Eutanasia
Vincent Lambert: il silenzio dei giusti aumenta l’ingiustizia
di don Silvio Longobardi
Lo hanno fatto morire di fame e di sete. Nel corso degli ultimi mesi lo hanno lasciato chiuso in una stanza e sorvegliato da un babyphone. Lo hanno privato della chinesiterapia e della sedia a rotelle. Di fronte a questo orrore come è possibile tacere ancora?
Il silenzio rappresenta la più grave ingiustizia quando serve a nascondere il male. Ed è proprio quello che è accaduto nella vicenda di Vincent Lambert, una persona disabile di 42 anni, condannato a morte da uno Stato e da un’opinione pubblica sempre più soggiogata dall’idea che una persona gravemente ammalata non ha diritto di vivere. Nel dare la notizia, ovviamente in tono minore, il Corriere titola: “Morto Vincent Lambert”. Come se fosse morto per cause naturali. Sappiamo tutti che non è così: è stato ucciso perché è stato privato dell’alimentazione e dell’idratazione a cui ogni essere umano ha diritto.
È morto di fame e sete. Provate a immaginare – se vi riesce – la sofferenza patita da quest’uomo. Sarebbe stato meglio prevedere un’iniezione letale. Non si può! La Legge non permette di uccidere un uomo. Ma permette di farlo morire con un piccolo escamotage: se la nutrizione e l’idratazione vengono intese come terapie, è possibile, anzi doveroso (per questo entra in gioco la Legge) interromperle perché configurano un accanimento terapeutico. E voilà, les jeux sont faits.
Dinanzi a questa barbarie le parole non sono più sufficienti, è necessario gridare prima che sia troppo tardi, prima che l’ingiustizia dilaghi. E invece, eccoci avvolti nel grande silenzio. I media non si sono occupati di questo caso né mai si sono preoccupati di raccontare la verità. I politici non ne parlano perché sanno che questi temi sono complessi, difficili da affrontare e fanno perdere voti. Meglio parlare dei migranti per presentarsi come i paladini della solidarietà senza se e senza ma. Se un clochard muore di freddo, è un gioco da ragazzi scrivere articoli contro la società indifferente. Se un anziano è lasciato solo, è fin troppo facile lanciare campagne di solidarietà. Se un cane viene ucciso, è facile per gli animalisti raccogliere 230mila firme per chiedere che giustizia sia fatta. Clicca qui (https://www.lastampa.it/la-zampa/cani/2019/01/01/news/barcellona-consegnate-oltre-230-mila-firme-per-chiedere-giustizia-per-la-morte-del-cane-sota-1.33668701).
Ma se un uomo viene lasciato morire di fame e di sete… niente. E nessuno darà medaglie ai genitori, Viviane e Pierre, che hanno lottato per anni con un coraggio da leoni. Nessuno darà pubblici riconoscimenti agli avvocati, Jean Paillot e Jérôme Triomphe, che fino all’ultimo hanno usato tutta la loro competenza giuridica per impedire il drammatico epilogo.
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Nessuno. Anche la Chiesa è rimasta in silenzio. Sì, c’è stata qualche timida dichiarazione ma, a conti fatti, si ha l’impressione che abbia un carattere più formale che sostanziale. Non si comprende se è una Chiesa rassegnata oppure distratta. Una cosa è certa: su altri temi la Chiesa fa sentire la sua voce. Anche quando incontra un muro di ostilità, anche quando sa di provocare il Governo, anche quando sa di andare contro una parte non marginale della popolazione. Perché allora questa disparità di trattamento? Non è dato sapere.
In una memoria che i due avvocati difensori di Lambert hanno voluto lasciare poche ore prima della morte di Vincent, avvenuta l’11 luglio, si legge che il Procuratore generale della Corte di Cassazione, nel rigettare ogni altra istanza, ha fatto una tragica ammissione: “Se voi, date alla vita un valore supremo, dichiarate la fine della Legge Leonetti e della Legge Veil”. La prima (2005) offre le direttive per il fine vita, la seconda (1975) è quella che ha dato il via libero all’aborto. Stando a questo illustre giurista, la vita umana ha certamente un valore ma non può pretendere di avere un valore supremo. In altre parole, non può essere difesa sempre e comunque. Vi sono situazioni in cui la persona perde il diritto alla vita. Siatene certi: la vicenda di Vincent non resterà un caso isolato.
La storia di Vincent è iniziata nel 2012 quando la moglie si rivolse al tribunale per chiedere di chiudere anticipatamente gli occhi di quello che evidentemente lei non considerava più il suo sposo. Contro questa richiesta si sono opposti i genitori che in tutti questi anni non si sono stancati di accompagnare il figlio e hanno fatto di tutto per far conoscere al mondo la loro storia drammatica. Vincent è stato ucciso poco alla volta con una sistematica, crudele e coerente azione tendente a ridurlo ad una larva. Spero che un giorno questa storia sia raccontata in tutti i dettagli.
In tutti questi anni è stato prigioniero della giustizia. Gli avvocati hanno chiesto, senza esito, che la tutela fosse tolta alla moglie e data ad altri. Per un certo periodo è stato chiuso in una stanza d’ospedale, sorvegliato da un babyphone. Dal mese di ottobre 2012 non gli è stata più concessa la chinesiterapia, essenziale per chi ha subito un trauma. Successivamente è stato privato della sedia a rotelle adatta alla sua patologia e necessaria per poter uscire dalla camera, ossigenare i polmoni, sentire il calore dell’aria sulla pelle… Lo hanno fatto morire poco alla volta. Questa è la terribile verità.
Dinanzi a tutto questo, com’è possibile tacere ancora? Qualcuno forse pensa che parlare è del tutto inutile. Altri forse ritengono che l’opposizione plateale può avere gravi conseguenze. Ai timidi e ai pavidi della nostra epoca, è bene ricordare che il silenzio dei giusti alimenta l’ingiustizia. Quando si scriverà la storia dei nostri giorni, sarebbe bello ricordare che un’esigua minoranza s’era opposta alla dittatura del pensiero. E noi vorremmo essere tra quelli che hanno combattuto la buona battaglia.
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