Monastero Wi-fi
Diario di una monaca (sposa e madre) in viaggio verso il Primo Capitolo del Monastero Wi-fi
di Giovanna Abbagnara
Il 19 gennaio più di duemila persone sono state convocate a Roma per vivere una giornata di preghiera e di ascolto. L’idea partorita su una spiaggia di Viareggio da Costanza Miriano e alcune sue amiche le ha coinvolte a tal punto che dal salotto di casa, la convocazione è stata spostata a san Giovanni in Laterano.
È ancora buio pesto quando con la mia amica Ida, aspettiamo impazienti l’arrivo del treno che ci condurrà a Roma. Ho promesso a Monica Marini, la instancabile factotum di questa giornata di gioia che sarei stata davanti alla Basilica di san Giovanni in Laterano alle 8.15 e non intendevo venir meno al mio impegno. Il tempo del viaggio è tempo di preparazione: Angelus, Affidamento a Maria, lettura del Vangelo quotidiano. Una giornata così speciale va affrontata con un cuore già pronto all’ascolto, per non sciupare nulla di ciò che verrà donato. Ed eccoci, felici e gioiose di essere lì sul sagrato della chiesa madre di tutte le chiese, per essere di nuovo generate dal suo grembo accogliente.
I sorrisi e gli abbracci precedono le parole. È stato un susseguirsi per tutta la giornata. Guardarsi negli occhi e riconoscersi, non perché appartenenti alla stessa città o regione ma perché figli dell’unico Padre che ci aveva convocati. “Siete qui, mi hanno detto” ha esordito suor Fulvia Sieni, badessa del Monastero dei Santi Quattro Coronati “perché avete la vocazione monastica e volete discernere se è proprio il monastero il vostro posto”. Attimo di smarrimento. Siamo tutte donne. Gli uomini sono stati mandati in seminario con padre Maurizio Botta. “Chi è la monaca?”. “Monos significa uno, sebbene non uno in qualsiasi caso. Uno, infatti, si può dire anche di chi è immerso tra la folla, uno si può dire anche di chi si trova insieme a molti; di lui però non si può dire che è monoj, cioè solo. Monos infatti significa uno solo” suor Fulvia cita Sant’Agostino e specifica la definizione di monaco “Eccovi ora della gente che vive nell’unità al punto da costituire un solo uomo, gente che veramente ha – come sta scritto – un’anima sola e un solo cuore. Molti ne sono i corpi, ma non molte le anime; molti i corpi, ma non molti i cuori. Di costoro giustamente si afferma che sono monoi, cioè uno solo”.
Si distendono i volti, le donne guardano alla propria vicina per scorgere la stessa luce che sentono nel loro cuore. La fede se non è condivisa non è. “Mi hanno detto poi che volete fare le monache in un monastero Wi-fi” continua suor Fulvia. “Wi(reless) fi(delity) è l’abbreviazione di due parole inglesi che si traducono in ‘fedeltà senza fili’. La fedeltà in un monastero si traduce in stabilità, rimanere, dimorare, riposare. La parola wireless senza fili, potremmo tradurla in libertà”. C’è una libertà dell’uomo a voler restare, rimanere, dimorare nella propria vocazione senza allontanarsi mai dal chiostro del proprio monastero. “Il chiostro è il luogo della luce, dell’acqua che zampilla per la vita eterna, è un annuncio di speranza. La nostra vita, la nostra vocazione è un perimetro da percorrere intorno a quel chiostro, un ordinario a volte pesante, abitudinario in cui si avrà mille volte la tentazione di fuggire lontano ma cui si può sempre guardare per comprendere che lì c’è la vita. Il chiostro è dunque la realtà in cui si vive, e la realtà è Cristo. Se tu esci dalla tua realtà, tu non incontri Cristo. Se vuoi essere monaca, devi stare nella tua realtà”.
Non c’è che dire, in 45 minuti, suor Fulvia è andata giù diretta. E noi tutte lì ad ascoltare cose che il nostro cuore già conosceva ma che nel silenzio della Basilica di san Giovanni, circondate dalla maestà dei dodici apostoli, risuonavano con prepotente dolcezza. È vero, le donne hanno un problema. Pensano di dover vivere per quello che sentono. E invece dice don Fabio Rosini nella sua appassionata omelia: “Non confondere te stesso con quel groviglio, con quella metereopatia, con la tua educazione, con le tecniche di sopravvivenza che negli anni hai sviluppato. Anzi, la salute mentale è proprio la disintonia con quello che provi. C’è un posto in fondo al cuore in cui Dio ti dice la verità, e tu la sai, come dice Chiara Corbella. Il monaco è uno che ha cominciato a liberarsi del suo ego. Sennò vai sempre per uno, come si dice a Roma quando ti serve solo un numero per fare tombola, cioè ti manca sempre un pezzo per essere felice”.
E lo dice mentre siamo nell’Eucarestia, in quel pezzetto di cielo che è qui su questa terra. “Quando entri per la messa sei nella Gerusalemme celeste, qui (e in ogni messa!) noi il santo lo cantiamo con tutti i santi, san Pio, san Francesco, san Benedetto, san Paolo. A me spetta stare in un corpo solo con Gesù Cristo, infatti me lo magno (scusate il romano ma era troppo bello ndr). A te spetta, nonostante tutti i casini che fai, le cose che rompi e che ti scordi, nonostante tutto, perché dentro di te c’è un progetto meraviglioso. Tu sei la perla preziosa per cui Gesù ha venduto il campo. Gesù dice a te: “Tu sei mio figlio, mia figlia prediletta, senza di te non si può fare. Tu mi piaci moltissimo, sennò non ti avrei creato!” Tu ti puoi sbagliare, ma io no, dice Dio!”.
Ascolta qui l’omelia di don Fabio Rosini. https://www.youtube.com/watch?v=nT9QvW74RZg&feature=youtu.be
La sua commozione mentre pronuncia queste parole è quella di tutti. Di quei duemila uomini e donne, venute da ogni parte di Italia e qualcuno anche da qualche paese europeo che per un giorno hanno deciso di pregare insieme. Il sole fa capolino tra le vetrate della Basilica in una fredda giornata di gennaio.
Dopo il pranzo, consumato velocemente sul sagrato della Basilica, alle 14 siamo già tutti dentro per il Rosario. È il tempo di lasciarci cullare da Maria, la nostra Madre. Quel tempo è prezioso, hai modo di lasciare che i doni ricevuti si posino nel terreno del tuo cuore. Dopo il canto del Salve o Regina, siamo disposti ad ascoltare l’altro dono, padre Emidio Alessandrini. Non è certo venuto per offrici una camomilla. Le sue parole sono come un manuale del guerriero. 5 punti per una vita spirituale feconda e fruttifera: il primato della Scrittura, accettare la correzione fraterna, Gesù è il Dio con noi, l’amore deve essere visibile e fecondo, imparare a dividere i risultati dai frutti. Semplice, no?
La giornata si conclude con l’Adorazione eucaristica. Cristo non si comprende, si ama. Da Cristo non vogliamo essere compresi ma amati. In ginocchio molti sono rimasti per tutto il tempo. Per più di un’ora il silenzio è stato interrotto solo da qualche canto di invocazione appena sussurrato. Ci sentiamo nel cuore della Chiesa che ha generato alla fede ciascuno di noi e ci custodisce nel chiostro del suo amore, illuminato dalla sua Parola, dal vento dello Spirito e dalla presenza del nostro Re.
Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia
Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
2 risposte su “Diario di una monaca (sposa e madre) in viaggio verso il Primo Capitolo del Monastero Wi-fi”
Meravigliosooo grazie di aver condiviso con questo articolo …fedelta senza fili…ci sentiamo parte di un unico cuore tutti nell’ ordinario di una vita Fatta di famiglia lavoro sociale parrocchia il nostro è un santuario in movimento dove le Ave Marie scorrono lungo le corse al supermercato e riordino di una casa e le pratiche del tuo lavoro …le corse per rendere quotidiana la messa…e trovarsi tutti a Roma deve essere stata un emozione grande…
Sì Valy, è stato meraviglioso e anche il tuo commento mostra come è bello riconoscersi anche in un articolo. Mi piace la tua definizione: “santuario in movimento”… è un’immagine suggestiva. Grazie!