Vita

Oltre il virus HIV, c’è la vita…

Vita

di Paola Marozzi Bonzi

Arriva da lontano la storia di Ornella. Era il 1985. All’epoca cose come il virus HIV terrorizzavano. Il Cav della Mangiagalli aveva appena un anno, tanti dubbi una sola certezza: l’amore per la vita.

Non era ancora passato un anno dal nostro inizio. Il Centro di Aiuto alla Vita, alla Mangiagalli, era vissuto dal personale medico come l’«oggetto misterioso». Di fatto, pur nella sagrestia della Cappella, assegnataci come sede provvisoria, eravamo presenti tutti i giorni feriali, aspettando. Io arrivavo al pomeriggio per i colloqui e Matteo, obiettore di coscienza, manteneva la postazione svolgendo il suo servizio civile. Così una mattina arriva Ornella. La sua storia aveva del rocambolesco: difficile relazione con la madre, lavoro di miniaturista, poi il teatro. Dai suoi racconti si evince che calcare le scene era la quotidianità e i successi arrivavano puntuali. Non sembrava, però, così brillante nelle sue relazioni! Uomini sbagliati, due gravidanze interrotte. Arriva da noi a due mesi di gestazione con una grande incertezza sul suo desiderio di portarla avanti. Matteo, un po’ frastornato da tante parole, voleva trattenerla per un colloquio con me. Pane e salame, ecco l’escamotage per aspettare l’orario in cui sarei arrivata. Esibizionista in modo simpatico, Ornella sottolinea i successi della sua carriera di attrice giramondo per piangere, poi, sui cocci della sua relazione con il padre del figlio che aspetta. Artista anche lui, forse suonatore di sassofono, originario dell’Africa. 

Alla notizia della gravidanza, sparisce. La lascia in una casa, senza quattrini per l’affitto e per vivere. Finiti miseramente i sogni di gloria. E il bambino? Lei ne parla a tratti. Pare che non trovi posto nei suoi pensieri. Ma bisogna decidere e per questo tento di riportarla nel mondo delle normali persone qualunque: «Possiamo darle una mano per permetterle di continuare a vivere nella casa. Per il resto abbiamo un grande progetto: far lavorare le nostre mamme e organizzare la vendita dei manufatti. Lei sa dipingere e, se capisco, anche piuttosto bene. Potremmo dipingere magliette. Oggi si usano tanto!». Forse affascinata dalle nostre proposte, Ornella decide di portare avanti la gravidanza. I mesi passano, tutto il progetto va avanti e arriva anche la data del parto. Le sorprese non sono mai mancate al Centro di Aiuto alla Vita! Matteo, premurosamente, si reca in puerperio per salutarla. Non la trova. Chiede a varie ostetriche ma nulla. Finalmente, dalla direzione sanitaria, apprendiamo che la ragazza ha partorito, ma è in isolamento. Ornella è sieropositiva e il suo bimbo, Carlo, è portatore del virus HIV. Di tutto ciò non si sapeva quasi niente nel 1985 e ci sentivamo solo confusi e spaventati. Credo che la salute di Carlo ci preoccupasse più di ogni altra cosa: «I neonati che nascono in queste condizioni, tendono a perdere il virus nei primi mesi di vita. Al compimento del primo anno dovrebbe essere a posto». Furono queste le sagge parole dei medici.

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Di tre mesi in tre mesi, Carlo veniva sottoposto agli esami clinici del caso, ma tutto restava inalterato. Primo compleanno! Tutto come al solito. Le speranze che il piccolo potesse “negativizzarsi” diventavano sempre più deboli. Il mese dopo, però, ecco la magia della vita: Carlo stava bene!

Abbiamo continuato a seguire Ornella nel suo cammino: era diventata la “colonna” dei manufatti della nostra cooperativa sociale che, nel tempo, eravamo riusciti a fondare anche formalmente. Carlo cresceva bene, siamo i suoi padrini di Battesimo e, se pur con una certa fatica, anche la salute di Ornella, monitorata a dovere, non destava particolari preoccupazioni. E anche questo accompagnamento ebbe la sua fine. Come madre è sempre stata molto fantasiosa e creativa anche circa la conduzione della sua vita e, un certo giorno: «Ho trovato un gruppo di amici speciali! Vivono in un paese della Liguria, insieme anche se ciascuno ha la propria abitazione. Conducono una vita sana e mi hanno proposto di unirmi a loro. Ho pensato che lo farò». Inutili le richieste di rifletterci bene, Carlo aveva la scuola e lei il lavoro della cooperativa, ma non ci furono ripensamenti. 

Come passa il tempo! Uno squillo imperioso di telefono mi raggiunge e io che non riconosco la voce che mi parla dall’altro lato: «Sono Ornella! – Ornella chi, penso, ma non ho ancora formulato per intero il pensiero che – Ornella! La mamma di Carlo». Lo stupore, i ricordi che subito tornano, la gioia di sentirla, tutto si mescola nei miei lucciconi inevitabili. «Come stai? – riesco finalmente a dire – e Carlo?». Come se ci fossimo sentite ieri: «È per questo che ti chiamo! Carlo ha fatto un bel corso di studi all’università nella facoltà di Antropologia, ha anche insegnato qualcosa ai suoi docenti sulle popolazioni africane con i loro costumi e tradizioni. Sente di provenire da quelle radici! Ma non è per questo che ti sto telefonando. Ho in mano un’ecografia». Gran tuffo al cuore! Questo povero, vecchio cuore, sempre pieno di tutte le emozioni. La voce di Ornella si fa più gioiosa: «Carlo ha una compagna e lei è incinta. Oggi sono andati a fare la prima ecografia e all’ospedale hanno rilasciato una specie di foto che mi hanno portato. Ho subito pensato: “A chi lo posso dire?”. E immediatamente mi sono vista davanti il tuo volto. Ho avuto difficoltà a trovare il tuo nuovo numero di telefono, ma volevo dirtelo! E poi a chi potevo comunicare la mia felicità se non a te?».




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