimbi fanno meno fatica a staccarsi se sentono che noi siamo almeno convinte di quello che facciamo e se ci fidiamo della persona a cui li diamo in carico.

Io ho avuto la fortuna di poter contare su entrambe le nonne e, secondo me, meglio dei nonni non c’è nulla! Lo dico sia perché spesso ho sentito mamme indecise se mandare figli al nido o lasciarli ai nonni, sia perché mi sono accorta che, finché ero a casa in maternità, tendevo a “trascurare” le mie bimbe per sbrigare mille faccende, mentre con il ritorno al lavoro il tempo diventa prezioso per stare insieme. I nonni fanno risparmiare non solo la retta dell’asilo ma anche molte malattie…

In questi anni ho avuto tre esperienze di allattamento. Ho sempre creduto nell’allattamento a richiesta ma solo dalla terza figlia ho scoperto che questo comporta che si allatti non solo senza orario fisso dei pasti ma anche senza limite di tempo per parte, aspettando con pazienza che il bimbo si stacchi da solo e lasciando che mangi anche da un seno solo per volta, se lo desidera. 

Quando si torna al lavoro, succede che il pasto comune diventi la cena. Se possibile, è più pratico che ci sia un cibo unico per tutti ma, prima dell’anno di vita, è facile che il bambino non sia ancora in grado di mangiare di tutto… Sto scoprendo che non c’è nessuna fretta di svezzare (come secondo tante colleghe pediatre) sia perché i bimbi si svezzano da soli, sia perché il latte della mamma è l’alimento più completo in assoluto, dato che contiene persino gli anticorpi per proteggersi dalle malattie. Noi abbiamo una visione parziale dello svezzamento perché pensiamo di dover togliere il seno per togliere un vizio (come la parola stessa implica), mentre si può benissimo affiancare il latte materno alla pappa, finché il bimbo lo desidera. I bambini sanno quanto e cosa devono mangiare, spesso noi mamme ci estenuiamo a dare quantitativi di pappa sproporzionati al loro appetito ma nessun bambino si è mai lasciato morire di fame! Illuminante, a questo proposito, la lettura di Il mio bambino non mi mangia del pediatra spagnolo Carlos Gonzalez, che può essere davvero un aiuto a vivere in serenità il momento della pappa insieme ai propri figli.

Tornando agli inizi della mia avventura di mamma, mi è capitato di ricevere in regalo due libri diametralmente opposti: Fate la nanna di Eduard Estivill e Senza pannolino di Laurie Boucke. Il primo testo pretende di insegnare a dormire ai bimbi, il secondo propone di abituarli a fare pipì e popò sul lavandino e nel vasino sin dalla più tenera età. Il difetto del primo libro è che fa sembrare normale il fatto che un bimbo abbia bisogno di essere addestrato a dormire (mentre il sonno è una funzione vitale senza la quale il cervello non è in grado di rigenerarsi) e, in secondo luogo, che sia normale che un bimbo di pochi mesi dorma filato tutta la notte. In realtà, è normale che un bambino al di sotto dei tre anni si svegli anche più volte per notte, ma ai nostri giorni si preferisce dare una medicina per conciliare il sonno (vedi la diffusione del Noprom), oppure farlo piangere ogni giorno qualche minuto di più come propone Estivill finché il bimbo impari a dormire da solo (e a non chiedere più se ha bisogno di aiuto).

I bimbi hanno bisogno dei genitori anche di notte, c’è poco da fare! È per questo che le linee guida che promuovono l’allattamento al seno suggeriscono che mamma e bambino dormano nella stessa stanza: così la mamma può rispondere meglio ai segnali del suo bimbo. Non solo: sembra che questa modalità aiuti a prevenire la cosiddetta morte di culla! Una mamma che torni al lavoro non deve spaventarsi se il suo bimbo, che prima di notte era un angioletto, ora stenta ad addormentarsi e si sveglia più volte per notte: sta solo cercando di ottimizzare il tempo per stare insieme a lei! Se il bimbo è ancora piccolo e, soprattutto, se la mamma è disposta, può essere una buona idea quella di dormire tutti insieme nel lettone (attrezzandolo con le sponde, per prevenire cadute).

Sulla vicenda “patelli” non sono riuscita a farne a meno, ma è vero che anche i neonati ci danno dei segnali quando devono fare pipì e popò ed è quindi possibile metterli sul lavandino e assistere alle loro “esibizioni”. Penso che questa attenzione aiuti i bimbi a familiarizzare fin da piccoli con il proprio corpo, ad ascoltarlo e a viverlo da protagonisti. Uno strumento ancora più bello, in questo senso, è il massaggio. È un momento di vero dialogo tra mamma e bimbo e mi ha sempre colpito l’importanza di chiedere il permesso prima di iniziarlo e di lasciare scegliere al bambino con quale gamba vuole incominciare. Questo a riprova del fatto che i bambini sanno, anzi: a dire il vero credo che sul corpo (fame, sete, sonno, coliche …) ne sappiano più loro di noi.

Per maggiori informazioni esiste il sito dell’Associazione Italiana Massaggio Infantile www.aimionline.it. Un modo infallibile per stare con loro al meglio quando non capiamo cosa li disturbi, è quello di chiedere: “Fammi capire cosa c’è che non va …” oppure, se siamo noi in crisi per qualche motivo, parliamo loro apertamente, così sapranno darsi una ragione dei nostri nervi a fior di pelle (i bimbi sentono tutti i nostri stati d’animo!). Per concludere, i figli sono nostri ma non sono per noi: ci sono affidati perché noi li aiutiamo a crescere e a prendere la loro strada. Normalmente, i figli crescono non grazie ma nonostante i genitori… quindi c’è speranza per tutti!




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