Il celibato dei sacerdoti? Aiuta noi mariti a capire la nostra vocazione

Adorazione Eucaristica

C'è un legame meraviglioso fra l'uomo che sceglie di essere sacerdote e celibe e l'uomo che sceglie di essere marito e sposato. La differenza non è un impoverimento ma una grande ricchezza che fa più bella la Chiesa.

Quando osservo il sacerdote che scende dall’altare dopo la celebrazione della Santa Messa e si avvia a riporre i paramenti intuisco che fra noi uomini sposati e loro c’è una differenza misteriosa ma edificante e speciale. Il mio vecchio parroco (“vecchio” nel senso che portando lo stesso nome del curato, allora si diceva così, per distinguerli si definiva l’uno “vecchio” e l’altro “giovane”), ma che era sempre giovane nello spirito, mi diceva spesso che avrebbe voluto abitare in una stanza affacciata sulla strada con una parete tutta di vetro per dar modo alla “sua gente” di poterlo vedere.

Desiderava essere di tutti, a disposizione di tutti, visto e osservato da tutti. Così come un marito desidera essere della moglie, a disposizione della moglie, visto e osservato dalla moglie. Almeno così dovrebbe essere perché è così che si è mariti, e, se non lo si è ancora, si dovrebbe cercare di diventarlo. Infatti, il mio vecchio parroco non ha mai smesso di cercare di migliorarsi nella sua vita psichica, affettiva, spirituale e “umana“. Nel cercare cioè di essere sempre più uomo (nel senso anche della sua mascolinità). 

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Erano gli anni di Papa Wojtyla, e chi più di lui era un esempio in umanità, declinata al maschile. Un celibe a tutto tondo, senza paure, senza complessi, sicuro della sua scelta definitiva, dedito a Dio e agli altri, simpatico, lottatore, virile, concreto, costante, instancabile, affascinante, esigente. Non si esagera affermando che così dovrebbe anche essere un marito che invece del “celibato” ha scelto di essere “sposato”. Poi il mio vecchio parroco spesso si stupiva dei sacrifici del marito che, quando torna a casa stanco, deve rimboccarsi le maniche e mettersi al servizio della moglie e della famiglia. Diceva che lui di sera non doveva mettersi a discutere dei problemi relazionali con la moglie, delle incomprensioni e delle delusioni affettive di coppia, dei problemi dei figli, dei compiti di scuola da guardare, dei consigli o rimproveri da fare, dei litigi da stemperare. E si meravigliava dell’esempio che un marito dava a lui celibe. Si sentiva edificato e diceva che aveva bisogno di questi esempi. 

C’è un legame meraviglioso fra l’uomo che sceglie di essere sacerdote e celibe e l’uomo che sceglie di essere marito e sposato. La differenza non è un impoverimento ma una grande ricchezza perché il celibe ha bisogno dell’esempio dello sposato così come lo sposato ha bisogno dell’esempio del celibe. Entrambi dedicano la vita per sempre alla persona amata, scelta e che ci ha scelti.




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Gabriele Soliani

Gabriele Soliani, nato a Boretto (Reggio Emilia) il 24-03-1955. Medico, psicoterapeuta, sessuologo, adolescentologo, giornalista pubblicista iscritto all’Ordine. Libero professionista. Ha collaborato per 9 anni al Consultorio Familiare diocesano di Reggio Emilia. Sposato con Patrizia, docente di scuola superiore. Vive a Napoli dal 2015. Ministro della Santa Comunione e Lettore istituito.

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