Olanda: una deriva culturale

di Gabriele Soliani

Dall’Olanda viene l’ampliamento della legge sull’eutanasia. Una donna di 64 anni che soffriva di demenza senile è diventata la prima persona in Olanda a morire di eutanasia anche se non era più in grado di esprimere la sua volontà. La donna è sempre stata una sostenitrice dell’eutanasia ma con l’aggravarsi della malattia è diventata incapace di esprimere la sua volontà. Nonostante questo una commissione medica ha approvato il suo diritto a morire. La legge sull’eutanasia in Olanda prevede che può essere ucciso chi è affetto da una malattia in stato terminale e chi esprime esplicitamente il suo assenso. Negli anni l’eutanasia è stata allargata anche a chi è soggetto a “sofferenze insopportabili”. E questo è avvenuto senza che la legge sia stata modificata. Infatti la donna con demenza senile non era in condizioni “terminali” e non ha dato il suo consenso diretto. Quindi dall’eutanasia per il malato di cancro senza speranza certa di guarigione si è passati all’eutanasia per la demenza senile.
Il direttore della Coalizione per la prevenzione dell’eutanasia, dice che in Olanda il 23% di tutte le morti per eutanasia non vengono riportate e il numero totale delle vittime dell’eutanasia nel paese nel 2011 è stato di 4.770 contro i 3.695 riportati. Sembra che la situazione sia sfuggita di mano e questo non farà altro che spingere ad ottenere leggi sempre più permissive per impedire la cosiddetta …. clandestinità. Lo stesso ragionamento è stato fatto in Italia per ottenere la legge sull’aborto, che poi pian piano è diventato culturalmente un “diritto”. Anche i bambini e i giovani sono immersi nel clima culturale dei “diritti”. Sui giornali e in certi programmi politici i “diritti” sono sempre ai primi posti. Tuttavia per una corretta educazione alla vita, la quale prima o poi chiederà il conto, occorre almeno invertire l’ordine e cioè prima i doveri e poi i diritti.




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