Scuola

Nella commissione d’esame, l’insegnate di religione c’è ma non c’è: qual è il senso?

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di Elisabetta Cafaro

Quest’anno ho preso parte all’esame dei miei alunni, ma per legge, non potevo intervenire o fare domande. Perché? Semplice: la mia non è materia d’esame. Mi domando allora, che ci facevo io lì?

Il ventilatore gira con forza, ma sembra non portare neanche un po’ di frescura in questo caldo che sfiora i 40 gradi. La scuola è finita ma i ricordi sono ancora vividi e soprattutto quelli dell’esame di terza media. 

Nell’aula i banchi sono stati posizionati in circolo. Tutto è pronto per accogliere i ragazzi. Ci sono anche i dolci e le bevande fresche per la pausa a metà mattina, come d’obbligo per ogni momento di festa. Tutti siamo emozionati, è difficile dopo tre anni lasciare alunni a cui ci si sente legati e che sono diventati parte della nostra vita. Quest’anno, per la prima volta, sono stata nominata come docente di religione, nella sottocommissione degli esami di terza media. Il Dirigente mi ha spiegato che non potevo fare domande, perché i ragazzi, come specificato dalla legge, non portano la mia materia negli argomenti della tesina. Tutto questo mi è sembrato un controsenso: “Esserci ma non esserci”. Ho pensato, per questo motivo, di informarmi meglio su quale fosse il mio ruolo all’interno della commissione per gli esami.

Secondo lo Snadir, l’unico sindacato degli insegnanti di religione, la proposta fatta dal sottosegretario Giuliano non chiarisce il ruolo all’interno delle commissioni, infatti: “Se tali insegnanti non possono né interrogare gli alunni e né valutarli in sede di esame, perché sono obbligati a far parte delle commissioni?”. Lo Snadir, ha individuato le ricadute che questa normativa avrebbe avuto su noi docenti. Infatti, svolgendo una sola ora settimanale di lezione, ci ritroviamo impegnati in più di una classe, quali componenti di diverse commissioni d’esame, con notevoli difficoltà organizzative. Di conseguenza, è stata fatta una richiesta al MIUR per ricevere dei chiarimenti sull’impegno che l’idr (insegnante di religione) avrebbe all’interno della commissione, dal momento che la Religione non è materia d’esame. 

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Per lo Snadir la questione va risolta definitivamente attraverso due interventi: inserire l’irc tra le materie d’esame e aumentare da una a due le ore settimanali di Religione. Soltanto in questo modo si potrebbe ulteriormente valorizzare il ruolo degli insegnanti di religione nel quadro delle attività didattiche e formative della Scuola, anche in considerazione delle finalità dell’esame di Stato che, oltre a verificare le conoscenze, valuta anche le abilità e le competenze acquisite dall’alunna o dall’alunno al termine del primo ciclo di istruzione. 

Lo stesso Orazio Ruscica, segretario generale dello Snadir, risponde a nome dei docenti che rappresenta: “Il voto di ammissione all’esame di terza media è da intendersi non come espressione della media aritmetica delle singole discipline, ma come valutazione globale dell’intero percorso scolastico triennale svolto dall’alunno. Pertanto è del tutto evidente che la valutazione di ogni alunno esige che tutti i docenti interessati alla loro istruzione e formazione diano il proprio contributo per una più completa ed esaustiva valutazione degli stessi alunni in termini di impegno, modalità di apprendimento, competenze acquisite”.

“La presenza degli insegnanti di religione nelle commissioni d’esame non ostacola in alcun modo l’impianto laico della scuola italiana, ma ne arricchisce i fondamenti culturali attraverso contenuti e principi che appartengono al nostro patrimonio storico”. Non a caso, nella revisione concordataria del 1984, vengono riconosciuti dallo Stato i fondamenti culturali dell’irc (insegnamento della religione cattolica), legati soprattutto al patrimonio storico del popolo italiano, ne consegue che il sapere religioso trova spazio nella Scuola non per una concessione di privilegio, ma per un riconoscimento oggettivo da parte dello Stato, che considera l’irc portatore di grande forza educativa, nonché di contenuti culturali e formativi della persona, pur se confessionali nell’oggetto.

“Parole, parole, parole”, recita una celebre canzone, ma che cosa succede davvero nei fatti, quando agli esami ti trovi gli alunni di fronte e non puoi fare domande? Non è una situazione facile! Almeno non lo è stata per me, come credo che non lo sia stata per tutti quei docenti che hanno lavorato un anno intero con passione e si sono visti messi a tacere. L’insegnante di religione non deve intervenire, ma paradossalmente le domande di religione sono venute fuori da sé, al di là degli emendamenti della legge. Non c’è stato alunno che non abbia innescato consapevolmente e inconsapevolmente la “bomba religiosa”. Partendo dal senso religioso della vita nei Promessi Sposi di Manzoni, per arrivare alla Divina Provvidenza. Poi c’è Ungaretti che delimita nella sua poesia il passaggio dal presentimento del divino alla esigenza di una risposta personale. In lui la delusione, lo sgomento e lo smarrimento dell’uomo, hanno un carattere religioso: l’uomo sperimenta Dio precisamente in una sua assenza. Come non pensare a quanto di religioso ci sia nella produzione poetica di Quasimodo e nello specifico nel componimento “Ed è subito sera”, dove la lirica riprende le parole del Salmo 136, che racconta la desolazione del popolo ebreo deportato a Babilonia.

Il senso religioso dell’esistenza è presente in ogni materia. Le fasi della vita umana in Scienze ad esempio. L’Educazione artistica che è definita la Biblia pauperum ovvero la Bibbia dei poveri. Ripenso alle enigmatiche pitture egizie, alla spontaneità di quelle delle catacombe, dalle ieratiche Madonne bizantine a quelle più inquiete del Manierismo, dalle pitture devozionali dell’età barocca fino alle molteplici espressioni dell’arte contemporanea. La Religione rappresenta l’unica arte capace di educare i giovani alla spiritualità, segreto del perfetto equilibrio cosmologico tra cielo, terra e mare.  Incredibile, mi sono detta, in questo esame tutto è religione!

Inserire la Religione come materia vera e propria è utile per la formazione del ragazzo a 360 gradi, per dare la possibilità al discente di consolidare e rafforzare la sua formazione completa che non è adesione a una fede, ma conoscenza, consapevolezza e ragionevolezza della fede e della ricerca di Dio. Conoscere non significa aderire ma sapere. L’insegnante di religione, a mio avviso, non solo può intervenire (io l’ho fatto!) per apportare il suo contributo e perfezionare attraverso la sua materia le conoscenze bibliche, scientifiche e di fede, ma ha anche il diritto di chiedere, agli avvalentesi della Religione, un argomento a piacere. Per questo concordo sull’inserimento, fatto bene, dell’irc tra le materie d’esame e sull’aumento da una a due ore settimanali visto che questa materia si muove su un ampio spettro culturale e sociale abbracciando e rafforzando tutte le altre materie. Gli esami sono finiti, ma come recita il titolo di una famosa commedia napoletana in fondo “Gli esami non finiscono mai”, ed io sono felice quest’anno poter dire che attraverso questo momento ho rivissuto emozioni, gioie e paure che il tempo aveva cancellato. Buone vacanze a tutti!




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