Risurrezione

di Assunta Scialdone

L’amore dei coniugi termina con la morte o la oltrepassa?

9 Aprile 2019

coppia

Essendo divenuti figli nel Figlio, anche noi abbiamo ricevuto in eredità la risurrezione e, quindi, la vita dopo la morte. Ma quale sarà la condizione dell’uomo in quella nuova dimensione? E, più precisamente, quale sarà la condizione degli sposi? Vediamo cosa insegna Gesù a riguardo.

Le persone innamorate hanno la pretesa di affermare che il loro amore non finirà mai, è ciò che avvertono. Negli ultimi anni, più di qualche predicatore o teologo ha ipotizzato la non fine del matrimonio con la morte di uno dei due, pur riconoscendo che la Chiesa concede ai vedovi di unirsi in nuove nozze. Quali argomenti si potrebbero portare a conforto di tale tesi? Partiamo da una considerazione. Ancora pochi giorni ci separano dalla madre di tutte le veglie che ci introdurrà nel grande mistero della risurrezione di Cristo Signore. Essendo divenuti figli nel Figlio, anche noi abbiamo ricevuto in eredità la risurrezione e, quindi, la vita dopo la morte. Ma quale sarà la condizione dell’uomo in quella nuova dimensione? E, più precisamente, la consacrazione matrimoniale si dissolverà nel nulla? Per gettare un poco di luce sulla questione e dare delle timide risposte a questi grandi interrogativi ci affidiamo all’insegnamento di Cristo così come riportato nei Vangeli. In modo particolare, facciamo riferimento ad un episodio evangelico conosciuto come il dialogo avuto da Gesù con i Sadducei che non credevano nella risurrezione dei corpi.

In sintesi l’episodio è questo: i Sadducei espongono a Gesù una questione che riguardava la legge del levirato, rifacendosi alla complessa casistica dell’Antico Testamento nel campo matrimoniale, perché volevano dimostrare la non esistenza della risurrezione. «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che se muore il fratello di uno e lascia la moglie senza figli, il fratello ne prenda la moglie per dare discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli (…): il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; (…) nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie» (Mc 12, 18-23).

I Sadducei, richiamandosi alle scritture, ipotizzano che se si prende sul serio la legge di Mosè, non si può credere in una risurrezione dei morti. Cosa ne sarebbe, infatti, del matrimonio di una donna che per obbedire alla legge mosaica sposa sette uomini pur di non rimanere senza figli? Alla risurrezione vivrebbe in uno stato di poligamia. Per i Sadducei o la fede nella risurrezione va contro le scritture (e quindi non bisognerebbe risposarsi una seconda volta per non essere poligami nello stato di risurrezione in quanto la moglie viene ad appartenere al marito) oppure quella nella risurrezione è una fede assurda. Con questo ragionamento essi manifestano la convinzione che la vita eterna sia semplicemente un prolungamento della vita precedente. È proprio tale presupposto che Gesù attacca.

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Nell’episodio evangelico infatti risponde: «(…) Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli (…)» (Mc 12, 24-27). In Luca, invece, Gesù pur dando la stessa risposta, che ritroviamo in Marco e Matteo, introduce nuovi elementi: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio» (Lc 20, 34-36). Il testo di Mc 12,18-27, analizzato nella lingua greca, non sembra dire di più di quanto si evince dalla traduzione italiana. Tuttavia è interessante segnalare che il verbo tradotto in italiano con “suscitare”, exanístemi (v. 19), ha la stessa radice della parola “resurrezione”, anástasis. Da questo si evince che la questione principale della pericope è la risurrezione dai morti alla quale il gruppo giudaico dei Sadducei non crede. Essi accentuano l’importanza di una discendenza, come è proprio della mentalità giudaica, poiché con la morte fisica la vita di un uomo ha definitivamente termine. La discendenza invece è segno della benedizione di Dio, come ben sappiamo soprattutto a partire dalla vicenda di Abramo. Gesù afferma che è Dio che “re-suscita” e non l’uomo che “suscita”, spostando l’asse sulla gratuità del dono di Dio e la sua fedeltà alla persona umana, creata per non morire. Il potere dell’uomo di “essere fecondo e moltiplicarsi” affonda le sue radici proprio nel potere di Dio di dare la vita. Pensare che però la morte si possa eludere con la discendenza, come prolungamento della vita, esprime la superbia dell’uomo che non cerca in Dio la soluzione alla morte ma nelle proprie possibilità.

 

La legge del levirato (Dt 25,5ss) aveva anche lo scopo di assicurare la stabilità del patrimonio familiare affinché esso non finisse nelle mani di un uomo al di fuori del clan. Questo elemento ci ricorda che nel pensiero giudaico riportato nella Bibbia in riferimento al matrimonio, più che i sentimenti conta il suo valore sociale, la sua posizione all’interno delle relazioni del clan e del territorio nonché i fini politici. Nel caso ipotizzato dai Sadducei, la donna contrae matrimoni successivi non per amore, chiaramente, e questo sottolinea l’impossibilità di sostituire queste nuove relazioni con il primo matrimonio, al quale le unioni successive fanno riferimento poiché esse sono in funzione di perpetuare il “nome” di colui che rimane il marito della donna perchè con lei è divenuto una sola carne. Il testo di Gen 2,24 («Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne»), come Gesù stesso afferma nella diatriba con i farisei sul ripudio, ha un valore normativo superiore secondo l’esegesi ebraica: essa afferma che un testo più antico prevale su quello più recente, dove per antico si intende in ordine canonico che per le conoscenze del tempo corrispondeva a quello storico. In altre parole i fratelli del marito rimangono i cognati della donna, come si evince anche da Dt 25,7ss.

Ora Gesù intende affermare che tutto questo sistema di norme e convenzioni sociali non conteranno più alla risurrezione. Inoltre non afferma che le unioni precedenti non avranno valore ma solo che nella condizione di risorti non si vivrà come inseriti nel contesto della vita prima della fine dei tempi e per questo non ci si unirà in matrimonio. L’espressione “saranno come angeli nei cieli”, infatti, indica che gli uomini saranno immuni dalle esigenze della natura umana. L’affermazione “non prenderanno né marito, né moglie”, lascia intendere che il nostro essere maschio o femmina non sarà cancellato ma conservato. Se non sarà cancellato il nostro essere soggetti inseriti in una storia, sarà conservata anche la storia terrena di ogni essere umano. Quella storia fatta di relazioni importanti e significative, come ad esempio il matrimonio, redento da Cristo. D’altronde lo stesso Cristo, quando si mostra ai discepoli dopo la risurrezione, dimostra che il suo corpo non solo conserva l’essere maschio ma conserva anche i segni della sua storia terrena: le piaghe ma anche le relazioni importanti e infatti si mostra ai discepoli. Nel mondo futuro si continuerà ad essere corpo al di fuori del matrimonio e della procreazione, in quanto il significato «originario di essere corpo è unito al fatto che l’uomo viene creato come persona e chiamato alla vita in comunione personarum».

Il matrimonio e la procreazione non determinano il significato originario dell’essere corpo, ma «danno soltanto realtà concreta a quel significato nelle dimensioni della storia». Dato che la risurrezione indica la chiusura della dimensione storica ecco che riusciamo a comprendere meglio le parole del Maestro che dice non prenderanno moglie né marito quando risusciteranno. Le parole di Cristo ci dicono che il significato sponsale del corpo alla risurrezione non sarà più quello presente nel mondo storico e nel principio, ma consisterà nel fatto che l’immagine e la somiglianza di Dio si realizzeranno nella comunione delle persone.

L’uomo escatologico, in questa nuova comprensione del proprio corpo, porterà con sé tutte le esperienze fatte nel mondo storico: esse non saranno alienate. Quel perenne significato sponsale del corpo si svelerà in modo pieno nell’altro mondo assieme alle altre persone già presenti in Dio, attraverso la comunione dei santi. Gesù, inoltre, dice che non prenderanno moglie né marito ma non dice che coloro che sono stati sposati non lo saranno più, cioè non afferma che quel loro legame si dissolverà. Alla luce di ciò potremmo ipotizzare che il Noi coniugale consacrato sarà trasformato e quindi vivrà una propria comunione dei santi diversa dalle altre relazioni meno significative. Tutto ciò può dischiudere una dimensione di eternità all’amore che nella vita terrena ha legato due sposi: esso, quindi può oltrepassare la soglia della morte e perdurare nella vita eterna. San Paolo, parlando della morte in 2Cor 5,8, afferma che essa consiste nell’«andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore» e quindi nel continuare a vivere in Cristo ma in forma perfetta, liberi dalla concupiscenza. Tutto ciò ci apre la possibilità di intravedere, ad esempio, nella figura dei vedovi l’immagine della Chiesa sposa e vedova in attesa di ricongiungersi con il suo sposo Gesù che la precede nel Regno dove la Chiesa non genererà più figli allo sposo (attraverso il Battesimo), proprio come i coniugi. In tal senso, i vedovi incarnano la cifra della trascendenza tra lo storico e l’eterno, tra il “già” e il “non ancora”.




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5 risposte su “L’amore dei coniugi termina con la morte o la oltrepassa?”

non saremo piu dipendenti dalla moglie o dal marito nel senso che ognuno bada a se stesso ma non dimenticheremo i nostri amori moglie di cui abbiamo avuto figli e anche altri amori

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