Diritto e disabilità La disabilità? Un altro modo di “essere nel mondo” Autore articolo Di PUNTO FAMIGLIA Data dell'articolo 3 Gennaio 2020 Nessun commento su La disabilità? Un altro modo di “essere nel mondo” di Margherita Lampitelli, insegnante Niente pietismo quando si parla di disabili. Sono persone “speciali”, a cui non è dato usare i canali convenzionali della comunicazione e che noi abbiamo reso prigionieri. La disabilità, quella vera, è negli occhi di chi guarda. Il 3 dicembre, in occasione della Giornata dei Diritti delle persone con diversa abilità ho proposto in classe delle storie di ordinaria straordinarietà. La storia di M. ad esempio che doveva partecipare ad uno spettacolo teatrale e, nonostante si fosse esercitato con tante prove, non era riuscito ad affrontare il pubblico, rimanendo sul bordo delle quinte durante lo spettacolo. Di G. che voleva partecipare al coro e aveva provato a raccontarsi giocando con lo xilofono, perché non riusciva a parlare. Di A. che quando voleva dirci che era felice o arrabbiato faceva un “balletto” tra i banchi. Abbiamo parlato di persone “speciali”, a cui non è dato usare i canali convenzionali della comunicazione: sono “con” noi e “tra” noi attraverso un loro modo tutto speciale di rapportarsi. Un modo che parla di bisogno di relazioni significative, di ruoli chiari, di identità da valorizzare. La disabilità li attraversa, ma ognuno di essi “non è disabilità e basta”. Il loro limite fisico, cognitivo o relazionale insegna un altro modo di “essere nel mondo”. Essere riconosciuti nelle loro emozioni, nelle sensazioni, nelle aspirazioni, nell’energia vitale che possiedono, ma che rischia di non potersi esprimere perché prigionieri. Leggi anche: Bimba affetta da una malattia grave non può andare a scuola, le mamme vaccinano i figli e le aprono le porte dell’asilo Prigionieri di cosa? Certo del limite biologico, ma soprattutto del nostro modo di guardarli, dell’idea che si è al mondo per “eccellere”, per essere sempre i primi e non sbagliare mai. Prigionieri della smania che ci spinge a riempire la nostra vita e quella dei nostri figli di cose e attività, caricandoli di aspettative sui risultati e spingendoli alla competizione. E quando un figlio, per una patologia che lo limita, non riesce a stare al passo con le nostre aspirazioni, quali diventano le priorità? Cosa diventa importante a quel punto? La risposta viene da un gruppo di ragazzini di prima media, che alla domanda “di cosa può aver bisogno il tuo compagno di classe speciale?”, hanno risposto: “Essere parte del gruppo, stare con noi” oppure “essere accolto e accettato nel suo modo di essere, perché se una persona si sente amata, il suo mondo cambia, diventa una persona felice”. Nella loro spontaneità, i ragazzini ci disarmano: poche chiacchiere, parlano le azioni. Anche se essere amici di una persona speciale a volte appare loro faticoso, questi piccoli ci raccontano di un’amicizia che li arricchisce continuamente, insegna nuovi modi di incontrarsi, e li fa “stare bene” insieme. E ci riportano alle parole di papa Francesco, che, nel Messaggio per la Giornata mondiale della disabilità, ha sottolineato il bisogno di “rendere più umano il mondo, rimuovendo tutto ciò che impedisce una piena cittadinanza”, “con forza e tenerezza”, contro “la cultura dello scarto” che porta molte persone a sentire “di esistere senza appartenere e senza partecipare”. Ai nostri amici, ai nostri figli speciali non serve pietismo, né compassione, ma essere pensati come coloro che possano contribuire a rendere più bello il mondo attraverso la propria storia, fatta di momenti di sofferenza e di gioia, sempre espressione della loro unicità. In quest’ottica si muove la neonata esperienza di Progetto Famiglia Emmanuel, volta a creare una rete di amicizie significative tra i bambini speciali e i cosiddetti “normotipici”, con l’idea di offrire a tutti un’occasione di scambio e apertura all’altro. Ognuno in tal modo, accolto con le sue caratteristiche, può aiutare l’altro a tirar fuori le risorse migliori. La disabilità è in un gesto che inibisce l’azione, in una parola che spegne l’entusiasmo, in uno sguardo che dice “non sei capace”! La disabilità è negli occhi di chi guarda. Cambiamo il nostro sguardo, la nostra mentalità. Pensiamo a quello che la persona può offrire, non a quello che abbiamo in mente, come modello astratto. Accostiamoci ai nostri fratelli speciali in modo autentico e offriamo loro la nostra amicizia. Di questo hanno bisogno. Di questo noi abbiamo bisogno. Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia Cari lettori di Punto Famiglia, stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11). CONTINUA A LEGGERE Tag disabilità ANNUNCIO Lascia un commento Annulla rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy. Ho letto e accettato la Privacy Policy * Ti potrebbe interessare: “Noi, portate in pellegrinaggio dai santi Martin”: quattro suore si raccontano “Volevo essere pura, ma non ci riuscivo per insicurezza. Poi accadde qualcosa…” Carlo Acutis e Piergiorgio Frassati: ecco le date della loro canonizzazione Causa di canonizzazione per Carlo Casini? Per Paola Binetti sarebbe segno di speranza “Papà per scelta”: quando il sentimentalismo non lascia posto a un dibattito vero Il compleanno di vostro figlio, una tappa del viaggio della vita Chi è causa del suo mal pianga se stesso? La Vigna di Rachele non la pensa così… “Life skills”: strumento per combattere e prevenire le dipendenze nei giovani Ero ateo, sono sacerdote: mia madre pregava che trovassi la felicità “Prof, perché va a Messa, se insegna scienze?”. Io rispondo con la storia di Enrico Medi Cambia impostazioni cookie Close GDPR Cookie Settings Panoramica privacy Cookie strettamente necessari Cookie funzionali (player di Youtube e Spotify) Powered by GDPR Cookie Compliance Panoramica privacy Questo sito web utilizza i cookie per offrirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie vengono memorizzate nel tuo browser e svolgono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito web trovi più interessanti e utili. Per ulteriori informazioni sui cookie utilizzati su questo sito leggi L'INFORMATIVA COOKIE Cookie strettamente necessari I cookie strettamente necessari dovrebbero essere sempre attivati per poter salvare le tue preferenze per le impostazioni dei cookie. Abilita o Disabilita i Cookie Se disabiliti questo cookie, non saremo in grado di salvare le tue preferenze. Ciò significa che ogni volta che visiti questo sito web dovrai abilitare o disabilitare nuovamente i cookie. Cookie funzionali (player di Youtube e Spotify) Questo sito Web utilizza i seguenti cookie aggiuntivi: (Elenca i cookie che stai utilizzando sul sito web qui.) Abilita o Disabilita i Cookie Attiva i cookie strettamente necessari così da poter salvare le tue preferenze!