Fecondazione assistita
Figlio di due uteri: è nato così il piccolo Otis
di Chiara Chiessi
In Inghilterra due donne hanno portato avanti la stessa gravidanza. Obiettivo? Sentirsi "uguali per tutto il processo". In Rete piovono gli scatti della bella “famiglia felice”, ma chi si preoccupa di quello che vogliono i bambini?
La barbara pratica della fecondazione in vitro, rappresenta il commercio moderno atto a mercificare il bambino, visto come un prodotto che deve soddisfare determinate caratteristiche, e che viene acquistato a peso d’oro in un vero e proprio “processo industriale” che fa letteralmente rabbrividire.
In questa vicenda, che coinvolge due donne omosessuali inglesi, si è però andati anche oltre. Jasmine e Donne, 28 e 30 anni, si sono sposate l’anno scorso, dopo essersi conosciute tramite una chat di incontri online.
Entrambe desideravano un figlio. “Normalmente”, nelle coppie lesbiche avviene l’ovodonazione interna: una delle madri dona l’ovulo fertilizzato in vitro, poi trasferito nel grembo dell’altra, che porta avanti la gravidanza. In questo caso però, entrambe si sono volute sentire “uguali per tutto il processo”. Dunque che cosa hanno pensato?
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Il bambino è stato portato in grembo da entrambe. La London Women’s Clinic, a cui si sono rivolte, ha impiantato l’embrione per 18 ore nell’utero di una, facendo proseguire la gravidanza nell’utero della seconda. Una delle due, Jasmine, ha dichiarato: «La procedura ha davvero fatto sentire me e Donna uguali in tutto il processo e ci ha unite di più sentimentalmente… se dovessimo ripetere il processo non cambieremmo nulla».
Ha poi proseguito Donna: «Ci sono molte coppie dello stesso sesso in cui una persona fa tutto da sola, quella persona rimane incinta e partorisce, mentre così siamo coinvolte entrambe al massimo… ciò aiuterà le persone in futuro».
Il piccolo, che si chiama Otis, acquistato con l’ovodonazione, impiantato prima in un utero, poi in un altro, crescerà senza un padre, per soddisfare un desiderio egoista di maternità doppia, contro l’ordine naturale della famiglia e della procreazione.
Katy Faust, nata da fecondazione in vitro e cresciuta con due donne, ha dichiarato: «Quando i bambini vengono fatti in laboratorio, si considera solo ciò che gli adulti vogliono, non i diritti o le esigenze dei bambini. Quindi il successo è misurato dal fatto che gli adulti siano felici o tristi, indipendentemente dal fatto che i bambini tornino a casa con i loro genitori biologici».
Qualcuno ha mai chiesto a questi bambini nati in laboratorio se desiderano crescere senza padre o senza madre? Le “madri” di Otis glielo chiederanno mai?
Sempre più sono le persone che gridano contro l’ingiustizia della fecondazione in vitro, contro il desiderio egoistico degli adulti di volere a tutti i costi un figlio, come fosse una proprietà, trattato al pari di una casa da dover condividere.
Ovviamente nessun giornale onesto intellettualmente riporterà mai il grido di questi uomini e donne figli della fecondazione artificiale, che hanno riportato al loro interno delle ferite enormi, come dimostrano anche le testimonianze presenti sul sito Them before us.
Non lo faranno mai. È più facile rintanarsi nella menzogna della bella storiella e delle belle foto di due donne che dicono di essere le madri di un bambino, tutte sorridenti ed ammiccanti nei loro scatti fotografici. È più facile riportare le dichiarazioni verso Otis “potrà essere ciò che vorrà”, “lo sosterremo sempre, qualunque cosa lui voglia…”.
E se Otis chiedesse di crescere con suo padre (come molti figli della FIVET hanno chiesto), che cosa gli diranno?
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