Fecondazione assistita
Produrre un embrione non è come concepirlo
di Gabriele Soliani
È vita fin dal concepimento? Se sì allora un embrione non può essere prodotto né abortito né, tantomeno, sacrificato alla scienza.
Il 25 luglio 1978, all’ospedale di Oldham, nel Nord dell’Inghilterra, nacque Louise Brown, la prima bambina partorita dopo una fecondazione artificiale o “in provetta” come si diceva un tempo. Non era certo il primo embrione umano prodotto e poi inserito nell’utero di una donna. Questa tecnica, dapprima usata in veterinaria, fu poi applicata all’essere umano ma prima di arrivare al parto di Louise molti altri embrioni furono usati, potremmo dire “sacrificati” per la sperimentazione.
In una intervista al quotidiano Avvenire nel marzo 2014 Jacques Testart parlò di “grandi perplessità” sulla fecondazione assistita. Testart, laico e di sinistra, è il padre del primo bambino nato in provetta. Da molti anni il biologo ha iniziato un percorso di revisione critica delle pratiche di fecondazione extracorporea, arrivando a definire la maternità surrogata, una schiavitù. Nel suo libro “Faire des enfants demain” (Fare bambini domani), Testart spiega che: “Rispetto all’eugenismo storico, doloroso e autoritario, si estende oggi un eugenismo consensuale, nel senso che sono le stesse persone a chiedere di avere un bambino normale… eliminando presunti embrioni anormali”.
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Produrre un embrione non è come concepirlo. L’unico luogo adatto per concepirlo è l’istmo della tuba uterina nel corpo della donna. Infatti molte problematiche nascono proprio dalla “produzione”, “conservazione”, “scongelamento”, “impianto”. Persino l’introduzione forzata dello spermatozoo con una micropipetta non rispetta il momento del concepimento naturale. Infatti il punto preciso della membrana dell’ovocita attraversato dallo spermatozoo determinerà l’asse di sviluppo degli organi. In alcune cliniche si applica la vitrificazione dell’embrione per evitare i problemi dell’aumento di volume dovuto al congelamento e poi alla contrazione del volume a causa allo scongelamento. Il piccolissimo essere umano “prodotto” allo stato embrionale subisce molte manipolazioni prima di proseguire (se le cose vanno bene) il suo cammino in utero. Le percentuali del cosiddetto “bambino in braccio” sono basse e oscillano dal 18 al 25%. Questo è un dato statistico e quindi ci saranno donne che non avranno mai la possibilità di abbracciare il bimbo.
A proposito di congelamento degli embrioni, l’ultimo caso tragico si è verificato nel Fertility Center di Cleveland. Ad inizio marzo 2018 l’ospedale universitario dell’Ohio ha annunciato un guasto alle apparecchiature: la temperatura si è innalzata e oltre 4.000 embrioni umani ed ovuli crioconservati in un serbatoio di stoccaggio ad azoto liquido sono stati distrutti. Sono ben 950 le persone “colpite dalla perdita”, oltre 70 i pazienti che hanno intentato 47 cause legali contro l’ospedale di Cleveland. A finire sui giornali è il caso di una coppia, Wendy e Rick Penniman. Attraverso il loro avvocato Bruce Taubman, chiedono alla corte di dichiarare che: “Un embrione è una persona e che la vita inizia al momento del concepimento”. Secondo il legale esiste un precedente del 1985 quando la Corte Suprema dell’Ohio affermò nella causa Werling v. Sandy che un “feto sano è una persona”. Ora i Penniman chiedono che lo status legale di persona venga esteso anche all’embrione non impiantato in utero. Se l’embrione “è persona” allora tutto cade perché l’aborto e l’utilizzo delle staminali embrionali non potranno più essere praticati. Per questo motivo i coniugi che chiedono lo status legale dell’embrione hanno nemici ovunque.
Il Guardian racconta la storia di Kate Plants e del suo calvario, fatto di due tumori e della rimozione dell’utero. La donna aveva messo da parte, crioconservandoli, cinque embrioni con la speranza che una gestante per altri potesse portare avanti la gravidanza al posto suo, poi la notizia dell’incidente e la morte degli embrioni. Anche al San Filippo Neri di Roma nel marzo 2012 per un guasto al congelatore di azoto liquido andarono persi oltre 90 embrioni e i genitori si ribellarono. Fra questi c’è chi parlava di “figlio” perso o “bambino” perso. È proprio così, perché il figlio è tale già dal concepimento anche se le leggi ancora non lo dicono.
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