Amore

di Miriam Incurvati, psicologa

Mito della favola romantica o stare bene finché dura: tu che amore cerchi?

28 Marzo 2019

cuore

Quanti sono i volti dell’amore che ci vengono raccontati? Dall’idea del principe azzurro all’“usa e getta”, qual è la verità sull’amore? Ci troviamo di fronte ad una sfida, quella di imparare ad amare. Forse si può iniziare cercando un equilibrio tra la dimensione del bisogno e quella del dono.

Per buona parte della mia attività professionale mi occupo di educazione affettiva e sessuale, svolgo progetti nelle scuole, conduco incontri formativi per genitori ed insegnanti e gruppi per giovani adulti. È un’esperienza arricchente e sempre nuova. Una volta ho conosciuto in un gruppo del genere, una ragazza molto attiva nel sociale, con ottimi risultati accademici ed estremamente sensibile. Claudia aveva 20 anni, un bell’aspetto, ma un blocco sentimentale che le impediva di lasciarsi andare in relazioni affettive. Alle spalle qualche storiella ma nulla di significativo. Eppure aveva grandi sogni, immaginava la sua felicità accanto ad un uomo, con una famiglia, in una bella casa al centro della città, ma non riusciva proprio a lasciarsi andare. Ogni volta che Claudia cominciava a frequentare qualcuno, dopo un breve periodo di interesse, l’attenzione cadeva, il ragazzo faceva un passo falso e diveniva deludente ai suoi occhi. È stato importante riflettere con lei, insieme al gruppo di suoi coetanei, su come costruiamo la nostra idea di amore e cosa la influenza.

In questo articolo vorrei partire dall’osservare quali sono le credenze sull’amore tipiche della nostra società. Ne vedremo solo alcune che mi sembra indirizzino il nostro vissuto affettivo. Come nel caso di Claudia le sue difficoltà sentimentali vanno analizzate osservando una molteplicità di fattori: per ora cerchiamo di osservare con quale approccio il nostro contesto socio-culturale presenta l’amore.

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Sembrano dominare alcune idee di amore. Da un lato esiste il mito della favola romantica: l’idea del principe azzurro, del castello incantato nel quale vivere insieme, per sempre amorevolmente e senza alcuna difficoltà. In questa immagine idilliaca l’altro è una sorta di dio, qualcuno che può cambiare la nostra vita, renderla soddisfacente. L’amore come un’esperienza che cavalca una gioia continua e che risponde al motto “e vissero per sempre felici e contenti”. Il modello della favola romantica è quello che ci presentano i mass media ad esempio parlando dei matrimoni reali. Lo sposalizio di Kate e William, per dire uno, è stato trasmesso per 2 miliardi di spettatori… Pazzesco vero? Ciò che è popolare sembrerebbe collegato ad elementi di business.

Tuttavia, l’amore romantico non è l’unica possibilità che prospetta la nostra società, a volte si entra a contatto con sentimenti annegati in un esasperato cinismo. In questa versione l’amore è una serie di storie a scadenza. È il prototipo dell’usa e getta affettivo: l’altro viene utilizzato finché ne ho bisogno, quando mi stanco la storia finisce. La dimensione dell’amore è per sua natura una dimensione relazionale, perciò la deriva forse più allarmante della nostra epoca è quella narcisista, dove l’elemento relazionale viene ridotto a un piacere ego-riferito. L’altro è ridotto a mero esecutore: funge da mio motivatore, fa il tifo per me se ne ho bisogno; è il mio dispensatore di sesso quando ne ho voglia. Quindi il centro non è la relazione, non è l’amore condiviso, non è il benessere dell’altro e il mio, il centro è il godimento individuale.

Nonostante tutte queste ambigue proposte, noi abbiamo una tendenza all’amore, un’aspirazione intrinseca a vivere sentendoci amati e riuscendo a manifestare l’amore all’altro. Questa spinta all’amore che si legge nell’essere umano, sin dalla primissima età e che prosegue nel tempo, è un nostro elemento costitutivo. Nonostante ciò ci troviamo di fronte ad una sfida, quella di imparare ad amare. Forse si può iniziare cercando un equilibrio tra la dimensione del bisogno e quella del dono. Il bisogno di sentirsi amati, ma anche di scegliere il bene dell’altro. Un bene che spesso si trova nella rinuncia a se stessi e quindi passando a una dimensione di donazione di sé.

Steinberg parla del triangolo dell’amore individuando tre dimensioni che rendono l’amore completo. Potremmo pensare che gli stessi elementi acquisiti nel tempo trasformano la coppia in famiglia, in una struttura quindi più stabile e potenziale fonte di sicurezza. I tratti dell’amore maturo secondo Steinberg sono la passione, l’intimità e la decisione/impegno. La passione è il desiderio sessuale romantico di grande intensità accompagnato da una forte tendenza a cercare l’unione fisica e/o emotiva con l’altro. L’intimità invece la conoscenza dell’altro è la fiducia in ciò che è, ciò che fa e ciò che prova, ed è caratterizzata anche dalla preoccupazione per il suo benessere. Quindi è una dimensione in cui è necessaria la vicinanza e la mutua scoperta. Infine, la decisione è la volontà di mantenere il legame. È l’interesse nel superare le avversità e preservare l’affetto che va oltre le circostanze temporanee. La combinazione di questi elementi facilita la costruzione di una relazione stabile e solida.

Nel prossimo articolo vedremo alcuni dei fattori che influenzano il nostro modo di amare così da poter affrontare il tema affettivo in modo più completo.

 




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