Uno di noi
di Costanza Miriano
Ce l’ho. Ho la soluzione a tutti i problemi europei. Politici, economici, culturali. L’ho trovata, e non è mia, ma è lo stesso, la prendo come dal frigo di casa, dove si mette tutto in comune (non so voi, ma qui è inutile nascondere riserve segrete, ogni giorno c’è la calata delle cavallette). Ieri sentivo dai commentatori delle elezioni dipingere scenari politici ed economici sempre più oscuri, tragici a tratti, e così mi sono decisa, ho vinto la mia pigrizia tecnologica, sono andata sul sito, e ho firmato. Era dal maggio dell’anno scorso che la cosa stava in testa alla lista delle cose da fare.
La soluzione ai problemi dell’Europa si chiama Uno di noi, anzi One of us, nella versione inglese destinata a tutti i cittadini europei maggiorenni. È la petizione che chiede all’Unione Europea di riconoscere i diritti del bambino come essere umano dal momento del concepimento. Non tocca ambiti che non sono competenza dell’Unione, come quello dell’aborto, quindi nessuno potrà gridare all’aggressione di “diritti” acquisiti. Chiede cose ragionevolissime, talmente vere e buone da lasciare secondo me chiunque disarmato di qualsiasi spunto di protesta.
Dire che l’embrione è portatore di diritti giuridici, infatti, non significa aprire la questione dei diritti della madre (non apriamo qui il tema, non è all’ordine del giorno, e aggiungerei un purtroppo), significa invece mettere limiti alla sperimentazione su embrioni umani, vuol dire controllare che non vengano distrutti magari di nascosto, o in modo sciatto e inconsapevole, o ancora in nome di un presunto progresso. Significa pretendere che i soldi, sudati, grondanti, delle nostre tasse, almeno non vadano a finanziare – come avviene adesso – attività che implicano la distruzione degli embrioni umani.
Servono “solo” un milione di firme. È vero, ne mancano ancora tantissime, ma la richiesta è talmente sensata, quasi ovvia, direi, che dovremmo almeno noi cattolici rimboccarci le maniche e trovarne dieci volte tante. E invece questo non sta succedendo. Perché? Ci siamo addormentati? Che aspettiamo? Per aderire, ho cronometrato, servono due minuti e quaranta – si fa anche online – compreso il tempo per la ricerca della carta d’identità, cioè il reperimento del portafoglio in una borsa di due metri quadrati (l’ho comprato di un orribile giallo limone, ma non lo trovo mai lo stesso).
Dico noi cattolici perché di solito siamo noi ad avere più sensibilità verso questi temi, ma che non si possa distruggere un embrione umano, per esempio per testare una medicina, dovrebbe essere una verità che risplende di ragionevolezza e verità proprie, senza alcun bisogno di appellarsi a Dio.
Non sono brava nelle analisi politiche – e per la verità oggi che ne ho sentite, con mezzo orecchio, una vagonata, mi è venuto il dubbio di non essere la sola – ma di una cosa sono certissima: se l’Europa ripartisse da questo, dalla laica sacralità e dall’intoccabilità della vita umana, allora ci sarebbe una speranza. Da qui dobbiamo ripartire, proprio oggi che siamo senza governo (e fra poco anche senza Papa, speriamo per poco), oggi che la crisi economica che spazza l’intera Europa, e l’Occidente tutto, in alcuni angoli in modo drammatico.
È da lì che è partita, la crisi. Da quando il bambino non è stato più intoccabile l’Europa ha smesso di essere un faro per il mondo. Se l’uomo perde la coscienza di sé, cosa mai potrà fermarlo, frenare l’egoismo, la stupidità? Quale altro limite può rimanere se, smantellati i tetti delle nostre cattedrali, adesso anche le colonne vengono abbattute? Se vita e morte diventano indistinguibili, di che altro rimane da parlare? Perché mai dovremmo preoccuparci di difendere i deboli, e noi stessi, dalla precarietà del lavoro, dalla violenza della finanza, dalla stabilità monetaria, se non ce ne importa niente dei più deboli tra i deboli?
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